Workshop per affinare i trucchi del mestiere e tavole rotonde per avviare progetti di collaborazione transnazionale. 520 giornalisti d’inchiesta sono arrivati a Kiev da tutto il pianeta per partecipare alla settima Conferenza Mondiale del Giornalismo Investigativo (www.gijc2011.org). Creatura dell’omonimo network (www.gijn.org), la Conferenza GIJC é un progetto senza scopo di lucro.
In principio fu Copenhagen, 2001. La prima Conferenza vide la luce in un clima di belle speranze e grande entusiasmo. In appena dieci anni, GIJC si é affermata come il più importante appuntamento mondiale per la formazione e il networking dei giornalisti d’inchiesta. GIJC vive grazie al lavoro di gruppi e individui sparsi per il mondo – organizzazioni non-profit, reporter, docenti. Una rete che ogni 18 mesi si ritrova in una nazione diversa. Comuni denominatori: la passione per il giornalismo d’inchiesta, la volontà di condividere e diffondere le migliori pratiche, la battaglia perché in ogni paese sia garantito l’accesso ai documenti di pubblico interesse.
La Conferenza si basa sulla filosofia della trasmissione di competenze, strategie e strumenti di lavoro. GIJC mette al bando la logica del ‘bla-bla’, per privilegiare momenti di studio e di scambio produttivo. All’origine di un Panel c’é sempre un’inchiesta già realizzata, che diventa filo conduttore per la trasmissione di tecniche e saperi. Un moderatore é chiamato a mantenere il discorso nella concretezza, a garantire che il pubblico sia coinvolto e che la discussione sia critica e non faccia sconti agli speaker, persino ai più celebri. Una filosofia che costringe i partecipanti a un notevole sforzo di apprendimento e che promette un sicuro guadagno: tornare a casa con mille idee nuove in testa. La GIJC si fonda sul volontariato ma, grazie alla disponibilità di parecchie organizzazioni a esserne sponsor, la tassa di iscrizione è contenuta (quest’anno 400 euro, inclusi molti pasti). 300 persone hanno chiesto un contributo finanziario per partecipare alla settima edizione – 100 l’hanno infine ricevuto. Giornalisti d’inchiesta da Vietnam e Maldive, Ghana e Latvia. Afghanistan, Italia, Messico, Russia, Ucraina e Caucaso in genere.
Highlights
Nell’edizione 2011 sono stati ben 120 i Panel, per quattro giornate di programma. Il dilemma, alla GIJC, è scegliere cosa seguire: c’é chi si lancia nel settore più affine alla sua specializzazione e chi si fa tentare da presentazioni che escono dal seminato, ma sono affascinanti. Come ascoltare Tomoko Ohji, una delle poche croniste d’inchiesta giapponesi, oppure Umar Cheema, vincitore del Press Freedom Award volato a Kiev dal Pakistan, un paese che nel 2010 ha conquistato la triste palma di “nazione più pericolosa al mondo per i giornalisti”. Fra i temi di attualità, la rivoluzione egiziana con le inchieste di Hani Shukrallah del quotidiano Al Ahram e di Ali Zalat e Abdul Rahman Chalabi per Al-Masry Al-Youm; fare inchiesta sui movimenti di estrema destra, a partire dalla strage di Oslo; la vicenda delle intercettazioni telefoniche illegali che hanno assestato un brutto colpo all’immagine del tycoon Murdoch, con Nick Davies del The Guardian. E naturalmente Wikileaks, cui sono state dedicate varie presentazioni. La più interessante, forse, attorno ad uno strumento geniale e gratuito che consente di fare ricerche mirate nei cables già resi pubblici: Cable Search.
