Paradise Papers: la forza della collaborazione nel giornalismo

7 Dicembre 2017 • Digitale, In evidenza • by

Pixabay/geralt – Creative Commons

La recente pubblicazione dei Paradise Papers è un altro forte segnale della crescente importanza delle collaborazioni globali per il giornalismo investigativo. Nell’Aprile 2016 un consorzio di diverse organizzazioni mediatiche aveva pubblicato i Panama Papersil primo grande leak che aveva rivelato il grado di evasione fiscale di aziende e individui di alto profilo -, una grande operazione di logistica, coordinata dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ). Il Consorzio ha ricoperto lo stesso ruolo anche con i Paradise Papers, contenenti rivelazioni su ulteriori operazioni offshore ma da fonti diverse e in luoghi differenti.

Nel caso dei Paradise Papers, l’Icij ha coordinato 95 partner internazionali che comprendevano più di 380 giornalisti operanti in sei continenti e in 30 lingue differenti. Il team ha passato al setaccio più di 13,4 milioni di file ottenuti originariamente dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung nel corso di oltre un anno, comunicando e condividendo documenti tramite piattaforme online. Come si legge sul sito web dell’Icij, “i giornalisti hanno trascritto le registrazioni dei tribunali, ottenuto informazioni finanziarie sui politici in Africa, Europa e America latina e settentrionale, presentato richieste Foia e condotto centinaia di interviste con esperti fiscali, industriali e decisori politici”.

L’Icij non è l’unica organizzazione coinvolta in questo genere di investigazione su larga scala. I file di WikiLeaks sulla guerra in Iraq, quelli sui programmi dell’Nsa di Edward Snowden, e molte altre recenti inchieste condotte grazie a whistleblower sono state gestite tramite collaborazioni fra paesi e organizzazioni differenti. Si tratta di una tendenza di crescente importanza, dal momento che queste indagini crossnazionali sono sempre più difficili da condurre per le singole organizzazioni mediatiche. Lo scorso dicembre, sull’onda dei Panama Papers, Il Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford ha ospitato un workshop di una giornata con alcuni giornalisti che erano stati coinvolti in questo genere di investigazioni collaborative crossborder. Lo scopo era quello di discutere i vantaggi – e i problemi – di queste grandi operazioni con la speranza di distillare alcuni esempi per le occasioni a venire. In un tempo in cui il giornalismo serio e trasparente è sotto pressione in tutto il mondo, tali collaborazioni sono un modo per gestire i rischi e portare maggiore attenzione su questioni pubbliche che nessuna redazione potrebbe affrontare con le sue sole forze. Le riflessioni emerse da quel workshop, insieme a quelle di altre persone coinvolte in questo genere di collaborazioni, saranno pubblicate il prossimo anno, ma è già possibile trarre alcune conclusioni.

Strumenti di collaborazione e sicurezza
Costruire un rapporto di fiducia fra differenti organizzazioni è essenziale. Ora ci sono numerosi gruppi di giornalisti che collaborano abitualmente e che hanno costruito sia fiducia che una pratica di lavoro consolidata e condivisa. Le iniziative di collaborazione spesso cominciano nelle redazioni, dove lo staff ne riconosce i benefici più facilmente dei loro dirigenti, che potrebbero essere concentrati maggiormente sui fattori di competizione. Ogni organizzazione deve assumersi la responsabilità, anche legale, del proprio territorio, ma a volte è necessario accordarsi su coordinazioni complesse per singole storie e relativi embarghi.

La confidenzialità è cruciale e necessita di essere supportata da un alto livello di “igiene della comunicazione” sfruttando, per esempio, gli strumenti di crittografia: quando un whistleblower contatta una redazione, infatti, la sua identità potrebbe già essere stata compromessa. Per questa ragione, dei canali di comunicazione sicura devono essere istituiti e poi pubblicizzati. Se sono coinvolte organizzazioni no profit o finanziatori terzi, gli obiettivi e gli indicatori di successo devono essere concordati in precedenza insieme ai principi di indipendenza editoriale. Ci sono diversi individui e diverse fondazioni pronte a finanziare il giornalismo investigativo, ma il piano d’azione deve essere compreso e gestito nell’interesse della trasparenza.

La tecnologia – e l’abilità di sviluppare e modificare software o altre tecnologie per incontrare i bisogni di un particolare progetto – è cruciale. Gli sviluppatori e i giornalisti devono integrare il loro lavoro: l’Icij, ad esempio, impiega un numero significativo di sviluppatori e programmatori coinvolti nel proprio lavoro. Un partner neutrale – come un’organizzazione on profit o una joint venture di proprietà condivisa – può giocare un ruolo importante nel gestire le tensioni e i potenziali conflitti di interesse fra i partner. Questo coordinamento editoriale si rifà ai tradizionali punti di forza dell’editing giornalistico e del management, ma con responsabilità aggiuntive e la necessità di capacità gestionali che si estendono tra diverse organizzazioni e aree geografiche.

Nuove realtà nel giornalismo
La crescita delle collaborazione crossborder rivela anche qualcosa sullo stato dell’industria delle news. Con la disruption dei modelli di business tradizionali, molte organizzazioni, una volta ritenute come potenti istituzioni dell’informazione, stanno lottando per restare a galla o per reperire le risorse necessarie per svolgere indagini lunghe e complesse. Allo stesso tempo, c’è stata una crescita delle piccole startup – alcune commerciali, altre no profit – che cercano di posizionarsi e differenziarsi in un mercato affollato.

Questi due gruppi spesso sono percepiti come in conflitto, ma in realtà il più delle volte necessitano l’uno dell’altro nel nuovo ecosistema della comunicazione. Le grandi organizzazioni hanno ancora un peso istituzionale e un vasto pubblico, con però una carenza di nuovi lettori. Allo stesso modo, i nuovi player spesso hanno maggiori capacità tecniche, più flessibilità di mercato e possono attrarre un pubblico più giovane in modi difficili da raggiungere per le grandi organizzazioni. Nel momento in cui uniscono le forze, nel lavorare a progetti che puntano all’accountability, essi possono divenire complementari e imparare gli uni dagli altri. I grandi media possono fornire una grande quota di mercato, una vasta copertura e un peso istituzionale, mentre le organizzazioni più piccole possono fornire nuove prospettive, nuove competenze e nuovo pubblico.

Quando politica, affari, commercio e, diciamolo, anche il crimine si sviluppano tutti insieme in attività transnazionali, è essenziale che il giornalismo e tutti gli interessati alla trasparenza rispondano in modo congiunto. La necessità delle organizzazioni di news di alzare lo sguardo oltre i propri confini nazionali per potenziare le proprie capacità di osservazione dei sistemi delle tecnologie finanziarie e dei crimini facilitati dalla rete è più che mai urgente. Lo stesso concetto di pubblica trasparenza – e, in particolare, il giornalismo su di essa – non può e non deve essere limitato da meri confini geografici. E questo è sempre più evidente.

Articolo tradotto dall’originale inglese da Giulia Quarta. L’articolo è apparso originariamente su The Conversation, lo ripubblichiamo per gentile concessione

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