Scandalosa Reggio: Tabularasa, un’agorà per parlare di media e informazione

2 Agosto 2011 • Digitale, Giornalismo sui Media • by

Nella foto da sinistra Antonio Rossano e Marcello Foa

In una delle regioni più difficili d’Italia, dove gran parte dei giovani finiti gli studi parte e va altrove in cerca di un lavoro perché la sua terra non gli offre alcuna possibilità per una vita dignitosa e professionalmente gratificante, dove il malaffare è parte del tessuto civile e culturale, nelle scorse settimane si è levato un grido forte per dire che non tutto è perduto, che in Calabria come in qualsiasi altra regione d’Italia è possibile organizzare una manifestazione importante, di qualità, con ospiti prestigiosi e internazionali. Una manifestazione che vuole promuovere il discorso e il dibattito pubblico, il confronto costruttivo sui temi cruciali e attuali che interessano il Paese e il mondo dell’informazione.  E che dimostra come chi ha il coraggio di andare nella società civile e proporsi con una volontà autentica, merita. Questo lo spirito con il quale Giusva Branca e Reaffele Mortelliti, direttori del quotidiano regionale online Strill.it, insieme ad un team di giovani giornalisti, per il secondo anno consecutivo hanno dato vita a “Tabularasa 2011- Lo scandalo” un festival sui media, l’informazione e le mafie.

Tenutosi dal 7 al 30 luglio 2011, ha ospitato per 20 serate consecutive giornalisti del calibro di Peter Horrocks direttore di BBC World Service ma anche magistrati, intellettuali, artisti, musicisti, scrittori seguiti sempre da un numerosissimo e partecipativo pubblico.

Anche l’Osservatorio europeo di giornalismo ha partecipato quest’anno prendendo parte alla serata dedicata alle rivolte arabe e al ruolo dei social media e di internet dal titolo: ”Libertà e media dal Maghreb alla Cina. È internet l’ago della bilancia?”.

Organizzata e moderata da Antonio Rossano, Presidente dell’Associazione Pulitzer, la serata ha visto protagonisti Alessandro Gilioli giornalista dell’Espresso e blogger, Simone Pieranni responsabile per l’Italia dell’Agenzia di stampa China Files e Marcello Foa co-fondatore dell’EJO.

Dai diversi contributi e dalle diverse esperienze è emerso chiaramente come dalla Cina al Maghreb passando per l’Italia internet giochi oggi un ruolo fondamentale e peculiare nei meccanismi sociali e informativi di tutte le civiltà moderne con le debite delle differenze di significato e di valore dovute alle specificità geografiche, culturali e politiche di ogni paese.

Ha molto colpito l’intervento in collegamento Skype dalla Cina con Simone Pieranni che ha spiegato come anche la super potenza asiatica,  in relazione ad internet, stia facendo il proprio percorso e trovando le proprie forme di espressione. Un esempio illuminante quello del recente scontro tra i due treni ad alta velocità sul collegamento Pechino-Shangai: le prime informazioni sul disastro infatti sono circolate sul social network waibo, il twitter cinese che in appena due anni di attività ha raggiunto la ragguardevole cifra di 145 milioni di utenti precedendo la diffusione di informazioni ufficiali governative. Il primo tweet è stato lanciato da qualcuno che viaggiava sull’ultima carrozza.

Dunque anche in Cina, come nel resto del mondo, si comunica attraverso i social network. Infatti, la censura  che esercita Pechino  è orientata non tanto verso l’interno ma verso il materiale e le informazioni sensibili provenienti dall’esterno  che il governo frena grazie ad un sistema tecnologico denominato “great firewall” o “scudo dorato”. Che però i navigatori più esperti della rete sanno come aggirare ad esempio attraverso l’uso di vpn, un tunnel elettronico che consente di attraversare un firewall e collegarsi con l’esterno, o attraverso un collegamento proxy, acquistabile in Cina solo con carta di credito straniera.

D’altra parte se è vero che internet è uno strumento democratico o per usare le parole di Gilioli “un ascensore sociale” che permette alle minoranze di far sentire la propria voce e di far circolare le proprie idee nella rete fino a farle concretizzare in rivolte di piazza, dall’altra Foa con riferimento alla Primavera araba, ha voluto ridimensionarne l’effetto dicendo che sì le rivolte sono state il frutto di un forte malessere condiviso tra la popolazione ma non sono state del tutto spontanee come si è voluto far credere. Piuttosto influenzate dal Dipartimento di Stato Americano che a suo tempo aveva saputo cogliere e interpretare importanti segnali di malcontento (per saperne di più vi rimandiamo a questo suo articolo apparso sul nostro sito il 22 febbraio 2011). Senza poi dimenticare, come ha evidenziato Rossano, che la penetrazione di internet in Egitto è solo del 10%.

Per questo, ha concluso Foa, è importante che i giornalisti non siano superficiali ed escano dal loro “frame” ovvero da quella struttura mentale preconcetta che dà per assodate molte informazioni e impedisce di vedere oltre le apparenze e di cogliere la verità dei fatti.

Parlando dell’Italia la situazione non è neanche lontanamente paragonabile a quella della Cina e del Maghreb, ha detto Gilioli, anche se sono in atto forti spinte politico-economiche, non tanto per creare una vera e propria censura alla libertà di espressione ma per disincentivare la rete. L’Italia è l’unico paese del G8 che non ha un piano digitale per il futuro. E il grande scandalo italiano è che ha una banda larga simile a quella della Ucraina.

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