Obama: elettorato e media contro

8 Novembre 2010 • Etica e Qualità, Giornalismo sui Media • by

Corriere del Ticino, 5.11.2010

Rispetto alle elezioni del 2008 non è cambiato solo il risul­tato. Ma anche l’atteggia­mento dei media. Se nel 2008 infatti tifavano Obama, nelle ele­zioni di midterm del 2010 hanno con­tribuito a distruggerlo. Forse per il pia­cere di creare il personaggio e poi an­nientarlo. O forse perchè si sono im­provvisamente resi conto che quello che nel 2008 era sembrato un superuomo, in realtà era un abbaglio. E hanno de­ciso di non più sostenerlo. Scegliendo di diventare testimoni e amplificatori del malessere e dell’insoddisfazione del­la gente. Talvolta con armi eticamen­te discutibili. Talvolta scadendo nel po­pulismo, molto spesso parlando dei Tea Party. Un esempio per tutti il titolo del New York Times in prima pagina al­l’indomani dei risultati «I Repubblica­ni conquistano con forza la Camera; una punizione per Obama; vince Cuo­mo» (dei Tea Party).

D’altro canto, Obama, che durante la campagna elettorale del 2008 era parso essere il comunicatore per eccellenza, colui che parlava alle masse e alla gente co­mune attravero i social network come facebook, oggi sembra aver perso que­sto magico dono. Tanto che nel Daily Show di Jon Stewart, il famoso talk show di satira politica, parlando, gior­ni fa, della riforma sanitaria, ha det­to che il governo ha fatto davvero tan­to, il problema è che molte persone nemmeno lo sanno. Se le cose stanno così, allora qualcuno ha mancato nel­la sua missione. E forse Repubblicani e stampa, come il New York Times e Washington Post, non hanno tutti i tor­ti quando criticano l’amministrazione Obama di troppo elitismo. Di essersi chiusa nell’eremo di Washington di­menticando di ascoltare, discutere e di­battere dei veri problemi della gente. Non solo. Lo stesso presidente, timido e serio al contempo, non aveva più nul­la dell’Obama sorridente e gaio, vinci­tore della campagna elettorale, in col­legamento con Stewart nel 2008 du­rante lo spoglio dei voti. Piuttosto sem­brava un pugile all’angolo, in difficol­tà per frasi del tipo «durante la cam­pagna elettorale correvano slogan co­me “Yes we can”, “vogliamo il cambia­mento” oggi mi sembra di sentire una canzoncina che implora “baby per fa­vore dammi un’altra possibilità”». Niente di più vero.

Così come il fatto che la televisione ri­mane il medium attraverso il quale l’americano medio forma la sua opi­nione. In particolare i giovani, e i pro­grammi più seguiti sono proprio i talk show politici e i programmi di intrat­tenimento, meno i programmi di in­formazione e i notiziari.

E la televisione è stata il maggior ne­mico di Obama in queste elezioni. Per­chè fatta qualche eccezione, il tema che ha tenuto banco e ha suscitato interes­se è stato quello dei Tea Party e dei suoi attivisti. Dalla CNN, a Fox News nes­suno escluso. E un giorno sì, e l’altro pure, si vedevano interviste e reporta­ge con Sarah Palin, attivisti dei Tea Party o candidati repubblicani. Qua­si fossero una cosa sola. E non lo so­no.

Meno cattiva la stampa, che comun­que si è mantenuta tiepida e critica, e non ha fatto sconti ad Obama e al suo entourage. Ha però seguito l’agenda della Tv, spendendo fiumi d’inchiostro per la novità del momento: sempre i Tea Party.

Forse non ha tutti i torti Arianna Huf­fington quando critica i media main­stream tradizionali di essere ossessiona­ti «dall’ultimo oggetto di grido», di non essere più in grado di costruire una con­versazione civile, nella quale coinvolge­re il lettore mettendo in luce temi e fat­ti che gli stanno davvero a cuore. Com­pito che a suo parere bene assolvono in­vece certi siti di informazione online co­me il suo Huffington Post che ha aper­tamente criticato il governo per avere «creato false aspettative e promesse».

E dire che due anni fa era uno dei mag­giori sostenitori di Obama. Segno che i tempi e anche i media cambiano. Non sempre in meglio purtroppo…

Fonte immagine: www.flickr.com, photos jetheriot

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