Nel programma non mancavano i grandi classici del giornalismo d’inchiesta: dalla corruzione al traffico di esseri umani, droga e armi . Ma anche nuove, promettenti frontiere strategiche, come il crowd sourcing e temi di rilevanza planetaria come il traffico di scorie tossiche , l’industria farmaceutica e le frodi attorno allo sfruttamento inconsiderato delle risorse dei mari. La GIJC è stata occasione preziosa per rilanciare il manuale del giornalismo d’inchiesta finanziato da Unesco e coordinato da Mark Lee Hunter. E scambiarsi trucchi e consigli su come lavorare sotto mentite spoglie e, difficile quanto essenziale, come fare inchiesta senza rimetterci la salute mentale e fisica, sfruttando la competenza del Dart Center .
Vita da spia
Fra i key note speaker, a Kiev c‘è stato il racconto surreale dell’ex agente dei servizi segreti britannici Annie Machon (www.anniemachon.com). Ben prima dell’assordante eco mediatica del fenomeno Wikileaks (www.wikileaks.org), Machon salì alla ribalta delle cronache per uno scottante caso di whistleblowing: insieme al suo partner di lavoro e di vita David Shayler, Machon consegnò alla stampa le prove degli abusi commessi dai servizi segreti di Sua Maestà – il più eclatante, un complotto per assassinare Gheddafi. Al pubblico del GIJC l’ex spia dell’MI5, una bionda dagli occhi scintillanti, ha spiegato: ”Voi giornalisti investigativi siete una preda ambita per i ‘servizi’ se vi occupate di temi rilevanti per la sicurezza nazionale o di paesi caldi. Ma soprattutto, se può essere interessante fare di voi un informatore”. Machon mette in guardia: „qualcuno vi offre documenti esclusivi, in cambio di poche innocue notizie di prima mano? È un crinale pericoloso. Una mattina ti svegli e scopri di essere diventato una spia“. Come proteggere una fonte confidenziale? Il motto é „Better safe than sorry“ – meglio esagerare in precauzioni piuttosto che doversi pentire per non averlo fatto. Incontrate il vostro informatore in luoghi sempre diversi, magari una stanza d’hotel di media categoria, che pagherete in contanti. Mai telefonare dal vostro ufficio, né dalla vostra auto – ci potrebbero essere delle microspie. Utilizzate un telefono cellulare, prepagato e a quel contatto dedicato. Le comunicazioni tecnologiche? “Difficile proteggersi”, ha sospirato Machon. E precisato che i servizi segreti privilegiano il low tech: è più discreto il vecchio, caro apparecchio che fa solo telefonate, di uno smartphone. Trovare un whistleblower è il sogno di ogni giornalista – come si fa? Machon ha sorriso: “andate al pub più vicino al suo luogo di lavoro, verso l’ora dell’aperitivo. Non c’è nulla di meglio di una persona stanca e un po’ brilla, per porre le basi di un’amicizia interessata”.
Carissimo computer
Il tema della sicurezza ha attraversato la Conferenza di Kiev anche nei Panel dedicati alle nuove tecnologie. I workshop “CAR” (Computer Assisted Reporting) e “Data and Database Journalism”, hanno registrato il tutto esaurito. Si trattava di incontri hands-on, ovvero dalle spiccate caratteristiche pratiche. Ai partecipanti era consigliato di portare il proprio computer, per sperimentare in tempo reale. Personaggi come Albrecht Ude (www.ude.de), Elena Egawhary, Sebastian Mondial, Marcus Lindenmann (www.recherche-info.de ), Sarah Cohen, Paul Myers e molti altri e altre, hanno divertito e appassionato i partecipanti insegnando loro a utilizzare una quantità incredibile di siti e programmi. Per fare ricerca, per visualizzare i risultati di un’inchiesta, per raccontare una storia sfruttando a fondo le potenzialità degli strumenti tecnologici che ci circondano.
Parte delle dispense é pubblicata nella raccolta curata dal coordinatore dei CAR e attivista del network globale, il docente danese Nils Mulvad.
Si tratta di piccole e grandi rivelazioni che cambieranno per sempre il vostro rapporto con il computer. La cosa sorprendente è che non sono strumenti per ‘iniziati’ della tecnologia. La maggior parte é gratuita e semplice da usare.
