Nell’ultimo decennio il giornalismo si è confrontato con due sostanziali cambiamenti: quello prodotto dal web e quello prodotto dai social network. Per semplicità potremmo associare il primo cambiamento a Google e il secondo a Facebook. Il corollario di questa rivoluzione è internet, tecnologia convergente in grado di trasportare un qualsiasi oggetto digitalizzabile, video, voce, testo, immagini. Se questa premessa può apparire squisitamente accademica e asettica, con poca o nulla pertinenza con le dinamiche del giornalismo, è bene tenere presente che la rivoluzione introdotta nella prima e seconda fase di internet è il fenomeno che ha messo, e tuttora mette in discussione, il modo di fare giornalismo e l’essenza stessa del suo ruolo nella società.
Internet ha di fatto sovvertito l’intero sistema dell’informazione e, nonostante abbia iniziato a essere socialmente apprezzabile fin dall’inizio degli anni novanta, è in quest’ultimo decennio, e in particolare negli ultimi anni, che ha modificato radicalmente, in parte inconsapevolmente, le fondamenta della comunicazione e, di riflesso, l’esperienza e la pratica giornalistica.
Si è passati (vedi documento I paradigmi della comunicazione) da una comunicazione informazionale, basata su una trasmissione unidirezionale che prevede distribuzione di idee, informazioni e conoscenze via stampa e televisione, a una comunicazione relazionale. La differenza sostanziale è che la prima è fondata su un monologo, un flusso comunicativo unidirezionale, la seconda su un dialogo, vale a dire un flusso comunicativo bidirezionale o multidirezionale.
Per sintetizzare potremmo dire che il giornalismo dell’era pre-internet, basato su un paradigma informazionale, nel tempo ha lasciato progressivamente spazio a un paradigma relazionale. Detto in altre parole si è passati da un carattere monologico della comunicazione, proprio del paradigma informazionale, in cui il ricevente ha un ruolo rigido e passivo, a un contesto conversazionale che prevede un coinvolgimento attivo degli interlocutori.
Ne deriva che il giornalismo è sempre più lo specchio della conversazione che ha luogo in rete. Tutto ciò comporta un cambiamento radicale del ruolo delle strutture giornalistiche e dello stesso prodotto da loro creato: il significato della comunicazione nasce oggi dalla interpretazione, o meglio dalla sistematica cooperazione intepretativa che avviene nel momento in cui un messaggio trova spazio ed è diffuso in rete.
Tutto ciò porta a ulteriori considerazioni. Mentre in passato l’informazione era il corrispettivo di una trasmissione, con processi ben definiti, la cui esistenza si materializzava nel prodotto giornale, oggi l’informazione è un qualcosa che esiste di per sé in rete, ed è basata sulla relazione e confronto di idee che quest’ultima rende possibile.
Come ricorda Jeff Jarvis, rifacendosi alle teorie di James Carey, “Non è la stampa che informa il pubblico. E’ il pubblico che dovrebbe informare la stampa. La questione centrale del giornalismo è la conversazione, il dialogo che avviene tra la gente”.
Eppure, come nota Jarvis, la tendenza prevalente che governa la logica del giornalismo, è spesso improntata al passato e al modello del paradigma informazionale che abbiamo sopra descritto: essere di fatto l’entità che gestisce e controlla la conversazione. Eppure, che esista o non esista un giornalismo fondato sulle regole classiche, continuerà comunque a esistere una conversazione che esiste altrove, al di fuori dei media trasmissivi tradizionali. The conversation – afferma Jarvis – is occurring on its own.
At one end are the witnesses sharing, at the other the readers reading and interacting, asking their own questions, having their own say, passing on and recommending what interests them. No need for a gatekeeper. No need for a distributor. No need for a central hub. No tolerance for controllers…. Journalism is sometimes a subset of that conversation. It can add value. It can serve. But it should not think of itself as the creator of the conversation, the setter of the agenda
La collaborazione non può essere intesa solo con il concedere ai lettori la possibilità di commentare propri articoli, inviare foto… La collaborazione deve essere intesa – conclude Jarvis – come condivisione della pratica giornalistica: “The conversation is news”.
Tags:comunicazione informazionale, comunicazione relazionale, Facebook, giornalismo digitale, Google, James Carey, Jeff Jarvis, paradigma informazionale, paradigma relazionale, social media, tecnologia convergente