Schweizer Journalist Nr. 12/2010 e 1/2011
Dopo Monaco, Colonia, Vienna e Bienne, adesso anche il Lussemburgo organizza le giornate dedicate ai media
Nel piccolo stato noto per essere la patria del gruppo RTL, colosso della comunicazione televisiva tedesca, gli organizzatori dell’evento dell’Istituto Pierre Werner hanno fatto l’unica cosa sensata per sopravvivere nello scontro tra titani: dare all’evento un respiro europeo, invitando relatori provenienti da tutti i paesi.
I contributi hanno evidenziato come e perché Internet e i social network alterano la comunicazione pubblica ai diversi angoli della terra, in diverse culture e aree linguistiche, mettendo in pericolo il giornalismo tradizionalmente inteso. Inoltre, durante la manifestazione, grazie agli interventi accorati di un paio di relatori del Lussemburgo, è stato possibile apprezzare come nei paesi più piccoli il panorama mediatico sia organizzato in maniera considerevolmente diversa rispetto ai più grandi vicini quali Germania e Francia – e come forse questo tratto sia simile tra i vari piccoli stati, come la Svizzera, l’Austria o i Paesi Bassi, sebbene ovviamente non sia possibile fare di tutta l’erba un fascio.
In ogni caso, la pazienza dei partecipanti al convegno è stata sottoposta a dura prova: al Centre National de l’Audiovisuel nella recondita provincia di Dudelange, dove sono stati trasportati con un autobus, il programma si protraeva fino alle otto di sera. Non c’era alcuna possibilità di concedersi neanche un’oretta per ammirare la Città vecchia. Di conseguenza, nel caso in cui non si avesse alcuna intenzione di sorbirsi una conferenza sulla TV satellitare, l’unica alternativa era quella di sognare ad occhi aperti, sprofondando nelle sedie di velluto del cinema in una sala immersa nella semioscurità, sotto un cielo di stelle virtuali.
Il programma della maggior parte delle serate prevedeva cena in hotel con discorso finale di Dennis MacQuail previsto per le 22.00 (!). Il guru europeo della ricerca sulla comunicazione è riuscito a compiere in modo mirabile un’impresa impossibile: ha passato in rassegna cinquanta anni di storia della comunicazione in Europa in soli dieci minuti, per giungere alla conclusione che “fortunatamente” i mezzi di comunicazione europei sono riusciti resistere all’americanizzazione e piuttosto che alla “de-regolamentazione” dei media si è lasciato spazio alla loro “ri-regolamentazione”.
L’Euro Media Research Group, un’ampia rete di ricercatori che si occupano di media, che ruota intorno alle note personalità di Werner A. Meier (Università di Zurigo) e Josef Trappel (Università di Salisburgo), ha sfruttato l’occasione, presentando a Lussemburgo, di fronte a un’opinione pubblica sbalordita, l’ultima grande ricerca, dal titolo “Media in Europe Today”, che promette un excursus attraverso il frammentario panorama mediatico del vecchio continente. Nel contributo che conclude la pubblicazione, Jeremy Tunstall, professore emerito alla City University di Londra, dimostra come l’Europa, dopo la fine della Guerra Fredda, abbia lentamente riconquistato la supremazia sul flusso di notizie internazionale, guadagnandosi il ruolo di “leader mondiale dell’informazione”.
Se da un lato, viene fatto certamente riferimento a inconfutabili storie di successo come quella di Reuters e della BBC, dall’altro, sorprendentemente, non viene fatto neanche un accenno al considerevole influsso che, nell’era di Internet, testate come il Guardian, l’Economist o il Financial Times hanno esercitato non solo a livello mondiale ma anche nella profonda provincia americana.
Allo stesso modo, né nel libro, né nella conferenza, sono state menzionate due classifiche molto significative, che evidenziano le diverse realtà europee: nel Global Index redatto ogni anno da Reporters sans Frontières in favore della libertà di stampa, la Svizzera si attesta al primo posto insieme ad altri stati prevalentemente piccoli e (nord)europei come la Finlandia, l’Islanda, i Paesi Bassi, la Norvegia e la Svezia. L’Estonia e la Lituania sono gli unici stati dell’ex blocco sovietico ad essere riusciti a rientrare tra i primi 15. Nel gruppo di testa compaiono anche l’Austria e l’Irlanda.
Nel “Corruption Perception Index” un ranking redatto da Transparency International, gli stessi paesi risultano essere tra i primi 15 che, in tutto il mondo, sono meno esposti alla corruzione; tra gli altri anche la Svizzera, la Germania e l’Austria. Il presupposto per essere “leader mondiale dell’informazione” sembra dunque essere un “di più” di libertà di stampa rispetto ad altri paesi e questo “di più” sembra sortire anche i suoi effetti quando si tratta di prevenire e di combattere la corruzione.
Letture consigliate:
Josef Trappel et al. (eds.): Media in Europe Today, Bristol/Chicago: Intellect, 272 Seiten, 29 €
Reporters sans Frontières, Press Freedom Index 2010:
http://en.rsf.org/press-freedom-index-2010,1034.html
Transparency International Corruption Perception Index: http://transparency.org/policy_research/surveys_indices/cpi/2010/results
Traduzione dall’originale tedesco “Europa als World News Leader” di Claudia Checcacci
Tags:Euro Media Research, informazione, jeremy Tunstall, Josef Trappel, Lussemburgo, Media in Europe today, RTL, Werner A. Meier