La sicurezza dei giornalisti oltre i reportage di guerra

27 Marzo 2023 • Cultura Professionale, Giornalismi, In evidenza • by

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La sicurezza dei giornalisti è una questione che desta sempre più preoccupazione in tutto il mondo. Il suo monitoraggio non dovrebbe però limitarsi a tenere traccia delle violenze più lampanti, come il numero di giornalisti uccisi, tenendo in considerazione una ben più ampia gamma di minacce – dai cyberattacchi fino all’odio online e alle sanzioni finanziarie.

In un nuovo articolo pubblicato su Digital Journalism, scritto insieme ai colleghi del Worlds of Journalism Study, sosteniamo che la sicurezza dei giornalisti comprenda quattro dimensioni chiave: fisica, psicologica, digitale e finanziaria. Il nostro studio offre inoltre un modello concettuale interdisciplinare e globale che ne favorisce un approccio sistematico e complessivo. Il nostro quadro di riferimento comprende fattori di rischio sociali, organizzativi e individuali che minacciano la sicurezza sul lavoro dei giornalisti, nonché le strategie di intervento per farvi fronte ed eventuali risposte ed effetti.

L’importanza della tutela

Giornalisti e giornaliste svolgono un ruolo fondamentale nella società, sia come watchdogs di coloro che detengono il potere sia più semplicemente fornendo informazioni fondamentali che consentono al pubblico di prendere decisioni importanti. La capacità dei giornalisti di adempiere ai propri doveri è però significativamente compromessa se la loro sicurezza sul lavoro è messa in pericolo.

Il crescente declino democratico a cuis si sta assistendo, anche nei tradizionali bastioni della democrazia,  ha portato a un aumento vertiginoso delle minacce contro i giornalisti. Le ricerche in merito registrano un  elenco sempre più ampio di tali aggressioni: discorsi d’odio, molestie sessuali, intimidazioni psicologiche, attacchi di phishing, sorveglianza digitale, tagli alla pubblicità, minacce alla stabilità del posto di lavoro, hacking e criminalizzazione del whistleblowing, solo per citarne alcuni.

L’impatto di queste minacce non deve essere sottovalutato, poichè possono portare a un eccessivo aumento dei livelli di stress e di danni alla salute, a una riduzione dell’autonomia e all’autocensura, con conseguente peggioramento della qualità giornalistica o addirittura all’abbandono della professione.

Come sosteniamo nel nostro lavoro, il deterioramento della sicurezza dei giornalisti ha conseguenze personali e sociali, in quanto le minacce influenzano non solo il rendimento del singolo individuo, ma compromettono anche la funzione più ampia del giornalismo come istituzione chiave nella società. La sospensione forzata delle attività di tutti i media russi restii alla politica del Cremlino, a seguito dell’approvazione della legge sulle cosiddette “fake news” che ha criminalizzato l’uso della parola “guerra” in riferimento alla guerra in Ucraina, ne è un esempio. Fondamentalmente, la sicurezza dei giornalisti non riguarda solo la professione in sé ma, minacciando la libertà di espressione, anche le democrazie e le società nel loro complesso.

Sebbene l’interesse per l’argomento, sia dal punto di vista accademico che politico, sia aumentato significativamente nell’ultimo decennio, la ricerca in merito è ancora rara sia in termini geografici che tematici.

Fino ad ora, non si è mai tentato di formulare un quadro concettuale più globale e completo sul tema. A questo proposito, il nostro studio si propone proprio questo, fornire una prospettiva più olistica e completa del fenomeno.

I quattro stadi della sicurezza

Continuare a riproporre una ristretta definizione della sicurezza dei giornalisti, incentrata principalmente sull’incolumità fisica senza tener conto della più ampia gamma di minacce che i giornalisti subiscono, supporta di fatto gli autori di questi attacchi. Fornisce munizioni a coloro che sostengono, anche in Europa, che i giornalisti vivano in ambienti sicuri e che quindi non si dovrebbero adottare misure per proteggerli, se non in forma molto limitata. Definendo la sicurezza in modo così restrittivo, alleggeriamo la responsabilità di politici e organizzazioni mediatiche sulla prevenzione, formazione e protezione dei giornalisti.

