Nella Silicon Valley si programma il futuro del giornalismo

2 Maggio 2016 • Digitale, In evidenza • by

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Cms / Flickr CC

Verificare fotografie digitali, mandare in streaming le news televisive, sviluppare immagini 3D: il giornalismo, assieme all’automobile senza conducente e all’Internet of things, è in costante reinvenzione nella Silicon Valley.

La John S. Knight Journalism Fellowships a Stanford, uno dei programmi di ricerca e formazione giornalistica più prestigiosi al mondo, è diventato un laboratorio sperimentale per il giornalismo imprenditoriale: il programma promuove l’innovazione nel giornalismo e l’imprenditorialità sociale, includendo iniziative sia di business che di pubblica utilità, mettendo a disposizione spazi e risorse per venti reporter internazionali ogni anno, affinché possano lavorare alla ricerca e allo sviluppo dei loro progetti. Durante l’estate del 2015 ho avuto il privilegio di poter accedere al programma e di avere la possibilità di conoscere una parte delle iniziative più innovative che sono state sviluppate a Stanford negli ultimi anni.

Verified Pixel Project
Questo progetto vuole aiutare le redazioni a verificare l’autenticità delle fotografie digitali postate dagli utenti sui social media. Dato che a chiunque è data la possibilità di diventare un fotogiornalista usando uno smartphone o Photoshop, la startup vuole offrire uno strumento per controllare quanto viene messo in rete e garantire la sua veridicità. Stando a Samaruddin Stewart, Knight Fellow nel 2013, le redazioni devono infatti confrontarsi costantemente con la sfida del distinguere le fotografie manipolate da quelle originali.

Stewart è co-fondatore del progetto Verified Pixel, che permette alle redazioni di verificare l’autenticità delle immagini e unisce diversi software in un unico flusso di lavoro. Un altro obiettivo del progetto è quello di individuare le manipolazioni in un modo più facile e affidabile. Dal punto di vista tecnico, il progetto è all’avanguardia ed è già disponibile sul mercato.

Lighthaus
David Sarno, a sua volta Knight Fellow nel 2013 ed ex reporter di tecnologia per il Los Angeles Times, vuole sfruttare le nuove opportunità offerte da Internet per la visualizzazione dell’informazione. Sarno usa tecniche ispirate dai videogame per creare news tridimensionali. La sua startup, Lighthaus, sviluppa il software che sfrutta la tecnologia 3D per illustrare temi complessi.

Watchup
Adriano Farano, Fellow 2011 e il co-foundatore di Watchup, una app che personalizza e offre in streaming le notizie televisive da più di 200 canali tv locali, nazionali e internazionali ai “news-dipendenti” statunitensi. Il Nieman Journalism Lab ha descritto Watchup come l’equivalente per il giornalismo di quanto Hulu fa a per la televisione e Netflix per il cinema.

Scratch
Andy Donohue, un altro Knight Fellow nel 2013 ed ex redattore di Voice of San Diego, ha utilizzato il suo tempo a Stanford per lavorare su un progetto che ha integrato in parte nel suo lavoro attuale come senior editor al Centre for Investigative Reporting (CIR), con sede nella San Francisco Bay. Scratch è un framework per il giornalismo investigativo che usa il design thinking e una forma di giornalismo locale che, tramite le indagini, contribuisce a creare delle comunità.

L’idea è quella di trasformare la redazione in un attore partecipativo alla vita locale, aiutando a individuare i problemi della vita di tutti i giorni con un approccio “bottom up” (dal basso), invece di “top down” (dall’alto), coinvolgendo i cittadini per trovare delle soluzioni.