A Partire dall’ABC della sicurezza, il magico mondo delle ‘proxies’.
Quando navigo in una pagina web, l’amministratore del sito vede da dove mi sto connettendo: guardate voi stessi, con What Is My IP Address. Poniamo che stiate facendo una prima ricognizione e pensiate di farlo con discrezione. Se risultate – come chi scrive – navigare da „Swiss Broadcasting“ non solo non siete discreti.. siete fosforescenti. Con due clic di mouse, l’amministratore vede anche da quale pagina web siete arrivati al suo sito. Se l’avete trovato con un motore di ricerca, vede quali ‘parole chiave’ avevate digitato. Un’informazione spesso neutrale che talvolta, però, potrebbe mettere a rischio la confidenzialità di un’inchiesta. La soluzione? Passare per altre proxy .
Sicurezza e privacy a parte, il tema forte dei CAR è stato ottimizzare le ricerche fatte con il computer, sfruttando meglio i motori di ricerca e l’enorme quantità di informazioni contenuta nei siti di social network. E soprattutto: come aumentare la qualità dell’analisi dei dati e la precisione dei nostri calcoli. EJO.ch pubblicherà presto due articoli dettagliati su questi temi.
Fare rete
A Kiev, per la prima volta, una ventina di partecipanti svolgevano la funzione di networking ambassador: ogni ambasciatore era punto di riferimento per un gruppo di colleghi, con il quale si incontrava nelle pause per sostenerli nelle necessità e difficoltà che stavano riempiendo le loro giornate alla GIJC. Perché con 500 giornalisti, un centinaio di presentazioni e quattro giorni di tempo, non sempre è facile orientarsi e trovare cosa ti interessa. Stesso scopo rivestivano le 20 round table tematiche, pensate per mettere attorno a un tavolo persone interessate a un certo tema e porre le basi per promettenti progetti di inchiesta transnazionale. Sottotraccia, certo, scorreva la più classica delle domande: il giornalismo investigativo é un genere in via di estinzione? Una sensazione condivisa pare essere quel sottile sentirsi, nella vita quotidiana, da Berna a Bombay passando per Copenhagen, un po’ un “panda”. Spiegava un giornalista italiano al bar a notte fonda, un gin tonic alla mano: “mi sento un panda perché è un animale di cui ci sono pochi esemplari, considerati belli e preziosi. Qualcuno cerca di proteggerli, ma di fatto i panda sono.. parecchio soli”. In linea con la filosofia della Conferenza, le risposte ottimiste si trovavano nei workshop: da “Come finanziare la propria inchiesta” a “Come costruire un progetto di collaborazione” a “Nuovi modelli per il giornalismo investigativo, da locale a globale”. Un tema cruciale: in un mondo in cui l’industria e la salute, i soldi e il crimine sono globali, le inchieste vanno tanto più a segno, quanto più riescono ad attraversare le frontiere geografiche.
Così una serie di Panel hanno fatto spazio a progetti transnazionali e collaborativi che fossero innovativi, coraggiosi o semplicemente riusciti – ed erano incontri affollatissimi. La folla di ‘panda’ si incontrava anche a colazione, alle pause caffè, a pranzo e cena. E continuava a comunicare da mattina a sera: visto che non ce la fai a conoscere tutti, non c’è un minuto da perdere. Prendiamo l’ascensore insieme? Ci si presenta e si scambiano un sorriso, due frasi e un biglietto da visita. Magari quando torni a casa inserisci il nome di quel collega in Google e scopri che avete gli stessi interessi. Oppure, ti serve un contatto a Manila? C’è quel tipo simpatico incrociato nella hall mentre correvi in aeroporto! Per aumentare le possibilità di future collaborazioni, ai partecipanti alla GIJC è consentito accedere alla lista dei presenti – completa di indirizzi e-mail. Molti, comunque, si incontrano sulla mailing list Global-L, una risorsa eccezionale per scambiare pareri e strumenti di lavoro. Unica pecca: è pubblicata ‘in chiaro’ sul web, quindi bisogna evitare, per esempio, di inviare alla lista informazioni confidenziali o che potrebbero mettere a repentaglio un progetto o peggio la sicurezza altrui.
