Qual è stato il grande cambiamento prodotto dall’affermazione di Internet in merito al modo di fare giornalismo? E’ la velocità di propagazione delle notizie, la possibilità di accelerarne la pubblicazione fino ad arrivare a essere nella condizione di operare in tempo reale. Twitter ne è l’espressione più autentica. Quest’ultimo non è un giornale, ma è diventato parte integrante dell’universo mediatico: scintille di 140 caratteri che mettono in moto il processo di creazione dell’informazione. E’ la polverizzazione del tempo ad avere contribuito a modificare il nostro modo di essere giornalisti. E’ la stessa logica che ha determinato la globalizzazione dell’economia. L’affermazione di tecnologie internet-based ha dato modo alle aziende di poter operare globalmente, essere ovunque come se si fosse in uno stesso luogo. La rete è il grande equalizzatore delle dinamiche societarie, rende possibile la determinazione di un processo finanziario, industriale in una dimensione planetaria.
No-Time, No Space, le barriere temporali e spaziali vengono annullate. Nel secolo scorso è stato il fattore tempo ad avere regolato, plasmato l’organizzazione della produzione delle informazioni. Il tempo che intercorreva tra creazione della notizia e sua pubblicazione era legato a un processo dispendioso e time consuming. Erano i tempi della carta. La notizia si poteva trasmettere via telefono, ma diventava prodotto di consumo attraverso processi industriali analogici. TV e Radio erano i media che garantivano maggiore reattività in termini di diffusione delle notizie. Internet, la rete, ha dato la possibilità ai giornali, di poter competere con l’informazione via etere.
Ma cosa è accaduto alla stampa? L’industria della carta era strutturata in base a una logica di scansione temporale. Quotidiani, settimanali, mensili. La frequenza nella pubblicazione determinava il modo di fare informazione. Tutto questo non è più vero. Per quanto ancora continuino a esistere edizioni cartacee basate su frequenze temporali diversificate, questo tipo di giornalismo è sempre meno sostenibile.
Come dimostra la vicenda di NewsWeek, caso emblematico nel suo genere, la crisi dei settimanali non è solo una questione di costi. Una qualunque pubblicazione ha oggi una sua presenza su web e questo modifica strutturalmente la logica in cui diffondere le notizie e creare informazione. Essere su internet vuol dire partecipare quotidianamente, 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno alla creazione di conoscenza. Quotidiani, settimanali, mensili… non esiste più una differenza così marcata. Tra tutte le pubblicazioni è il quotidiano che ha trovato maggiore coerenza e che meglio si è adattato ai tempi di internet, per quanto il fattore di accelerazione tempo abbia impresso una discontinuità forte rispetto ai processi pregressi. Per gli altri non è stato possibile mantenere un approccio editoriale identico al precedente. Settimanali e mensili vivono la crisi della carta ed il loro futuro, come per tutti, è riposto nella capacità di traslare la propria personalità in digitale. Questi ultimi sono nella posizione di affrancarsi dal passato. Esiste un giornalismo diverso da quello creato dai quotidiani. Valori e idee che hanno determinato la fortuna e l’apprezzamento di magazine storiche possono convivere ai tempi di internet, ma diventerà sempre più complicato mantenere inalterato il time to market. Il web crea un’opportunità per tutte queste testate, opportunità che consiste nell’essere coerenti con una scansione temporale che determina nuove modalità di consumo dell’informazione. I processi editoriali del passato sono stati di fatto sovvertiti e Internet si è imposto come il grande metronomo, che scandisce tempi e ritmi del nuovo giornalismo.
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