Troppa pubblicità ai giornali americani

6 Aprile 2011 • Economia dei media, Editoria • by

Lo afferma il recente rapporto pubblicato dalla società americana eMarketer in cui si evidenzia come negli Stati Uniti, la carta stampata, giornali e riviste, sia l’unico segmento di industria a godere di investimenti che sono proporzionalmente superiori al tempo di lettura presunto. Mentre sulla televisione si riversa il 43% del valore globale degli investimenti, a fronte di un paritetico “consumo” da parte degli utenti, i giornali raccolgono una percentuale circa tre volte superiore rispetto al tempo di lettura che viene loro riservato. Per questi ultimi lo share pubblicitario è del 17% contro un 5% di utilizzo complessivo. Dunque considerando la distribuzione  della pubblicità in rapporto alla quantità di tempo che i cittadini riservano ai diversi media, la carta stampata ne riceve tre volte tanto l’effettivo consumo da parte dei lettori.

Come commenta Alan Mutter quanto rivelato da eMarketer costituisce una buona e una cattiva notizia per i giornali. Buona perché testimonia della capacità degli editori nell’aver saputo valorizzare i propri prodotti nonostante la subalternità della carta stampata nei confronti di altri media; cattiva perché rappresenta al tempo stesso una minaccia. Cosa succederebbe, afferma Mutter, se gli inserzionisti iniziassero a interrogarsi sul perché vengono spesi così tanti soldi sui giornali quando si possono utilizzare canali alternativi come tv, internet e radio che garantiscono un audience di gran lunga più elevato e a costi mediamente inferiori? La risposta è nota, dice Mutter, e si riflette in quanto avvenuto in questi ultimi 5 anni nel mercato americano, dove i giornali hanno conosciuto una flessione dei ricavi di quasi il 50% passando dai 49,4 miliardi di dollari del 2005 agli attuali 25,8 miliardi. Se gli editori non riusciranno a colmare o attenuare il divario con gli altri media, è l’amara considerazione di Mutter, la drammatica erosione dei ricavi pubblicitari di questi ultimi anni potrebbe preludere a qualcosa di ancora peggiore.

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