Donne e giornalismo
binomio ancora imperfetto

13 Marzo 2012 • Etica e Qualità, Giornalismi • by

Questo è quanto emerge da due interessanti studi:   un sondaggio realizzato per la prima volta nella storia della Rai sui propri giornalisti i cui risultati sono stati presentati al convegno “Immagine femminile e ruolo del servizio pubblico” organizzato dalla Commissione Pari Opportunità dell’Usigrai presso la sede della Federazione Nazionale Stampa italiana a Roma  l’8 marzo scorso e una ricerca condotta dall’Osservatorio di Pavia “Chi fa notizia in Europa” sulla visibilità delle donne e degli uomini nei telegiornali di cinque paesi europei: Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Spagna.

Cominciamo dal primo svolto su un campione rappresentativo di giornalisti della Rai. Il dato che emerge preponderante è quello sull’età: la Rai infatti risulta essere un’azienda vecchia, la somma dei giornalisti tra i 40 e i 65 anni corrisponde all’82,99% dell’intero campione mentre quelli tra meno di 30 anni fino ai 40 rappresentano solo il 16,99%. Altro dato sensibile è l’alta percentuale di giornalisti che non hanno figli (il 43,77%), quasi esclusivamente i colleghi maschi hanno dichiarato di avere più di un figlio, a testimonianza che riuscire a conciliare lavoro e famiglia per una donna giornalista risulta ancora molto difficile. In totale il personale giornalistico della Rai è di 1.656 unità di cui 1.097 uomini e solo 559 donne. Tra i dirigenti (direttori, capiredattori, capiservizio e rispettivi vice) solo il 4% sono donne e nel ruolo di direttore sono solamente due, Bianca Berlinguer al Tg3 e Barbara Scaramucci a Rai Teche. Il ruolo di massima aspirazione per il genere femminile sembra essere quello di caposervizio. Scaturisce così il quadro di un’azienda pubblica anziana, con poche prospettive per il futuro e con una marginalizzazione della donna nei posti chiave del lavoro. A poco allora è servito il fatto di eleggere un direttore generale donna, come Lorenza Lei, se poi le criticità continuano a persistere, ed “È emblematico come siano passate inosservate la chiusura di Rai International e di numerosi sedi estere di corrispondenza, oltre all’immagine della donna così come è stata rappresentata nel corso del Festival di Sanremo”, ha dichiarato Ilaria Capitani, coordinatrice del Cpo Usigrai. Se la Rai è lo specchio del paese è evidente che c’è bisogno di un maggiore ammodernamento, di più pluralismo e imparzialità, il dato sulla rappresentanza di genere è sintomatico dello stato delle cose.

Molto interessante anche la ricerca svolta dall’Osservatorio europeo sulle rappresentazioni di genere (OERG), nato all’interno dell’Osservatorio di Pavia, dal titolo significativo: “Chi fa notizia in Europa?”. Il monitoraggio ha considerato i dati relativi ai telegiornali in prima serata delle due principali televisioni, una pubblica e una privata, dei cinque paesi europei presi in considerazione e dunque Italia (Tg1 e Tg5), Francia (France 2 e Tf1), Germania (Ard e Rtl), Inghilterra  (Bbc1 e Itv1) e Spagna (Tve e Telecinco). La ricerca ha indagato tre ambiti in particolare: chi fa notizia nei tg, cioè le persone di cui si parla e quelle intervistate, chi dà e fa le notizie, quindi conduttori, giornalisti e corrispondenti, infine ha studiato come sono confezionate le notizie in una prospettiva di genere. Sul podio dei telegiornali che danno maggiore visibilità all’universo femminile ci sono Francia e Spagna, il nostro paese si attesta invece all’ultimo posto con la quota di presenza femminile più bassa di tutti i tg, inoltre le donne sono presenti come rappresentanti della gente comune e raramente ricoprono ruoli autorevoli, come per esempio quello dell’esperto. Mediamente le donne fanno notizia come vittime due volte più degli uomini (12% contro il 7%). Sul fronte del chi da o fa le notizie risulta che nel 54% dei casi i telegiornali sono condotti da donne e l’Italia presenta un dato curioso con il suo 58% si colloca infatti ben 4 punti sopra la media. Per quanto riguarda poi la centralità femminile nelle notizie le donne sono raramente messe al centro, solo l’8% delle notizie è focalizzato su di loro. In definitiva a fare notizia sono soprattutto gli uomini, tranne nella cronaca nera, ma a dare le notizie come conduttrici e giornaliste sono le donne. Questi dati continuano a testimoniare come il nostro “Bel Paese” riconosca alla donna un ruolo dettato più dalla sua immagine esteriore che da mansioni autorevoli come potrebbe essere quella dell’esperto da intervistare o del politico. Le donne sono poco presenti nell’informazione politica, soprattutto in Italia e Inghilterra (11% in entrambi i casi). Si distingue invece la Francia dove le notizie di politica nei tg includono maggiormente le donne. Considerando che nei tg francesi le donne che fanno politica rappresentano solo il 12% del campione femminile, l’alta percentuale di donne nella pagina politica è da interpretare come  un’apertura dell’informazione politica oltre che verso le donne che svolgono attività politica di professione ad una pluralità di voci femminili in generale.

Si nota poi una forte dicotomia fra i ruoli “comuni” più rappresentati dalle donne e i ruoli “autorevoli” rappresentati dagli uomini, l’Italia sotto questo punto vista registra la maggiore segmentazione, tra gli esperti intervistati nei tg italiani solo il 10% è di sesso femminile (contro il 90% del sesso opposto), mentre ben il 66% delle opinioni popolari è dato da donne.

Alla luce di queste due ricerche e degli ultimi avvenimenti accaduti in Rai si possono tirare le somme di ciò che è stato fatto finora e soprattutto ciò che ancora manca per raggiungere la parità di genere in Italia nel campo dei media e dell’informazione.

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