The Markup: indagare gli algoritmi che plasmano la società

26 Settembre 2019 • Digitale, Più recenti • by

https://themarkup.org/

Il ruolo del giornalismo è sempre stato quello di informare il pubblico non solo sull’attualità, ma anche su fatti ed eventi che, altrimenti, rischierebbero di passare inosservati. In quest’epoca di digitalizzazione, in cui chiunque produce e fruisce notizie, il quarto potere deve evolversi, aprendo le “scatole nere” dei big data, degli algoritmi e dell’automazione che multinazionali, governi e istituzioni tengono ben celati dallo sguardo dell’opinione pubblica.

La testata giornalistica tech-driven e no-profit The Markup, fondata nel 2018 e guidata dalla giornalista investigativa Julia Angwin, veterana del The Wall Street Joural e ProPublica – nonché vincitrice, nel 2003, di un Premio Pulitzer per giornalismo divulgativo – nasce proprio per investigare l’impatto delle tecnologie sulla società, con l’intenzione di implementare il metodo scientifico nel data journalism.

“Ho sempre creduto che prima o poi si sarebbe originato un campo giornalistico nuovo, basato su ciò che chiamo tech accountability in favore dell’opinione pubblica, ma ciò, nei miei venti anni di carriera, non è mai accaduto. Così, ho pensato che se non lo avessi creato io, mi sarai per sempre pentita di non averci neppure provato” ha affermato Angwin in un’intervista tenutasi ad aprile con Dan Gillmor all’International Journalism Festival di Perugia, parlando della genesi della redazione, creata inizialmente in collaborazione con Jeff Larson (un ex-collega di ProPublica) e Sue Gardner (direttrice esecutiva della Wikimedia Foundation).

The Markup, spiega Angwin, vuole unire il classico metodo empirico, basato sull’ideazione di un’ipotesi iniziale e un test finale, con la raccolta di dati su larga scala, usufruendo di sistemi di automazione con l’obiettivo di indagare l’impatto sociale delle tecnologie e della datificazione. Per fare ciò, il modello di The Markup vuole avvalersi di un team di data journalists che non si limitino ad analizzare dati preesistenti, ma che svolgano delle indagini mirate a raccoglierne di originali. A questo scopo, Angwin cita l’utilità del crowdsourcing, ossia la partecipazione del pubblico ai processi di raccolta dati, che permette maggiore copertura e velocità. Angwin, nel 2017, aveva già lavorato con ProPublica a un progetto basato sul medesimo approccio, il Facebook Political Ad Collector, il cui obiettivo era far luce sulla pubblicità politica targetizzata sulla piattaforma, affidandosi al coinvolgimento degli utenti. Il software, infatti, poteva essere installato sul proprio browser e, una volta aperto Facebook, avrebbe analizzato gli annunci pubblicitari politici e le informazioni di targeting, raccogliendo automaticamente i risultati ottenuti su un database.

“La crescita di informazioni è così grande che il giornalista deve diventare un filtro: un gestore di banche dati, un processore di dati e un analista di dati” scriveva Philip Meyer in Precision Journalism, libro del 1973 considerato uno dei capisaldi del data journalism odierno, riferendosi alla maggiore precisione e accuratezza del metodo scientifico, che sostituirebbe in tal modo il metodo oggettivo. L’obiettivo di The Markup, infatti, è quello di analizzare gli algoritmi che hanno un impatto diretto sulla società globale. In tal senso, la testata vuole porsi come pioniere di un metodo efficiente di data-driven investigative reporting così che, in futuro, anche altri potranno emulare il loro modello.

Gli ultimi mesi, però, sono stati molto turbolenti per The Markup. A causa di alcune fratture interne che hanno addirittura portato al momentaneo licenziamento della stessa Angwin da parte degli altri co-fondatori alla fine dello scorso aprile, il progetto ha rischiato di essere compromesso. Con Angwin, infatti, ben cinque dei sette membri che componevano il team editoriale hanno deciso di abbandonare il progetto, in segno di solidarietà. Ben presto però, la confusione generale e i cambiamenti al vertice hanno decretato il momentaneo “silenzio stampa” del giornale e, solo dopo la partenza definitiva di Larson e Gardner a maggio e il ritorno di Julia Angwin come direttrice editoriale, la testata è ripartita, con il ritorno dei giornalisti che si erano licenziati e l’aggiunta di Nabiha Syed come Presidentessa ed Evelyn Larrubia come caporedattrice per le indagini investigative.

L’inizio delle pubblicazioni di The Markup dovrebbe cominciare a breve, mentre, solo pochi giorni fa, è uscito il primo numero della loro newsletter che ha iniziato la trattazione del tema della privacy e la sicurezza delle informazioni personali online.

Il team della startup, infatti, ha deciso di collaborare con Revue, un servizio web per la gestione di newsletter che permette di bloccare i sistemi di localizzazione e tracking nell’invio e nella recezione dei messaggi. “Vi promettiamo che il nostro sito non vi esporrà a monitoraggio da parte di terzi, trarrà meno informazioni possibili su di voi e non monetizzerà mai i dati raccolti”, riporta la lettera, parlando in seguito di #PrivacyTax, ovvero il prezzo che The Markup è disposta a pagare per garantire la completa protezione e trasparenza degli abbonati. Prima di trovare Revue, infatti, la testata si era rivolta a Mailchimp, un colosso nel mondo dell’e-mail marketing, che garantiva la possibilità di disattivare la localizzazione, ma solo dopo un periodo di prova non specificato e sotto condizioni poco chiare. Così, la testata ha deciso di cercare altrove: “Revue è più costosa di Mailchimp, ma questo è il prezzo per la privacy che siamo disposti a pagare”, ha scritto Angwin alla fine della newsletter.

La scelta di The Markup è esplicativa della filosofia della testata e del suo approccio al mondo digitale, dove la monetizzazione dei dati è al centro dell’economia di Internet. Gli algoritmi che permettono ciò, alla base dei quali ci sono grandi quantitativi di dati personali dei lettori, sono un nuovo e potente modo di esercitare potere nella società odierna. Il sociologo Frank Pasquale, nel libro The Black Box Society, diceva che “La conoscenza è potere. Spiare gli altri mentre ci si nasconde è una delle forme più potenti di potere”, ma l’intento di The Markup è proprio quello di usare la conoscenza dei dati a loro favore, rendendo consapevole l’opinione pubblica.

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