Riconnettere il giornalismo locale al suo pubblico

12 Dicembre 2019 • Digitale, In evidenza, Ricerca sui media • by

Kiwithing/ Flickr CC / BY-NC-ND 2.0

Le difficoltà dei media, l’aumento delle “fake news”, il declino della circolazione dei giornali, la maggiore concentrazione nel settore, o anche la concorrenza delle piattaforme online: i media si trovano ad affrontare una profonda crisi che li sta indebolendo e sta influenzando il loro sviluppo. Le cause sono molteplici: economiche, tecnologiche, culturali e sociali. Tuttavia, si può identificare un elemento centrale: il pubblico. Un pubblico che non si fida più dei media, li consuma meno, si sente in disaccordo con le offerte editoriali tradizionali e si rivolge ad altri attori che si occupano della produzione e distribuzione dei contenuti.

I media si sono resi conto che devono riconnettersi con i loro lettori, spettatori, ascoltatori o utenti, altrimenti corrono il rischio di rompere permanentemente un punto di contatto già indebolito. Questa necessità è amplificata dalla tecnologia digitale, che promuove una cultura partecipativa ed espressiva che incoraggia gli scambi, la conversazione e l’espressione per tutti. Alla fine degli anni 2000 il cosiddetto giornalismo “partecipativo” conobbe un grande boom. Ma le speranze e le promesse sono svanite, al punto che si può parlare di disincanto. Gradualmente, gli spazi per i commenti sono stati esternalizzati o addirittura chiusi, così come i blog dei media; anche i siti o le sezioni partecipative stanno scomparendo (ad esempio in Francia, Rue89, Le Post, Le Lab, solo per citarne alcuni).

La causa principale di questo fallimento è la difficile integrazione di approcci partecipativi in organizzazioni e pratiche professionali piuttosto rigide, che alla fine porta a uno “scontro di culture”. Tuttavia, la pressione per un’informazione orizzontale più in linea con le aspettative e le pratiche del pubblico è ancora presente e i social network l’hanno solo amplificata. E questo è il punto di partenza del progetto LINC (Local, News, Innovation, Community) dell’Académie du journalisme et des médias dell’Università di Neuchatel (Svizzera) che si propone di esplorare la questione a livello locale. Perché le testate locali? Perché sono generalmente meno presenti nella ricerca (almeno di lingua francese), ma soprattutto perché sono, storicamente, i media più vicini al pubblico, quelli che mantengono i legami sociali in un dato territorio. Il giornalismo locale è anche percepito dai giganti digitali come una grande sfida per la loro espansione.

Un inventario delle iniziative realizzate dai media locali
Al fine di analizzare le azioni, le strategie e le pratiche dei media locali in termini di rapporto con il pubblico, il primo – e delicato – compito del progetto è quello di individuare il materiale da studiare. Nella logica cooperativa e applicativa del progetto, abbiamo optato per un censimento partecipativo, mettendo a disposizione parte dei dati raccolti sotto licenza Creative Commons. Un formulario online permette quindi a qualsiasi persona (professionista dei media, ricercatore, esperto o anche semplice cittadino) di pubblicizzare un’iniziativa realizzata daun media francese, vallone o svizzero-francese, con l’obiettivo di (ri)pensare il legame dei media con il pubblico.

Le iniziative sono selezionate solo se sono realizzate da media che possono essere considerati locali in senso lato (in breve: produrre informazioni su e per un territorio più piccolo di quello nazionale) e che impiegano almeno un giornalista professionista. Oltre a questo approccio di crowdsourcing, il team stesso contribuisce alla banca dati e svolge un lavoro di verifica e modifica delle proposte di partecipazione. Alla fine di giugno 2019 sono state individuate quasi 250 iniziative; un elenco che dovrebbe crescere ulteriormente nei prossimi mesi. Nonostante alcune limitazioni, il database offre alcune interessanti prospettive di studio. La griglia di prima lettura, fornita nella versione pubblica, è una categorizzazione di ogni voce per tipo di iniziativa. In questo modo è possibile trovare, attraverso dei filtri, iniziative che utilizzano lo stesso formato, come un caffè dei lettori, una conferenza editoriale aperta, una richiesta di contributi o altre iniziative.

In che modo il pubblico è coinvolto nelle iniziative mediatiche?
Più dei tipi di iniziative, è il modo in cui il pubblico è coinvolto che ci ha interessato specificamente. Per fare questo, abbiamo sviluppato una classificazione che raggruppa il 95% delle iniziative in otto categorie distinte. Queste categorie sono state pensate nel modo più esclusivo possibile, individuando il carattere dominante di ogni iniziativa. Aggiungiamo che queste categorie devono essere considerate elastiche e plurali, esse inoltre coprono un’ampia gamma di pratiche.

