La sovranità di Internet e la Cina

29 Novembre 2016 • Digitale, In evidenza • by

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(hjl / Flickr CC / BY-NC 2.0)

Il concetto di governance di Internet si sviluppa a partire dal 2006 grazie alla pubblicazione di Who Controls the Internet? Illusions of a Boardless World, libro di di Jack Goldsmith e Tim Wu che non si limitava a contestare la visione di un controllo tecno-utopista di Internet ma sottolineava anche il ruolo dei governi nello sviluppare le leggi fondamentali per il governo della rete.

La necessità stringente di formulare un’idea di governance di Internet a livello globale in quegli anni trova conferma anche nella creazione nel 2003 del Working Group on Internet Governance (WGIG) istituito dalle Nazioni Unite. Un rapporto pubblicato nel 2005 dallo stesso ente definiva allora la govenrnance di Internet come “lo sviluppo e l’applicazione da parte dei governi, del settore privato e della società civile, nei loro rispettivi ruoli, di principi, norme, regole, procedure decisionali e programmi condivisi che determinano l’evoluzione e l’uso di Internet”.

La coesistenza e le attività condivise di governi, settore privato e società civile nella gestione della rete definiscono il modello multistakeholder attualmente in vigore. Nonostante l’esistenza di organizzazioni come la Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) e l’Internet Governance Forum (IFG), promotrici di questo approccio, vi sono tuttavia degli stati che da diverso tempo promuovono un modello di governance di Internet diverso, maggiormente focalizzato sul ruolo dei governi e definito per questo motivo definito modello mutlilaterale. Tra i maggiori sostenitori di quest’ultimo modello vi è la Cina.

Il 16 novembre è stata aperta a Wuzhen, nella provincia di Zheijang, la terza World Internet Conference (Wic), un evento realizzato con l’appoggio della Cyber Administration of China. Uno degli obiettivi principali della conferenza era la promozione di un modello di amministrazione multilaterale di Internet basato sulla principio secondo cui le singole nazioni dovrebbero poter sviluppare, gestire e usare Internet in modo indipendente. Lo scorso anno, l’evento aveva ottenuto una notevole risonanza nei media, grazie alla presenza del Presidente Xi Jinping, che aveva tenuto il discorso introduttivo, in cui aveva enfatizzato la necessità per la comunità internazionale di “collaborare per costruire un sistema di amministrazione di Internet globale, trasparente, multilaterale e democratico”.

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Quest’anno il Presidente non ha partecipato personalmente alla conferenza, ma ha preparato un discorso pre-registrato. Il messaggio era in linea con quanto emerso da suoi discorsi ufficiali precedenti su temi legati a Internet, inclusi quelli sostenuti al Congresso nazionale brasiliano nel luglio del 2014, alla Work Conference for Cybersecurity and Informatization lo scorso aprile e, recentemente, alla sessione di studio dell’Ufficio politico del Comitato Centrale del Partito Comunista cinese a ottobre. In ognuna di queste occasioni, Xi Jinping ha sottolineato l’importanza della “sovranità di Internet” (“wangluo zhuquan” in cinese, nda), questione che può essere considerata come uno dei principali pilastri del nuovo approccio a Internet del Partito Comunista.

Definire la sovranità di Internet

Il concetto di “sovranità di Internet” generalmente si riferisce a “una rete Internet basata sulla sovranità territoriale”. Questo concetto fu proposto nel 2010, quando l’Ufficio di Informazione del Consiglio di Stato cinese pubblicò un white paper su Internet in Cina alla luce della decisione di Google di reindirizzare i suoi server a Hong Kong. 