Matter
Come lo stesso Stanford Fellowship Programme, anche Matter è un incubatore. L’azienda con sede a San Francisco, co-fondata da Corey Ford e finanziata dalla Knight Foundation, è una startup di consulenza per altre startup. I partecipanti vengono selezionati in gruppi per un programma di coaching, finanziamenti e istruzione della durata di quattro mesi, in cui possono sviluppare e testare le loro idee. Matter vuole infatti completare il programma di fellowship, dando ai fellow il tempo e lo spazio ndcessari a sviluppare i loro progetti fino in fondo. Secondo James Bettinger, direttore delle John S Knight Journalism Fellowships, “dieci mesi sono troppo corti sia per reinventare il giornalismo, sia per reindirizzare un’azienda sulla retta via”.

Un’opportunità unica per assorbire lo spirito di Silicon Valley
L’anno a Stanford dà a tutti i Knight Fellow l’opportunità di lavorare in un ambiente meraviglioso e di conoscere ricercatori, imprenditori e business angels, e di essere ispirati dallo spirito innovativo della Silicon Valley.

Anche altre due università, che offrono ottimi programmi di sviluppo professionale mid-career per giornalisti, hanno reagito alla pressione d’innovazione nei media, ma in modi diversi. Alla Harvard University, ad esempio, le Nieman Fellowships vogliono dare a giornalisti la possibilità di ricaricare le energie. Le fondazioni del Berkman Centre for Internet and Society (1998) e del Nieman Lab (2008) hanno creato altri luoghi in cui si sviluppa un’intensa riflessione sul futuro del giornalismo. Il Reuters Institute for the Study of Journalism, anche sede dell’Ejo nel Regno Unito, è stato invece fondato nel 2006 alla Oxford University. L’Istituto invita i suoi fellow, giornalisti da tutto il mondo nel bel mezzo della loro carriera, a studiare il futuro del giornalismo nel contesto di alcuni progetti di ricerca.

Il vantaggio di Stanford, in ogni caso, è la sua posizione nel cuore della Silicon Valley. Lavorare in prossimità di giganti come Facebook e Google e di centinaia di altre Internet startup ancora sconosciute è un’opportunità davvero unica per i fellow. Con attenzione per l’innovazione, spirito imprenditoriale e leadership, si può trovare un tale ottimismo soltanto nella San Francisco Bay.

Giornalismo lacerato mentre calano pubblicità e introiti
Questo spirito ottimista emerge anche dalla visione di James Bettinger sul futuro del giornalismo. Bettinger crede che il paesaggio mediatico sia ancora ricco di opportunità, anche se riconosce come il giornalismo si stia lacerando negli Stati Uniti, a causa del calo delle entrate pubblicitarie. Uno degli esempi più eclatanti è proprio la crisi del giornale storico della regione della Silicon Valley: quindici anni fa il San José Mercury News, infatti, era considerato come il prototipo del giornale quotidiano ed era riuscito a passare al digitale in modo creativo e, all’epoca, la sua redazione impiegava ben 470 giornalisti

James Batten, poi Ceo di Knight-Ridder e allora proprietario del San José Mercury News, aveva avuto la lungimiranza di spostare la sede principale da Miami a San José e di aprire un costoso laboratorio di ricerca per preparare la testata al suo futuro. Purtroppo i successori hanno poi venduto Knight-Ridder a un concorrente di dimensioni ridotte, McClatchy. L’acquisizione si era dimostrata però una mossa fin troppo ambiziosa per McClatchy, che, profondamente indebitata, fu costretto a scorporare l’azienda, vendendola a pezzetti, compreso il San José Mercury News, che ora dispone di soli 70 giornalisti.

Nonostante questo, una parte del nome di questa azienda probabilmente sopravvivrà nel tempo grazie al suo sostenitore, John S. Knight. Knight ha dato il suo nome anche al Stanford Fellowship Programme e merita un posto d’onore Hall of Fame del giornalismo, al fianco degli editori e filantropi più creativi d’America. Il suo ritratto starebbe comodamente vicino a quello di Joseph Pulitzer, fondatore della Columbia School of Journalism e del Premio Pulitzer un secolo fa.

Articolo pubblicato originariamente dalla Neue Zürcher Zeitung. Traduzione a cura di Georgia Ertz

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