Figura 1: Otto categorie per caratterizzare il coinvolgimento del pubblico nelle iniziative individuate. Le linee tratteggiate distinguono le categorie relative al processo editoriale da quelle che, a priori, non riguardano la produzione di informazioni.

Le ultime tre iniziative della Figura 1 sono di natura commerciale (benefici – sconti, concorsi), economica (sostegno finanziario, in particolare attraverso il crowdfunding o modelli di affiliazione) ed eventi (senza includere una prospettiva informativa). Le cinque categorie delimitate dai puntini corrispondono, invece, a iniziative che coinvolgono il pubblico in una logica editoriale, con diversi gradi di integrazione. Vengono distinti tra:

Osservazione
Questa categoria di coinvolgimento del pubblico rappresenta circa il 9% delle iniziative individuate (al 25 giugno 2019). In questi casi, al pubblico viene offerta una panoramica di uno o più aspetti del processo editoriale (scelta degli argomenti, produzione, distribuzione e promozione dei contenuti). Ciò conferisce loro lo status di osservatori, ovvero un ruolo piuttosto passivo. I media si sforzano di essere trasparenti e anche educativi attraverso meccanismi di apertura che rimangono relativamente controllati. Si tratta spesso di azioni di comunicazione su pratiche, occupazioni e scelte editoriali che raccontano la storia o mostrano il backstage del processo di costruzione dell’informazione, rispondendo ad una forte aspettativa di un pubblico che spesso ignora il funzionamento dei media, considerati delle scatole nere. Questa categoria comprende iniziative come visite editoriali, open day, opportunità di partecipare a conferenze editoriali, realizzazione di contenuti o pedagogia dell’informazione. Strumenti e piattaforme digitali (come Facebook Live) possono essere utilizzati qui per offrire all’utente questo status di osservatore.

Figura 2: Esempi di iniziative classificate come “osservazione” per il coinvolgimento del pubblico (come promemoria, il database regolarmente aggiornato è accessibile qui).

Dialogo
Questa categoria di coinvolgimento del pubblico comprende molte iniziative (18% all’interno del nostro censimento) che cercano di rispondere alla diffidenza o addirittura alla disconnessione del pubblico, organizzando incontri diretti o digitali per stabilire un dialogo tra giornalisti e il loro pubblico. Gran parte delle iniziative hanno avuto luogo tra il 2018 e il 2019, in forma di incontri, dibattiti, all’interno delle redazioni o in altri luoghi. Ci sono anche iniziative al di fuori delle redazioni che intendono concentrarsi su luoghi del territorio poco coperti o non coperti dai media. È questo il caso degli incontri itineranti organizzati in occasione di eventi specifici (elezioni, grandi dibattiti nazionali) che offrono la possibilità di mettere in scena queste azioni e dialoghi nella produzione editoriale.

Figura 3: Esempi di iniziative classificate come “dialogo” per il coinvolgimento del pubblico.

Contributo
Questa categoria comprende le iniziative che comportano il contributo di contenuti da parte del pubblico. È la più importante in termini di quantità, rappresentando quasi il 35% del censimento. Ciò è dovuto in particolare all’importanza del giornalismo partecipativo nello sviluppo digitale dei media negli ultimi vent’anni. La seconda spiegazione è la grande plasticità di questa categoria, che coinvolge testimonianze occasionali, pubblicazioni di produzioni editoriali (come i blog), commenti, opinioni o la condivisione di immagini e contributi video. Tuttavia, il punto in comune è che i giornalisti controllano il processo editoriale, che non viene delegato, come sottolinea la ricerca sul giornalismo partecipativo. Infine, c’è stato un recente sviluppo di questa categoria con meccanismi di contribuzione che esplorano temi specifici ritenuti “coinvolgenti” per il pubblico (ambiente, gestione dei rifiuti, grandi dibattiti nazionali, abitazioni malsane, ad esempio) per i quali il contributo è valutato come parte integrante del lavoro giornalistico (è il caso in particolare delle indagini collaborative).

Figura 4: Esempi di iniziative classificate come “contributo” al coinvolgimento del pubblico.

