Dalla scorsa primavera nove tra le maggiori imprese mediatiche slovacche hanno siglato un accordo per rendere le proprie risorse online disponibili a pagamento, insieme. Gli internauti slovacchi, tramite un unico abbonamento di 2,90 euro mensili possono avere accesso a tutti i siti delle aziende firmatarie insieme, tramite una sola piattaforma gestita dalla Piano Media di Bratislava. L’accordo prevede che il 70% degli incassi generati vada ripartito tra i content provider e che il restante 30% venga riconosciuto all’impresa gestrice del servizio. Il modello slovacco è un esperimento unico al mondo e supera l’impostazione fin qui abituale per la stampa di un paywall per testata: la logica alla base è infatti più simile a quella della tv via cavo e satellitare dove con un abbonamento a un’unica piattaforma si può avere accesso a un bouquet diversificato di canali.
Gli obiettivi del progetto, almeno nella sua fase iniziale, erano più culturali che economici: la sfida, secondo il curatore del progetto Tomáš Bella, era mettere alla prova le abitudini dei lettori slovacchi, usi a fruire gratuitamente le versioni online di testate nazionali come SME, Pravda e Týždeň, e analizzare la loro risposta.
Il traguardo fissato dalla Piano Media auspicava di riuscire a “convertire” al paywall l’1,5% degli utenti slovacchi entro il primo anno di esercizio e il 5% entro il 2015. Nelle prime sei settimane di attività il paywall comulativo ha generato 40 mila euro di introiti mentre il traffico ai siti sarebbe rimasto stabile. Il settimanale Týždeň ha incassato 2 mila euro grazie ai nuovi abbonati; Štefan Hríb, editor del magazine, si è detto soddisfatto del risultato ottenuto specificando come un’eventuale iniziativa della rivista in solitudine non avrebbe mai generato tali profitti e avrebbe probabilmente causato un calo nel traffico. Secondo Bella il paywall dovrebbe inoltre riferirsi esclusivamente agli utenti più costanti dei siti coinvolti, maggiormente interessati ad avere un’offerta più completa e disposti a pagare per servizi aggiuntivi. Il quotidiano SME, ad esempio, per il momento ha protetto con il paywall solo il 5% del suo portale web, ma ai lettori paganti offre la possibilità di accedere alla popolare sezione di “public opinion” del giornale e di postare commenti agli articoli senza limitazioni. Piccoli passi per un quotidiano di larga diffusione che ha deciso di sposare il progetto solo in forma sperimentale in attesa di vedere i numeri crescere: finora gli introiti generati dai dieci maggiori inserzionisti restano irraggiungibili dal volume di incassi raccolti dal paywal nazionale.
Molti osservatori si sono detti scettici a riguardo del progetto: per Andrew Phelps del Nieman Journalism Lab il modello non sarebbe replicabile in un paese come gli USA per dimensione del mercato e tradizione. A giocare a favore di Piano Media potrebbero però intervenire alcuni fattori peculiari del contesto slovacco: un mercato piccolo e una barriera linguistica molto forte riuscirebbero infatti a facilitare ulteriori accordi tra editori concorrenti per fronteggiare uniti, e quindi con più forza, la sfida di Internet. Lo scetticismo sulle possibilità del modello al di fuori della Slovacchia è condiviso su Bloomberg Businessweek anche da Steven Brill, consulente di e-commerce presso l’americana Press+ che in passato aveva tentato di offrire pacchetti “tematici” a pagamento attraverso diverse testate: negli USA l’accordo tra concorrenti sarebbe ancora un tabù e lavorare in questo senso rappresenterebbe un azzardo. Immaginare anche in Italia Repubblica siglare un patto con il Corriere per condividere i propri siti, gli introiti e gli utenti è ai limiti della fantascienza. Nonostante i dubbi degli analisti, Bella si è comunque detto soddisfatto dei risultati fin qui raccolti nel primo mese di esercizio e non nasconde di avere in mente di esportare Piano Media e il suo esperimento anche in altre nazioni dal contesto simile alla Slovacchia, come il resto dell’Europa Centrale o l’Olanda e la Danimarca.
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