Open Data non basta

19 Dicembre 2012 • Digitale • by

La rete assomiglia sempre di più ad un archivio aperto, dove tutti possono consultare i dati di pubblico interesse. Le nuove tecnologie offrono possibilità senza precedenti al cittadino: avere un controllo totale e in tempo reale sulle attività delle amministrazioni a loro più vicine. Allo stesso tempo i giornalisti della generazione digitale possono accedere a sconfinati database di informazioni sul sistema politico, economico e finanziario del paese. Come può la Pubblica Amministrazione fare la sua parte nella partita del data journalism?

Se ne è discusso lunedì 10 dicembre a Roma al terzo incontro europeo dell’Open Government Partnership (OGP), dove si è parlato di trasparenza, partecipazione e collaborazione nella Pubblica Amministrazione. Queste sono le tre dimensioni per l’apertura delle istituzioni al dialogo con i cittadini, le tre aree di confronto su cui si è concentrato il dibattito organizzato dal Ministero della Funzione Pubblica in collaborazione con il Cabinet Office del Regno Unito, Paese attualmente co-presidente dell’OGP. L’appuntamento, a cui hanno preso parte esperti del settore, fa seguito ai due precedenti meeting, il primo a Londra (febbraio 2012) e il secondo a Dubrovnik (ottobre 2012) e rappresenta un’iniziativa che vuole ottenere impegni concreti da parte dei governi per la realizzazione di azioni che portino all’apertura e alla trasparenza della Pubblica Amministrazione. L’Italia ha aderito all’OGP nell’ottobre 2011 presentando un Piano d’azione nazionale contenente le principali iniziative che il Governo ha assunto in materia di Open Government per condividere, con i partner internazionali, un completo scambio di informazioni e avviare un duraturo processo di aggiornamento reciproco sulle rispettive politiche nell’ambito della trasparenza dell’amministrazione pubblica.

– Trasparenza: la PA dà l’accesso alle informazioni, migliora l’accountability per contrastare la corruzione e le inefficienze e crea opportunità di crescita;

– Partecipazione: la PA dialoga con la società civile generando politiche pubbliche informate e efficienti e processi decisionali condivisi;

– Collaborazione: la cooperazione tra PA, cittadini imprese e organizzazione della società civile per creare nuovi Servizi e condividere le politiche pubbliche

I partecipanti ai vari panel hanno condiviso esperienze e know how fornendo spunti interessanti sul tema delle PA. Ad aprire la discussione è stato Salvatore Marras di Formez PA, il centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, partendo da che cos’è la trasparenza: “Non è solo open data, aprire i dati non basta, bisogna guardare anche alla qualità dei dati. I problemi dei dataset italiani sono la qualità e la diffusione geografica. C’è infatti una questione meridionale. Al sud né Comuni né Regioni hanno reso accessibili i dati. Trasparenza è anche la volontà di fare in modo che ci sia una partecipazione dei cittadini più cosciente”.

Una bella lezione di open data arriva dall’armena Roza Vardanyan, leading Specialist of the Foreign Relations, Department of the Government Staff: “Nel nostro paese i cittadini possono seguire in tempo reale il percorso delle lettere firmate dal governo tramite lo Universal Tracking Number. Siamo impegnati in prima linea nella messa a punto di Interactive Budgets, siamo convinti che un lavoro di gruppo è un lavoro migliore”. Interessante anche l’intervento di Davide D’Amico, ICT Program and Project Manager del dipartimento della pubblica amministrazione, che ha illustrato la “bussola della trasparenza” messa a punto su www.magellanopa.it/bussola. “Abbiamo cercato di porre rimedio alla forte eterogeneità che si riscontra tra le moli di dati pubblicate dagli oltre 20mila siti istituzionali della penisola. Ogni cittadino può valutare le iniziative autenticandosi con il proprio account su Facebook e ogni argomento presenta una intuitiva valutazione con un emoticon”. Qualcuno in sala ricorda che Tim Berners Lee dice che i processi open data per diffondersi devono essere sostenuti dall’alto, dal centro e dal basso, lo stesso vale per la partecipazione che però fin’ora in Italia è venuta solo dal basso, la speranza è riposta nei futuri governi. Andrew Scott nella sua presentazione di Okcon 2011 ha elencato una lista di 14 motivi per cui il governo inglese non rende pubblici i dati, eccone alcune: si fa arrabbiare e spaventare la gente, senza aiutarla, è tecnicamente impossibile, il dato è troppo grande per essere pubblicato e utilizzato, il nostro sito web non può contenere file così grandi, può essere combinato con altri dati per identificare persone e dati sensibili. Poi è stata la volta di Alberto Cottica, online citizens engagement advisor al Consiglio europeo, che ha avuto il difficile compito di esporre in breve tempo una checklist da tenere in considerazione nella messa a punto di un progetto di partecipazione: “Essere sicuri di aver scelto la questione giusta; scegliere i giusti strumenti; mettere a punto una piattaforma sicura, perché molti utenti non si fidano neanche di Facebook e di Google; cercare di far rispettare un patto con l’utente”.

Alla fine del lungo meeting Ernesto Belisario ha annunciato con un tweet il primo risultato della giornata: “Un primo risultato ‘concreto’ di #ogpitaly: Open Government Forum, un coordinamento della società civile per #opengov”. La costituzione di un coordinamento operativo tra le associazioni e le altre espressioni della società civile che si occupano di Open Government con la duplice finalità di monitorare il rispetto degli impegni presi dal Governo nell’action plan già presentato e concorrere a definire i prossimi.

Altra notizia positiva arriva dalla Camera dei deputati che giovedì 13 ha approvato il decreto Crescita 2.0. Solo pochi giorni fa Lorenzo Benussi, advisor per le politiche digitali del ministero dell’istruzione e della Ricerca sul sito di Agorà Digitale affermava: “L’articolo 9 del decreto inserirebbe un nuovo principio nel nostro ordinamento, cioè l’obbligo per tutti i pezzi della Pa di pubblicare tutti i dati a che hanno a disposizione, in formato aperto e riutilizzabile. Dunque, non di sola consultazione trattasi, ma anche di possibilità che i cittadini li usino per mettere a punto servizi innovativi, contribuendo a quello che è un altro fronte sul quale interviene il testo, ovvero lo sviluppo delle smart cities”. Un sì importante quello giunto da Montecitorio, e per nulla scontato, che fa ben sperare per la crescita digitale del paese.

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