In quel documento, si specificava che “in territorio cinese Internet sottostà alla giurisdizione della sovranità cinese”: questo approccio può facilmente essere frainteso come un mero piano messo in atto dalle autorità cinesi al fine di ottenere e mantenere un controllo massiccio su ciò che i cittadini possono, o non possono, fare online. In realtà questa idea ha le sue radici in dibattiti internazionali più ampi, come l’accademia cinese ha evidenziato in diverse occasioni. In particolare, nel giugno 2014, il People’s Daily aveva pubblicato una serie di interviste con cinque professori e esperti cinesi, tra cui Fang Binxing, ex Presidente della University of Post and Telecommunication e principale architetto del “Grande Firewall”, software ha fin qui impedito ai cinesi di accedere a un’ampia fetta dell’Internet globale.

Tutti i cinque studiosi citati nel rapporto concordavano su un punto: la necessità di assicurare che ogni nazione mantenga i principi base del diritto privato internazionale, secondo cui Internet è regolata da leggi nazionali. Il Professor Fang aveva in particolare ricordato come già nel 2004 le Nazioni Unite avessero istituito il loro primo gruppo di esperti governativi che si occupava degli sviluppi nel contesto della sicurezza internazionale nel campo dell’informazione e delle telecomunicazioni. L’obiettivo principale di questo gruppo era promuovere la collaborazione per dissolvere potenziali minacce nel campo della information security. Fang aveva inoltre sottolineato che era stato proprio quell’ente internazionale a pubblicare un rapporto nel 2013 che dichiarava che la “sovranità dello Stato, le norme e principi internazionali che derivano da essa si applicano alla condotta dello Stato riguardo all’attivismo legato alle tecnologie di informazione e comunicazione e alla sua giurisdizione sulle infrastrutture di queste tecnologie sul suo territorio”. In altre parole, il concetto di sovranità di Internet e quello di modello di amministrazione multilaterale di Internet sono comunemente accettati a livello internazionale e, per questo, non possono semplicemente essere etichettati come strategia adottata dal governo cinese.

Promuovere la sovranità di Internet e il modello multilaterale

In un contesto come questo, la Wic è diventata una piattaforma importante per il governo cinese e finalizzata alla promozione della governance di Internet basato sul modello multilaterale. Sorprendentemente, questo tentativo di promuovere gli interessi virtuali delle autorità di Pechino ha visto un coinvolgimento non solo di politici di rilievo di diversi Paesi, ma anche di professionisti e ricercatori internazionali. Il titolo della terza Wic ricorreva a retorica ambiziosa: “Sviluppi di Internet basati sull’innovazione per tutti – Costruire una comunità di futuro comune nel cyberspazio” e tra gli ospiti internazionali della conferenza vi erano anche diversi rappresentanti governativi e delegati di aziende e istituzioni accademiche.

La conferenza ha, per la prima volta, presentato al pubblico internazionale risultati scientifici all’avanguardia nel settore di Internet, mostrando le principali tecniche globali più recenti. Negli ultimi anni, infatti, la comunità accademica cinese è stata molto attiva nella ricerca su questi temi. Durante una conferenza tenutasi a Wuhan lo scorso settembre, ad esempio, il Professor Wu Jianping della Tsinghua University aveva affermato che “prima del 2013 in Cina vi erano [già] 96 scuole e università specializzate in campi legati all’information security”. Ciononostante, Wu consigliava al governo cinese di creare più percorsi Master di alto livello e dottorati su questo tema, per poter competere a livello internazionale.

Più in generale, l’attenzione accademica sull’amministrazione cinese di Internet è progressivamente aumentata dal 2012, dopo l’ascesa al potere della leadership attuale. Secondo i dati forniti dal più prestigioso database accademico cinese China National Knowledge Infrastrucuture Cnki, dal 2011 al 2015 il numero di pubblicazioni su questioni legate alla governance cinese di Internet è salito da 60 a 317. Questa crescente attenzione per il tema non è però limitata al mondo accademico cinese e si può riscontrare un trend simile anche nel database accademica globale Scopus.