Consultazione
A differenza delle tre categorie precedenti, quella relativa alla consultazione del pubblico (11% delle iniziative individuate) può comportare un’influenza (che varia però da caso a caso) sul processo editoriale (scelta degli argomenti, angolazioni, formati, formati, offerte editoriali). La forma più antica è il panel dei lettori, che offre la possibilità di consultare campioni di lettori/ascoltatori/ascoltatori/visitatori per esplorare le loro percezioni e opinioni sui media. In una forma rinnovata (e basata su dispositivi di voto digitale, gruppi online e simili), la consultazione è più ampia e porta a scelte finali del pubblico, ad esempio, per gli argomenti che la redazione deve affrontare, e a deleghe parziali di controllo editoriale.

Figura 5: Esempi di iniziative classificate come “consultazione” per il coinvolgimento del pubblico.

Co-creazione
La co-creazione è la categoria che spinge più lontano la collaborazione tra giornalisti e pubblico. Riguarda solo il 5% delle iniziative e si esprime principalmente nella co-produzione di contenuti, talvolta preceduta da sessioni di formazione alla scrittura. Queste iniziative sono spesso realizzate in territori specifici, considerati non coperti dai media, come periferie, zone rurali isolate, o quartieri svantaggiati.

Figura 6: Esempi di iniziative classificate come “co-creazione” per il coinvolgimento del pubblico

“Dal giornalismo partecipativo all’engaged journalism”?
Questa categorizzazione del ruolo dato al pubblico fornisce una prima panoramica delle iniziative finora individuate nel nostro studio, che risponde a un obiettivo iniziale della ricerca accademica, ma anche a stimolare la riflessione dei professionisti, tracciando il campo delle possibilità, per fornire loro linee guida concrete su cui basarsi per le considerazioni che sono comuni alla maggior parte delle redazioni – locali e non solo.

La nostra prima analisi ci permette di identificare una certa diversità e di iniziare a pensare ai cambiamenti in corso nelle redazioni locali. Il nostro lavoro, comunque, ha anche dei limiti e richiede una serie di domande da esplorare. Queste sono affrontate da una seconda fase della ricerca, ora in corso. Si tratta di una decina di studi di caso di media belgi, francesi e svizzeri, in un approccio che aiuta a comprendere le pratiche delle organizzazioni e degli individui che vi lavorano e gli strumenti – soprattutto digitali – che utilizzano. L’approccio qualitativo è attento anche alla storia e alla cultura specifica dei media interessati e mette in luce come le iniziative siano integrate nelle strutture organizzative, nei processi lavorativi e nelle pratiche professionali.

Questi casi di studio esploreranno una questione chiave del progetto LINC: stiamo quindi assistendo alla nascita di una nuova forma di giornalismo, denominata “engaged”? Il termine “engagement” viene inteso come distinto dal coinvolgimento inteso dalle misurazioni dei click sui social network, e più ampio dell’impegno militante o politico: si tratta di “engagement” con il pubblico o con una comunità, che implica reciprocità nel rapporto tra media e pubblico.

Una possibile risposta è già evidente nel censimento realizzato. Infatti, si può osservare che per molte delle iniziative date, esse sembrano essere emerse in quattro ondate successive: prima quelle che fanno riferimento ai principi del giornalismo partecipativo (2010-2015), poi l’arrivo delle iniziative di crowdfunding (dal 2014), e infine un focus sulle azioni di dialogo e trasparenza (dal 2017), e l’integrazione del pubblico nel processo editoriale (2018). Queste ultime due ondate potrebbero far parte dell’emergere, nell’Europa francofona, di un giornalismo votato all’engagement, una dinamica già all’opera negli ultimi anni nel campo anglosassone (si veda in particolare il lavoro dell’Engaged Journalism Accelerator e il lavoro di Jake Batsell).

Il nostro progetto fornisce quindi una prima risposta, ma apre anche domande pressanti: come si integrano i tentativi di raggiungere il pubblico in processi e organizzazioni preesistenti? Con quale sostenibilità (sono mode temporanee o trasformazioni più profonde)? In che modo i giornalisti si appropriano di queste riflessioni e come possono realmente influire sulla produzione editoriale dei media? I media locali, nel loro dichiarato desiderio di riconnettersi al pubblico, hanno tratto insegnamento dal relativo fallimento del giornalismo partecipativo? E alla fine, quali strumenti può portare la ricerca per sostenere i media in questa trasformazione?

Il progetto LINC è ancora in corso. Vi invitiamo a mettervi in contatto per ulteriori informazioni o per uno scambio su possibili collaborazioni.

Articolo pubblicato originariamente in lingua francese, traduzione a cura di Simone Broggini.

L’Académie du journalisme et des médias dell’Università di Neuchatel (Svizzera)è parte del network Ejo ed è responsabile del nostro sito in lingua francese.

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