Accelerare la transizione al digitale
senza se e senza ma

12 Gennaio 2012 • Economia dei media • by

Foto: yago1.com

Prospettive per il 2012? Nel migliore dei casi, causa le perduranti condizioni economiche, non ci si possono aspettare risultati clamorosi. Frederic Filloux analizza le condizioni attuali del mercato pubblicitario e rinnova le preoccupazioni che agitano il mondo editoriale. Nonostante gli incrementi di traffico su web e il costante aumento dell’utenza mobile, servizi erogati via iPad e smartphone, si potrà essere soddisfatti se si riusciranno a ripetere i numeri dell’anno appena trascorso. E se questo è quanto ci si attende dalla componente digitale, sulla carta le dinamiche appaiono ancora più negative, considerata la perdita continua e inarrestabile di lettori.

Ma, avverte Filloux, in una condizione come questa non c’è nulla di peggio che rimanere passivi e accettare le inevitabili conseguenze del dissesto economico: il 2012 è l’anno in cui accelerare la transizione al digitale, senza se e senza ma.

A questo proposito si evidenzia come due grandi giornali – nella fattispecie Filloux cita il New York Times e il Financial Times, da una parte quindi un giornale generalista, dall’altra un giornale economico finanziario – abbiano iniziato l’anno decidendo un aumento del prezzo delle edizioni cartacee: il NYT passa da 2 a 2,50 dollari, il FT da 2,20 a 2,50 sterline. Non è soltanto la conseguenza di un adeguamento all’aumento dell’inflazione, Filloux vede in queste decisioni una risposta strategica che mira ad accelerare la migrazione al digitale.

Con le tariffe attuali la lettura online del NYT risulta di gran lunga meno costosa del corrispettivo cartaceo, di circa il 50% se comparata al costo sostenuto dagli abbonati e del 70% se si ragiona in termini di costo acquisto edicola. Stessa dinamica per il FT, il cui servizio online risulta di circa il 20% inferiore all’abbonamento cartaceo e di ben il 68% se rapportato al prezzo di edicola. Ovviamente è un ragionamento che può essere unicamente fatto per quei giornali che adottano un sistema di pagamento sia per i servizi online sia per quelli digitali.

In estrema sintesi l’obiettivo di entrambi i giornali è convertire progressivamente i lettori della carta a un modello di fruizione digitale a pagamento. Per il FT significa tendere a modificare nel tempo l’assetto della base utenti e traslare quote sempre più consistenti degli attuali 4 milioni di lettori in full digital subscribers. Una strada tutta in salita, considerato che gli abbonati ai contenuti digitali del quotidiano londinese sono oggi 250 mila. Come incentivare la transizione? Da una parte si è progressivamente diminuito il numero di articoli disponibili gratuitamente sul sito, dai 30 del 2007 si è oggi passati a 4, dall’altra rendere la registrazione obbligatoria anche per la lettura di un singolo articolo.

La strategia del New York Times sembra avere prodotto buoni risultati: nei primi 9 mesi di esercizio del nuovo paywall sono stati sottoscritti 324 mila nuovi abbonamenti. L’unicità dei contenuti proposti dal NYT, scrive Filloux, ha permesso di mantenere un flusso di traffico elevato, 34 milioni nel mercato domestico, 47 milioni worldwide. Se solo riuscisse a convertire il 5% della propria base lettori, circa 2,4 milioni di persone, osserva Filloux, l’ARPU (ricavo medio per utente),

indice che include abbonamento e rendita pubblicitaria, sarebbe prossimo ai 150 dollari all’anno, ovvero un valore globale equivalente a 200 milioni, una cifra che basterebbe a coprire l’intero costo della redazione del giornale newyorkese.

Le esperienze del NYT e del FT dimostrano quanto le politiche editoriali, tra coloro che hanno scelto la strada del paywall e coloro che invece continuano a credere nella libertà di accesso all’informazione, si stiano nel tempo sempre più differenziando. Una conseguenza del tutto inevitabile poiché l’applicazione omogenea di un costo associato all’informazione nelle sue diverse accezioni, carta + web + digitale, permette di formulare iniziative commerciali di fatto più allineate alla proposizione di contenuti su canali differenziati e, forse, nello stesso tempo, più efficaci e redditizie nel lungo periodo.

 

 

 

 

 

 

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