Castelli di carta che vacillano

21 Dicembre 2012 • Digitale, Editoria • by

Una grave crisi dell’editoria, parallela a quella economica globale, e l’avvento delle nuove tecnologie di comunicazione rendono inevitabile il passaggio dal giornale cartaceo a quello digitale. Ma lo scenario della ‘rete’ appare tutt’altro che semplice: nuovi attori occupano gli stessi spazi. Un’analisi della situazione a livello internazionale e le prospettive che iniziano a delinearsi.

Internet ha drammaticamente cambiato il modo con cui le persone fruiscono delle informazioni: la disponibilità in rete di notizie sempre aggiornate in quantità notevole e forme diverse, ha determinato, in tutto il mondo, quello che i tecnici definiscono “information overload” (sovraccarico informativo ndr). Questa grande disponibilità corrisponde, in gran parte dei casi, anche ad un accesso gratuito.

I siti online di alcuni dei più importanti quotidiani del mondo occidentale, dall’inglese Guardian, al francese Le Monde, allo spagnolo El Pais, all’italiano Corriere della Sera, al tedesco Zeit online, rendono disponibili ai lettori, quotidianamente, i propri contenuti gratuitamente. Come mai? Probabilmente, come scrisse nel 2009 Clay Shirky, docente di comunicazione alla New York University, perché gli editori hanno da sempre sottovalutato internet, non hanno saputo adeguare alla diversa struttura informativa ed economica della rete i loro ormai obsoleti modelli della carta stampata, avviando, già a partire dai primi anni 2000, un processo di svalutazione delle notizie online, oramai irreversibile.

In una tale abbondanza di informazioni gratuite, la notizia che rappresentava l’unità di riferimento nel mercato dell’informazione ha perso qualsiasi valore economico. In rete la notizia è considerata un bene secondario, in quanto inflazionata: quello che conta è il tempo dell’utente, sempre meno disponibile, e frammentato su decine di siti diversi.

Ma la rete ha determinato anche la perdita di senso della “forma materiale”: Il giornale cartaceo costituiva un “bundle”, un pacchetto che conteneva una serie di informazioni che interessavano i cittadini, aggregate secondo una logica ed una politica editoriale che ne costituivano l’identità: era possibile trovarvi le ultime notizie, le notizie di economia, di politica, il meteo, gli annunci di lavoro, le case in vendita, gli annunci funerari.

Negli anni 2000, le notizie stampate sui giornali sono già vecchie nel momento in cui sono distribuite alle edicole e non per il confronto con un “media” dalle caratteristiche completamente diverse, come poteva essere per la televisione, ma perché online esistono gli stessi giornali, ma con le notizie in tempo reale.

Il lettore, in internet, ritrova le stesse notizie che prima trovava nel “bundle” giornale, in decine di siti diversi, tutti altamente specializzati: legge le ultime notizie sul giornale online preferito, normalmente gratuito, le previsioni meteo sul sito “meteo Svizzera”, cerca le case da affittare o comprare su “Immoscout” , diversificando e frammentando la propria esperienza informativa su decine di siti diversi.

Per comprendere ciò che sta accadendo in tutto il mondo, e che prima o poi riguarderà anche la Svizzera, centro geografico e culturale del vecchio continente, è necessario prescindere proprio da Essa, dalle sue tradizioni e dal suo primato di essere uno dei paesi al mondo con la percentuale più elevata di lettori di giornali.

Secondo uno studio della prestigiosa Annenberg School for Communication and Journalism della University of South California (USC), la maggior parte dei quotidiani statunitensi cesserà la propria versione cartacea entro i prossimi cinque anni. Sempre secondo questo rapporto, sopravviveranno in formato cartaceo quelli con un audience di tipo globale, come il New York Times, USA Today, il Washington Post, ed il Wall Street Journal e le edizioni domenicali di alcuni quotidiani locali, dei quali potrà resistere la versione online, a patto che gli editori trovino il modo di sostenerla economicamente.

Se guardiamo ad altre realtà europee, non abbiamo modo di consolarci: nella vicina Italia la diffusione media giornaliera dei quotidiani a pagamento è scesa sotto i 4,5 milioni di copie giornaliere; in soli cinque anni, tra il 2006 e il 2011 si è perso più di un milione di copie giornaliere (circa 20%). In Germania la Frankfurter Rundschau, quarto quotidiano più letto dopo la Süddeutsche Zeitung e la Frankfurter Allgemeine Zeitung e la Welt , ha dichiarato lo stato di insolvenza ma, la notizia che ha destato maggior scalpore in quel paese, parallelamente alla chiusura di alcune testate locali, è stato l’annuncio che il Financial Times Deutschland stamperà la sua ultima edizione il 7 dicembre prossimo . In Spagna, il 10 novembre scorso, El Pais che, con 500mila copie vendute al giorno è il primo quotidiano nazionale non sportivo, ha licenziato 129 giornalisti, su un totale di 440.