Premiati e contenti
La conferenza si é chiusa con il tradizionale Gala, dove sono stati premiati i vincitori dei Daniel Pearl Awards e del Global Shining Light Award. Due premi di peso per il mondo dell’inchiesta. Il Global Shining Light valorizza progetti realizzati in paesi in via di sviluppo o in transizione e appesantiti da minacce, violenze e condizioni difficili. I biennali Daniel Pearl Awards sono dedicati alla memoria del cronista del Wall Street Journal sgozzato nel 2002 in Pakistan e riconoscono l’eccellenza nel giornalismo investigativo internazionale. Un premio, questo, considerato di prestigio, perché figlio dell’International Consortium of Investigative Journalists, un progetto del Center for Public Integrity (www.publicintegrity.org). A Kiev la premiazione è stata una cerimonia di gusto americano con suspance, musiche trionfali e standing ovation per i vincitori. Applausi emozionati, con sorrisi a trentadue denti, per colleghi che hanno avuto il coraggio di assumere rischi, in qualche caso l’incolumità fisica, per portare a termine investigazioni di interesse pubblico. E che si sono impegnati per lavorare insieme a giornalisti di altri media e paesi. Ha conquistato il Global Shining Light il titanico progetto brasiliano “Secret Diaries”. Per i Daniel Pearl Awards 2011 sono stati consegnati 3 riconoscimenti – su 70 progetti candidati da 30 paesi. Nella categoria Mondo ha vinto ‘Offshore crime’ , un progetto dell’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project) (www.reportingproject.net/). Categoria Stati Uniti: Mimi Chakarova e il Center for Investigative Reporting per “The price of sex” . Il premio speciale della giuria é andato a “Tamiflu.inc, a Pandemic Business”, di RSI Radiotelevisione svizzera () con CBC-Radio Canada e NPR National Public Radio (www.npr.org/). Il riconoscimento al progetto Tamiflu é stato segnato da un incidente surreale: Susanne Reber (NPR) é stata tradita da un cavo scoperto nel pavimento mentre scendeva dal palco e ancora scrosciavano gli applausi, fratturandosi una caviglia. L’intera sala è passata dalla gioia allo choc in 40 secondi mantenendo, tuttavia, un’ammirevole calma. D’altronde, se fai questo mestiere hai sviluppato una certa resistenza allo stress e alla paura.
Arrivederci a Rio
Alla chiusura della Conferenza l’indomani, c’erano volti segnati dalle occhiaie, frutto di quattro giorni passati a studiare e tante ore trascorse a parlare con colleghi da tutto il pianeta. Applausi per Henrik Kaufholz che per l’organizzazione Scoop ha curato il coordinamento della gigantesca macchina logistica, in collaborazione con il nodo ucraino RPDI : „Siamo riusciti a offrire una Conferenza in due lingue – inglese e russo. Abbiamo dovuto risolvere parecchi problemi e credo di avere avuto scambi e-mail con ogni singolo fra i 520 partecipanti”, ha commentato Kaufholz. Concludendo: “questa Conferenza é stata una fatica mostruosa, un’esperienza bellissima e orribile. Sono felice di aver lavorato per organizzarla, ma.. non chiedetemi mai più di farlo!“.
Fra le risate, l’appuntamento è stato rilanciato al 2013. La prossima Conferenza Mondiale sarà a Rio de Janeiro.
Il programma della Conferenza di Kiev: http://gijc2011.org/?page_id=46
Materiali dalle precedenti conferenze:
Norvegia 2008 (www.gijc2008.no/)
Svizzera 2010 (www.gijc2010.ch/)
Tags:conferenza, gijc2011, giornalismo investigativo, Kiev, Press Freedom Award