Questa situazione potrebbe essere dovuta a diversi fattori: in primis, alle nuove norme adottate dalla leadership cinese nel campo dell’amministrazione di Internet con serie conseguenze a livello internazionale. Di interesse particolare è la creazione del Piccolo Gruppo Dirigente Centrale per Internet e Informatizzazione (“zhongyang wangluo anquan he xinxihua lingdao xiaozu” in cinese, nda), annunciata nel novembre 2013. Secondo l’agenzia Xinhua, in occasione della cerimonia d’apertura della prima sessione del Gruppo, Xi Jinping avrebbe dichiarato che “[il governo cinese] deve lanciare una collaborazione e uno scambio bilaterali e multilaterali per quanto concerne Internet”. Inoltre, nello stesso anno Edward Snowden rivelò al mondo i programmi di sorveglianza di massa degli Stati Uniti, facendo emergere in tutto il mondo preoccupazioni su come i governi usano Internet per sorvegliare e controllare i loro cittadini.

Portare avanti il modello multilaterale

Sin dall’inizio del suo mandato, Xi Jinping non ha solamente sottolineato l’importanza di una promozione del modello multilaterale di amministrazione di Internet, ma anche ripetutamente enfatizzato la necessità di una riforma dello status quo con il coinvolgimento diretto di aziende, del mondo accademico e della società civile. Questo punto era stato evocato in occasione sia della prima che della seconda Wic. Per Xi Jinping, Internet è attualmente gestito da un numero limitato di parti, soprattutto dagli Stati Uniti, ma dovrebbe invece essere regolato in maniera attiva da tutti i Paesi. La terza Wic ha trattato temi simili.
Nel frattempo, istituzioni come l’Icann, la Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, stanno attraversando importanti cambiamenti: recentemente, ad esempio, il governo statunitense ha interrotto un contratto che per decenni gli aveva concesso il controllo maggioritario sulla Corporation. Allo stesso tempo, la promozione cinese del modello multilaterale sta ottenendo sempre più sostegno a livello internazionale.

Uno dei più importanti sviluppi in questa direzione viene ad esempio da una bozza dell’International Code of Conduct for Information Security, sottomesso alle Nazioni Unite nel 2015 in modo congiunto dai rappresentanti di Cina, Kazakhstan, Kyrgyzstan, della Federazione russa, Tajikistan e Uzbekistan. L’ottavo punto del document è particolarmente pungente, poiché sostiene come “tutti gli Stati devono avere lo stesso ruolo e la stessa responsabilità nell’amministrazione internazionale di Internet, della sua sicurezza, continuità e stabilità di funzionamento, e il suo sviluppo, promuovendo la creazione di meccanismi di amministrazione internazionale di Internet multilaterali, trasparenti e democratici, che assicurino un’equa distribuzione delle risorse, facilitino l’accesso per tutti e che assicurino un funzionamento di Internet stabile e sicuro”.

Concludendo, il governo cinese è riuscito a coinvolgere attori sia del mondo accademico che quello privato nella promozione delle idee di un modello di amministrazione di Internet multilaterale a livello nazionale e, in una certa misura, anche a livello internazionale. In questo modo, il Partito Comunista cinese ha approfittato della crisi dello status quo dell’amministrazione di Internet, come dimostra la continua partecipazione alle Wic di aziende globali come Facebook, Apple e LinkedIn, così come dalla nomina di Fadi Chehade, ex direttore della ICANN, come consigliere ufficiale alla Wic. Lo studioso Milton Muller ha etichettato la decisione di Chehade di lasciare la ICANN come “errore” e ha criticato “la logica o praticità di aiutare il Presidente Xi a promuovere una visione sovranista di Internet”. Essendo il futuro dell’attuale status quo sempre più dubbio, resta da vedere quali forme di amministrazione di Internet si stabiliranno, sia in Cina che su scala globale.

Articolo pubblicato originariamente su Chinoiresie il 13 Novembre e ripubblicato per gentile concessione. Traduzione dall’inglese a cura di Georgia Ertz.

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