La situazione in Svizzera, sia pur in toni più moderati, è abbastanza seria e comunque indicativa di un trend negativo: secondo l’ultimo rapporto dell’ Istituto Ricerche e studi dei media pubblicitari (WEMF/REMP) del settembre scorso, gran parte dei quotidiani perde una quota significativa di lettori, dal Blick (613’000, meno 19’000) alla Neue Zürcher Zeitung (283’000, meno 5’000) come anche nello stesso Ticino dove i tre quotidiani a pagamento hanno registrato una flessione di lettori.

Ma questa transizione dalla carta al digitale, così violenta e difficile per il mondo dell’editoria globale, che è stata più volte paragonata per proporzioni e rilevanza economica, culturale e sociale, all’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Johann Gutenberg nel 1455, è contestuale a qualcosa di ancor più serio e pericoloso per gli editori: la crisi economica globale, la più grave dopo quella del 1929, che ha piegato le gambe dell’industria e della finanza del mondo occidentale, da sempre, attraverso la pubblicità, finanziatori e sostenitori della carta stampata.

Negli Stati Uniti, nel primo semestre del 2012, in confronto allo stesso periodo del 2011, i giornali cartacei hanno perso 798 mln di dollari in pubblicità, a fronte di soli 32mln guadagnati sul digitale (fonte: Newspaper Association of America) in un rapporto di 25:1. Ed il calo della pubblicità è stato avvertito forte e generale in tutti i paesi, inclusa la Svizzera: sempre l’Istituto Wemf/Remp ha rilevato ad agosto chela flessione dei ricavi della pubblicità su base annua è pari al 18,2%, con un volume sceso a 91,6 milioni di franchi.

Quale allora la strada da percorrere per uscire da questa crisi dell’editoria su doppio binario? Inutile dirlo, la carta è un prodotto in via di estinzione, che troverà probabilmente, per un limitato periodo di tempo, nei prossimi anni, una ragione nella verticalità e nell’approfondimento. Ma, se si vuole guardare realisticamente al futuro, innanzitutto è necessario puntare decisamente al digitale, abituando, progressivamente, il lettore a pagare piccoli importi per accedere alle informazioni online che gli interessano. Come sta accadendo un po’ in tutto il mondo. Ed anche con piccoli ma significativi successi.

La soluzione individuata è il “metered paywall” , una forma di abbonamento che consente agli utenti delle testate online di accedere ad un certo numero di contenuti gratuitamente. Superata la soglia prestabilita (di solito dai 10 ai 20 articoli/mese) , l’utente deve scegliere se rinunciare a leggere le notizie o comprare una forma di sottoscrizione, che può essere settimanale, mensile o annuale.

La prima testata online ad adottarlo fu, alcuni anni or sono, il britannico Financial Times, prestigioso giornale dedicato all’economia e finanza, con un pubblico specialistico. A marzo 2011 è stata la volta del New York Times, che ha registrato nel terzo trimestre 2012 un notevole incremento delle sottoscrizioni ed oggi può oggi contare su una base di 566.000 sottoscrittori che pagano tra i 15 ed i 30 dollari /mese, dopo aver superato le 10 letture libere. Ad ottobre è stata proprio la zurighese Neue Zürcher Zeitung ad introdurre il paywall per la prima volta in Svizzera, mentre ad inizio novembre è toccato all’inglese Telegraph. Dal prossimo anno, il quotidiano La Repubblica in Italia, ed in Svizzera il Blick , hanno annunciato l’introduzione di sistemi di pagamento per le notizie online.

La scelta digitale alla Neue Zürcher Zeitung

Anche la zurighese Neue Zürcher Zeitung ha introdotto il suo sistema di sottoscrizioni online

Dopo alcuni anni di discussioni, piuttosto serie e controverse, a marzo del 2011 al New York Times online è stata introdotta una forma di sottoscrizione definita come “metered paywall”, ovvero che consentiva l’accesso gratuito ai lettori a 20 articoli /mese, dopo i quali scatta la proposta di abbonamento che poteva essere settimanale, mensile o annuale. Ad aprile di quest’anno, dopo aver ottenuto un discreto successo da questa formula, il NYT ha abbassatola soglia per il pagamento da 20 a 10 articoli. Ad ottobre di quest’anno l’azienda ha dichiarato che il paywall ha facilitato il suo incremento dei lettori, su base annua, del 7,4% con entrate al terzo trimestre 2012 pari a 235mln di dollari..

Da ottobre di quest’anno anche la zurighese Neue Zürcher Zeitung ha introdotto il suo sistema di sottoscrizioni online: nato su modello di quello adottato al New York Times, in poco più di un mese dall’avvio ha visto 15.000 nuove iscrizioni per l’offerta dei venti articoli gratuiti (dopo I primi 10 infatti la NZZ chiede una registrazione gratuita al sito). Ma alla NZZ vi è sempre stata una particolare attenzione per il prodotto digitale: da 10 anni esiste l’E-paper, corrispondente alla versione cartacea in formato scaricabile che, dal 2010, con l’avvento dell’Ipad si è notevolmente affermato.

