Live blogging, per il Guardian un’esperienza positiva

26 Novembre 2012 • Digitale • by

Lo dice uno studio condotto del dipartimento di giornalismo della City University of London che ha analizzato la produzione, la forma e il contenuto di 146 liveblogs pubblicati tra l’aprile 2011 e il giugno 2011 sul sito del giornale. La content curation, la cura dei contenuti, è un tema, una pratica di grande attualità di cui si discute molto sia sotto il profilo della comunicazione d’impresa che per quanto riguarda le evoluzioni del giornalismo. Processo molto diverso da quello degli aggregatori, e decisamente estraneo al dilagante copia-incolla su piattaforme quali Tumblr o Scoop.it che della content curation ne sono strumento, mezzo, prevalentemente mal, o quanto meno, sotto utilizzato. Ne fa una efficace sintesi Gianluigi Cogo, tra l’altro, coordinatore scientifico di Pionero, iniziativa di Maggioli Editore che ha proprio questo obiettivo: curare i contenuti su un tema specifico, ricordando che per esprimere valore il processo non può, non deve essere “robottizabile”.

Tra le diverse modalità che si possono utilizzare in quest’ambito una delle più diffuse è il live blogging, la produzione di un post, di un articolo che, secondo la definizione dell’Urban Dictionary, copra un evento, solitamente in ordine cronologico contrario, dal più recente al più “vecchio”, con aggiornamenti regolari, solitamente con distanze temporali ridotte nell’ordine dei minuti, arricchendolo con elementi multimediali e richiami ad altre fonti sia interne che esterne.

Pratica nata, come dice il nome, nell’ambito del citizen journalism, che è stata nel tempo adottata anche nel giornalismo professionale verso la quale vi è grande interesse anche in Italia come testimonia il successo del workshop recentemente tenuto da Lillo Montalto sul tema durante Glocal News, tre giorni organizzata da Varese News sul giornalismo on-line visto prevalemente da una prospettiva locale, e l’adozione del formato da parte anche di colossi dell’informazione online italiana quali Repubblica.it e Corriere.it.

Uno dei pionieri, ancora una volta, dell’utilizzo del live blogging come pratica nel giornalismo professionale è l’inglese The Guardian che da tempo ne fa un ampio utilizzo per gli argomenti più disparati quali l’arresto di Julian Assange o i disordini in Gran Bretagna nell’estate 2011 passando per argomenti più leggeri quali la nota trasmissione televisiva X Factor o le partite di calcio.

E’ proprio su il live blogging prodotto dal quotidiano anglosassone che si sono concentrati Neil Thurman e Anna Walters del dipartimento di giornalismo della City University of London analizzando la produzione, la forma e il contenuto di 146 liveblogs pubblicati tra l’aprile 2011 e il giugno 2011 sul sito del giornale.

I risultati della desk research, pubblicati all’inizio di questo mese, basati sui dati forniti loro direttamente da guardian.co.uk,  evidenziano fondamentalmente due elementi relativamente a liveblogging e live blogs:

1)    La maggioranza degli accessi avviene durante l’orario d’ufficio, specialmente verso le 11 del mattino.

2)    Fanno registrare una gran quantità di accessi e lunghissimo tempo medio di permanenza in pagina.

Se il primo è un elemento statistico prettamente quantitativo che, per inciso, conferma quanto grave sia la parzialità delle attuali rilevazioni Audiweb che proprio in quest’area hanno allo stato attuale una delle maggiori lacune, è il secondo aspetto che, dalla mia prospettiva, è di grande interesse.

I tempi di lettura dei live blogs infatti hanno prestazioni decisamente superiori rispetto ai classici elementi statici quali una foto gallery o un articolo (vd. grafico di di sintesi dei risultati estratto dalla ricerca) con minuti spesi in pagina di gran lunga maggiori rispetto alle altre due categorie, più tradizionali, prese in considerazione da Thruman e Walters.

E’ questo un chiaro indicatore di come il lettore abbia un elevato coinvolgimento attraverso questa modalità, che spesso ha anche caratteristiche di interattività con lo stesso vuoi attraverso box di chat realizzati ad hoc o con l’utilizzo di specifiche hashtag su Twitter, con ben il 35 percento degli intervistati che dichiara di essere stata incollata allo schermo del PC “per quasi tutto il tempo” in cui si è sviluppato il liveblog.

Le implicazioni sono sia economiche che giornalistiche. Da un lato infatti il tempo speso dai lettori sul sito di un quotidiano, di una fonte d’informazione sarà sempre più un parametro qualitativo che influenzerà direttamente il valore riconosciuto dagli investitori pubblicitari, dalle aziende, per gli spazi promo-pubblicitari. Dall’altro lato permette di invertire il processo attualmente in corso di primato delle notizie da parte di Twitter riposizionando i giornali (online) come prima fonte d’informazione com’è naturale che sia.

Ancora una volta non resta che sperimentarne l’efficacia adattandone i principi al pubblico di riferimento, alle persone con le quali ciascun quotidiano, in funzione delle sue caratteristiche e del suo relativo posizionamento, si relaziona

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