Economia giornalistica ai tempi di internet

21 Maggio 2011 • Digitale, Editoria • by

Può essere solo la legge del libero mercato a permettere la sostenibilità del giornalismo ai tempi di internet? Al di là dei noti casi di successo a livello internazionale, vedi ProPublica, l’attenzione nel trovare modalità che sappiano monetizzare il valore espresso dall’informazione è sempre più alta. Ne parla Roy Greenslade nel suo blog sul Guardian, in riferimento a un evento organizzato dalla National Union of Journalists dal titolo “Can the media be co-operative: Alternatives to corporate media ownership”; se ne discute nel Knightblog della Knight Foundation. Sono argomenti che interessano soprattutto testate di piccole e media grandezza, non tanto i grandi editori che, seppure con molta difficoltà sono in una condizione privilegiata rispetto a quanti, invece, devono fare i conti con un mercato sempre più falcidiato dalla decrescita pubblicitaria. E interessa non soltanto coloro che provengono da una tradizione cartacea, ma tutti coloro che cercano di trovare uno spazio nel mondo della produzione online.

Saranno pure grandi le potenzialità della rete, ma altrettanto grandi sono i rischi imprenditoriali e infinitamente complicati si rivelano essere i modelli di business. Di fatto il giornalismo che esiste al di fuori del perimetro delle grandi concentrazioni editoriali, è esposto a innumerevoli problemi di ordine economico che rendono difficile sostenere una remunerazione dignitosa del giornalista così come sostenere un investimento tecnologico adeguato alle sfide del nuovo paradigma dell’informazione digitale. E quanto emerge dalle esperienze raccontate dalla Knight Foundation è che, con grande sorpresa, il coinvolgimento del pubblico e la possibilità di raccogliere nuovo sostegno economico deriva dalla capacità di portare il giornalismo in mezzo alla gente organizzando eventi, incontrando le persone.

Il giornalismo non è solo lettura è conversazione, il rapporto diretto con le persone è essenziale soprattutto per quelle realtà che si muovono e agiscono in ambito locale, sostengono molte delle startup americane che operano a livello di informazione locale. Il contatto diretto con il pubblico crea opportunità per valorizzare la propria identità, fidelizzare i lettori, aumentare fiducia e credibilità nei confronti di chi produce informazione e alla fine, perché no, si può tradurre anche in donazioni e contributi volontari. Critiche vengono anche sollevate nei confronti della metrica standard che serve a stabilire il valore di un sito: il numero di visitatori non può essere il fondamento economico delle piccole produzioni locali, è importante fare emergere un valore che vada al di là dei numeri e che sia basato principalmente sulla specifica identità dei contenuti proposti e nel rapporto con un pubblico esclusivo.

In Italia questo tipo di percorso è stato compiuto soprattutto nel settore dell’informazione radiofonica. Non c’è nulla di nuovo, si pensi per esempio al caso di Radio Popolare di Milano. Insomma per la nuova informazione su internet si possono, e forse, si devono, impostare nuove logiche di sostentamento che non siano solo quelle classiche ereditate dalla carta stampata. Si parla sempre e comunque delle grandi potenzialità della rete, eppure in passato, si pensi all’Italia nella metà degli anni settanta, epoca il cui terminò il monopolio delle frequenze e si diede avvio alla liberalizzazione delle frequenze, iniziò una vera rivoluzione nel modo di raccontare l’attualità. Non vi erano grandi incentivi economici, il tutto fu reso inizialmente possibile da una grande passione e dal desiderio di creare un’informazione indipendente. Forse la storia di quel periodo può insegnare qualcosa a tutti coloro che oggi si cimentano nel cercare di trovare un percorso giornalistico su internet.

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