Silicon Valley e giornalismo: Make Up or Break Up?

24 Novembre 2014 • Digitale • by

Secondo Emily Bell, Direttrice del Tow Center for Digital Journalism della Columbia Journalism School, la relazione tra aziende tecnologiche e giornalismo è spesso scomoda e complicata, ma il giornalismo ha bisogno di essere considerato almeno un partner alla pari.

Presentando la Reuters Memorial Lecture 2014, dal titolo Silicon Valley and Journalism: Make Up or Break Up presso il Reuters Institute for the Study of Journalism della Università di Oxford, la ex news & media director of digital content del Guardian ha dichiarato che i giornalisti, insieme a un numero crescente di citizen journalist, vedono i loro strumenti e regole di pubblicazione sempre più influenzati da “aziende di software non accountable”“Gli spazi delle news non sono più di proprietà di chi fa le notizie e la stampa ha perso il controllo dei maggiori condotti attraverso i quali le notizie raggiungono le loro audience. La sfera pubblica è ora gestita da un piccolo numero di aziende private con sede nella Silicon Valley”.

Una questione di definizione per il giornalismo e la società
“Questa questione riguarda non solo il giornalismo ma la società nel complesso”, ha dichiarato Emily Bell. “Non dirò che si tratta di un trend reversibile, perché non lo è. Ma dirò che il giornalismo ha un ruolo fondamentale nel costruire e nello sviluppare nuove tecnologie, dando forma a parti non commerciali della sfera pubblica, monitorando i nuovi e vasti sistemi di potere”. Secondo Emily Bell il giornalismo è diventato troppo dipendente da tecnologie che non sa comprendere fino in fondo: “Il quarto potere, che abbiano sempre ritenuto operasse in un modo splendidamente isolato da altri sistemi come il potere o i soldi, si è spostato all’improvviso e in modo definitivo in un mondo dove non detiene i mezzi di produzione e non controlla le rotte della distribuzione”.

“Come questo sia successo, è stato ampiamente documentato. Nessuno di noi ha ottenuto dei dottorati in ingegneria a Stanford. Ci sono mancate le fondamentali competenze tecnologiche su come questi sistemi di produzione e di espressione stessero per emergere, ci è mancata la voglia istituzionale o l’intuizione di muoverci in modo sufficientemente rapido della giusta direzione e siamo stati trattenuti nella trasformazione da grandi organizzazioni tradizionali e dai ricavi che provenivano da loro. Fare giornalismo per bene è difficile e le risorse affamano questo mercato”, ha dichiarato ancora Emily Bell.

La quasi totalità dei contenuti vengono ora pubblicati sulle piattaforme social e queste piattaforme, di proprietà di aziende con sede nella Silicon Valley, sono state costruite da ingegneri che ammettono di non avere le competenze o il desiderio di editare i contenuti. I media tradizionali, al contrario, hanno queste capacità, ma in paragone, ben poca possibilità di controllo sui contenuti. “Se esiste una stampa libera, i giornalisti non ne sono più responsabili. Gli ingegneri che ogni giorno prendono decisioni che plasmano come le notizie prendono forma e vengono distribuite pensano raramente al giornalismo o all’impatto culturale e democratico”, ha dichiarato Emily Bell a Oxford.

“I media tradizionali non hanno capito cosa stavano perdendo, la Silicon Valley non ha capito cosa stava creando”
“Creando questi strumenti a tal punto semplici da usare e incoraggiando il mondo a pubblicare, le piattaforme tecnologiche hanno oggi ruoli e responsabilità sociali che vanno ben oltre i loro intenti originari. Da un lato, i media non hanno capito cosa stavano perdendo, la Silicon Valley non ha capito cosa stava creando”, ha dichiarato Bell a un’audience composta anche da dirigenti di Google, Twitter, Facebook e di media tradizionali come il Guardian, rappresentato dal suo direttore Alan Rusbridger.

Secondo Bell, i social media hanno ceduto le loro responsabilità editoriali agli algoritmi: “Esiste un ritornello nella Silicon Valley: noi non vogliamo avere responsabilità editoriali, siamo solo piattaforme, la tecnologia è neutrale. Sono convinta che gli ingegneri ritengano che questi assunti siano dimostrabilmente errati”, ha specificato a questo proposito la Direttrice del Tow Center.

“Ogni volta che un algoritmo viene ottimizzato, viene presa una decisione editoriale”, ha dichiarato ancora Emily Bell, che ha anche parlato di “editing non intenzionale” e delle sue conseguenze come il filtraggio o la rimozione – se non censura – di notizie importanti: il pubblico non è consapevole di come le notizie lo raggiungono sulle piattaforme social, perché gli algoritmi sono sensibili da un punto di vista commerciale e di conseguenza non sono trasparenti. La mancanza di trasparenza attorno a questi sistemi ha sollevato di recente diverse preoccupazioni quando è emerso come Facebook avesse usato il suo software per manipolare le emozioni degli utenti. In un altro esperimento, invece, il News Feed di Facebook era stato modificato allo scopo di aumentare la partecipazione degli elettori durante una tornata elettorale. E ha funzionato.

Tre iniziative che la stampa dovrebbe intraprendere per riprendere il controllo della sfera pubblica
Al Risj, Emily Bell ha proposto delle iniziative che il giornalismo dovrebbe intraprendere per ribilanciare l’equilibrio tra se stesso e la Silicon Valley: in primis, il giornalismo dovrebbe creare i suoi propri strumenti e servizi in modo da mettere il software al suo servizio, invece che il contrario. Per questo, ha dichiarato Bell, le scuole di giornalismo dovrebbero offrire anche formazione che riguardi i dati e la programmazione: “I giornalisti e gli editori devono imparare a programmare, devono saper maneggiare queste competenze e comprendere il mondo in cui operano”. Come secondo punto, la Direttrice del Tow Center ha anche chiesto più regolamentazione, ammettendo di star sostenendo qualcosa di impopolare, nei confronti di questioni come monopoli, utility status e trasparenza.

Come terzo punto, infine, Bell ha chiesto ai giornalisti di fare quello che sanno fare al meglio: “report, report, report”. “Bisogna scrivere della tecnologia come di una questione di diritti umani e politica, come se ci si trovasse in Parlamento”, ha concluso Emily Bell, “forse anche con più verve e con maggiore chiarezza. È dieci mila volte più interessante e importante”.

Per approfondire: What’s the right relationship between technology companies and journalism?, di Emily Bell per il Guardian

Il testo completo del discorso di Emily Bell è disponibile qui.

Articolo tradotto dall’originale inglese 

Il Reuters Institute for the Study of Journalism è partner dell’Ejo nel Regno Unito

Photo credits: Emily Bell/RISJ

 

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