NZZ offre una forma di sottoscrizione che comprende, in un unico pacchetto: la versione E-paper, il webpaper, ovvero i contenuti del cartaceo ottimizzati per la rappresentazione sullo strumento digitale ed un accesso illimitato al sito online nzz.ch.

La preoccupazione principale, con l’inserimento dell’accesso a pagamento è stata, a fronte di una ipotetica possibile diminuzione dei lettori, l’ipotesi di una perdita di inserzioni pubblicitarie. Ma le visite, dopo l’introduzione del paywall, sono addirittura sostanzialmente aumentate, rispetto al mese precedente.

Le difficoltà maggiori riscontrate dal giornale zurighese sono relative agli accessi dalle piattaforme mobile come smartphones e tablet: ma da fine ottobre è pronta la versione per Android (il sistema operativo realizzato da Google per alcuni tipi di telefoni e tablets) e, da metà novembre, è disponibile la versione per Iphone.

Ma la politica di espansione della NZZ sul digitale è rigorosa e determinata: uno degli obiettivi principali è quello, in analogia con quanto avviene negli USA, di spingere gli utenti a condividere i link agli articoli NZZ sulle piattaforme di social network come Twitter e Facebook. Gli articoli che passano attraverso i social network non vengono inclusi nel conteggio dei 20 articoli per la sottoscrizione, riuscendo in tal modo a coinvolgere, il più possibile, il pubblico dei giovani.

Il costo annuo di un abbonamento digitale alla NZZ è di 428 franchi, mentre 45 franchi per un abbonamento di prova di 10 settimane. Chi ha già un abbonamento cartaceo non paga niente di più.

 Google contro tutti

Gli editori dei giornali:  il motore di ricerca sottrae cospicue entrate pubblicitarie

Nei primi sei mesi del 2012, negli Usa, Google ha raccolto 20,8 miliardi di dollari in ricavi pubblicitari, mentre l’ insieme dei media su carta (quotidiani e magazine) in Usa hanno raccolto 19,2 miliardi. Immaginiamo i totali a livello globale… Per questo motivo la gran parte degli editori di tutto il mondo sono convinti che Google, sia attraverso il servizio di aggregazione “Google News” che attraverso il motore di ricerca, riesca a sottrarre loro cospicue somme in entrate pubblicitarie.

Google News è il servizio online offerto da Google come aggregatore che indicizza le notizie principali dalle fonti giornalistiche disponibili in rete. Il servizio è stato lanciato nel 2002 ed è presente in oltre quaranta paesi, in diciannove lingue diverse.

Ad ottobre scorso, en 154 quotidiani brasiliani, hanno già tolto i contenuti dal sito, di Google News, seguendo le raccomandazioni della Anj, la federazione degli editori. Ma Google si difende da queste accuse sostenendo al contrario che il proprio sito porti oltre 1 miliardo di visite ai giornali di tutto il mondo.

Ad agosto Il governo tedesco ha approvato un controverso disegno di legge che dovrebbe imporre ai motori di ricerca il pagamento dei diritti d’autore ai media tedeschi ogni volta che viene visualizzata una notizia pubblicata dai siti web delle testate giornalistiche online. La filiale tedesca di Google ha condannato la legge parlando di “un giorno nero per internet”, augurandosi che il Parlamento respinga il progetto legislativo.

In Italia la Federazione Italiana Editori Giornali, ha espresso parere favorevole all’ipotesi di una tassa nei confronti di Google per tutelare il diritto d’autore. La FIEG ha anche raggiunto un accordo con i rappresentanti degli editori francesi e di quelli tedeschi. Dalle associazioni degli editori dei tre paesi è stata quindi prodotta una nota congiunta per chiedere «una disciplina che definisca un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo a incoraggiare su Internet forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e gli operatori dell’industria digitale (in primo luogo, i motori di ricerca)».

Secondo l’Economist la posizione di Google potrebbe essere diversa da paese a paese, arrivando fino a rimuovere le pagine dei suoi risultati di ricerca. Un po’ come è successo in Brasile. Questa però si potrebbe rivelare anche un’arma a doppio taglio per le testate, che potrebbero veder diminuire il traffico di utenti e quindi l’ammontare dei loro ricavi dalla pubblicità online. Nel caso dei giornali brasiliani, da quando è stato applicato il divieto, il traffico di visite è sceso del 5 per cento.

Come andrà a finire? Solo il tempo e le convenienze delle parti in gioco potranno stabilirlo ma, una cosa è certa: è necessario un nuovo rapporto di equilibrio tra editori dei giornali e motori di ricerca.

L’articolo originale è uscito sul quotidiano La Regione qui la versione pubblicata in pdf.

 

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