Demand Media in perdita a causa di google

22 Febbraio 2012 • Digitale • by

“Pubblichiamo soltanto ciò che la gente è interessata a leggere” afferma Richard Rosenblatt, fondatore di Demand Media, un servizio di informazione che fornisce servizi a diversi siti e giornali grazie all’apporto ultra economico di freelancers e alla creazione di contenuti verticali. Tra questi eHow.com – il sito di maggior successo, che propone soluzioni alle più diverse domande – e Livestrong.com, sito dedicato alla salute, alla cura e prevenzione dei tumori. “Non amo definire i miei collaboratori giornalisti – dichiara Rosenblatt. Gli unici che ci chiamano giornalisti sono i giornalisti. I nostri collaboratori sono freelance ed esperti negli ambiti più diversi”.

Demand Media, un’iniziativa editoriale di successo, sviluppata sulla logica dei social networks. Nulla di alternativo a quanto proposto dai giornali, ma un vero e proprio collettore di informazioni per rispondere a domande concrete che vengono poste dai cittadini. Un mondo parallelo al giornalismo tradizionale che riesce a stabilire un nuovo legame con i lettori. Questo è quanto stato sino ad oggi. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco, nemmeno se create dando credito al modello di business considerato vincente, ovvero quello plasmato sulle dinamiche di internet.

Un anno fa Demand Media era una delle aziende più corteggiate a Wall Street. Al momento del suo ingresso in Borsa, era il gennaio del 2011, riuscì a capitalizzare, a fronte di ricavi irrisori, una cifra prossima al miliardo di dollari. D’altra parte, si sa, le aspettative generate dallo sviluppo di internet rendevano legittimo scommettere su più avanzate prospettive di business. Ma coloro che hanno investito nel futuribile modello di Demand Media si stanno oggi leccando le ferite. Nell’ultimo trimestre fiscale, terminato il 31 dicembre scorso, la società ha registrato una perdita netta di 6,4 milioni di dollari contro ricavi dell’ordine di 84,4 milioni di dollari. Risultati ben diversi da quelli realizzati nel trimestre del precedente anno, quando si era registrato un utile di un milione di dollari e ricavi di 73,6 milioni di dollari. La causa principale della perdita subita, vale una lezione. La società afferma che i risultati sono iniziati a peggiorare sensibilmente nel momento in cui Google ha modificato il proprio algoritmo di ricerca. Un’iniziativa che ha contribuito a una drastica diminuzione del flusso di traffico verso i siti di Demand Media. Si valuta infatti che la contrazione sia stata di un buon 25%. Incredibile, ma vero: se ci si muove in una logica internet la dipendenza dai criteri di ricerca di Google può mettere a terra iniziative che erano state garantite, per definizione, come iniziative di sicuro successo. Una disavventura che ha fatto sì che il management di Demand Media avviasse dei cambiamenti per rendere i propri contenuti meno vulnerabili agli umori di Google. “Avevamo costruito un ecosistema basato sulle modalità di ricerca che le persone utilizzavano su Google. Una impostazione che si è rivelata eccellente solo fino ad un certo momento. Serve ora una nuova impostazione le cui fondamenta siano essenzialmente legate alla fruizione da dispositivi mobili, social network e che faccia leva soprattutto su contenuti video.

Il modello Demand Media ha fatto finora assegnamento su 7 mila collaboratori che hanno generato una media di 5 mila articoli al giorno dietro un compenso compreso tra 10 e 20 dollari con un criterio basato sulla pubblicazioni di informazioni contenenti le parole più ricercate dai motori di ricerca. Una impostazione che aveva consentito di ottenere traffico elevato e investimenti pubblicitari di rilevante portata. Ma come dimostrano i recenti risultati, le strategie che prevedono una replica dell’andamento degli indici di ricerca di Google possono essere perdenti.

 

 

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