La sicurezza professionale dei giornalisti va ben oltre le uccisioni e gli attacchi fisici, soprattutto durante i reportage di guerra. Partendo da questo presupposto, preferiamo perciò definire il concetto di sicurezza come la misura in cui i giornalisti possono svolgere le loro mansioni lavorative senza subire minacce alla loro integrità e al loro benessere personale (fisico e psicologico) e infrastrutturale (digitale e finanziario).

La dimensione fisica comprende perciò qualsiasi azione che abbia un impatto sul corpo dei giornalisti, come attacchi violenti che minacciano sia l’integrità fisica – uccisioni, torture e percosse – che la mobilità fisica – rapimenti, arresti, detenzioni e imprigionamenti.

Dal punto di vista psicologico intendiamo invece qualsiasi azione che abbia un impatto sul benessere mentale ed emotivo dei giornalisti, come aggressioni verbali, discorsi d’odio, diffusione di informazioni personali, molestie sessuali/di genere, stalking, vigilantes cittadini che mirano a disciplinare e mettere a tacere i giornalisti, nonché attacchi alla capacità di fare giornalismo, come intimidazioni, coercizioni, mobbing sul posto di lavoro, irruzioni negli uffici, sequestri o danni alle attrezzature.

La dimensione digitale comprende tutte quelle azioni aventi un impatto sull’autodeterminazione e sulle libertà digitali dei giornalisti, come le minacce alla privacy digitale, tra cui gli attacchi di phishing, la sorveglianza digitale, la limitazione dell’accesso alle informazioni, l’hacking o il blocco dei contenuti digitali e la criminalizzazione delle denunce digitali, nonché gli atti che minacciano la mobilità fisica, come i rapimenti, gli arresti, le detenzioni e l’incarcerazione.

Infine, la dimensione finanziaria si riferisce all’ impatto sulla sopravvivenza professionale e sulle ideologie dei giornalisti, come le minacce alla stabilità del posto di lavoro; le minacce all’esecuzione delle pratiche/routine giornalistiche di base (approvvigionamento, verifica, produzione) e all’etica; la concezione del ruolo normativo che rischia di essere sostituita da un’ideologia neoliberista basata sul mercato e le minacce alla diversità dei temi e della forza lavoro.

Potere, stress e resilienza

Le dinamiche di potere sono alla base di tutti i problemi di sicurezza. I giornalisti sono coinvolti in una costante lotta per il potere con le élite politiche e i gruppi sociali e commerciali. A seconda di queste dinamiche, possono e spesso si trovano in situazioni e condizioni pericolose. Come sosteniamo nel nostro articolo, il potere è la dinamica fondamentale alla base della sicurezza dei giornalisti. Le lotte per il potere dei giornalisti si traducono spesso in minacce nei loro confronti, che a loro volta causano un notevole stress, soprattutto quando mancano le risorse e le strutture di supporto per reagire e far fronte a queste minacce.

Il nostro modello mostra tre possibili effetti derivanti dall’interazione tra i fattori di rischio, le minacce, le quattro dimensioni della sicurezza e lo stress. Si tratta di resistenza, sottomissione e abbandono della professione. Affrontare con successo queste situazioni è infatti fondamentale affinché i giornalisti possano rafforzarsi e resistere, continuando a svolgere il proprio lavoro in autonomia.

La raccolta dei dati, che comprende sondaggi rappresentativi con giornalisti in circa 120 Paesi nell’ambito della terza fase del Worlds of Journalism Study, si concluderà entro la fine del 2023 e ci permetterà di testare il nostro modello concettuale.

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