Una mappa dell’Europa che lentamente si riempie di piccoli punti rossi. Dietro ogni puntino c’è una persona, un “testimone”, una storia delle tante forme che la violazione della libertà di informazione assume nel mondo imploso del giornalismo contemporaneo.
Si tratta dell’iniziativa di crowdsourcing Ushahidi Media Freedom, una piattaforma online multilingue, lanciata a fine maggio da Osservatorio Balcani Caucaso (Obc) e Index on Censorship per raccogliere casi di abusi e violazioni della libertà di stampa in Europa.
La piattaforma è parte del progetto europeo “Safety Net for European Journalists”, lanciato da Obc in collaborazione con Ossigeno per l’Informazione, la South-East European Media Organization con sede a Vienna e la studiosa Eugenia Siapera della Dublin City University. “Safety Net”, della cui rete transnazionale fanno parte anche 10 testate giornalistiche in Italia e Balcani, monitora e documenta le violazioni della libertà di stampa in Italia, sud-est Europa e Turchia, per sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica su un tema comune europeo come quello della libertà di informazione.
Cittadini-testimoni
Ushadidi, che significa “testimone” in lingua Swahili, è una piattaforma open source per raccogliere, visualizzare e geolocalizzare dati in una cartina interattiva. La piattaforma Ushahidi è stata ideata in Kenya durante la grave crisi politica del 2007 per aggregare, attraverso testimonianze dirette, casi di violenza, abusi e brogli elettorali. Nel giro di poco tempo, con il contributo di cittadini-testimoni, si compose una mappa interattiva che, mettendo insieme dati altrimenti dispersi ed illeggibili, costituì uno strumento utile per capire l’ampiezza della crisi in corso, dare visibilità alle violenze dell’esercito contro i civili, ed indirizzare gli aiuti umanitari.
L’esperimento, un buon esempio di mapping activism, una combinazione di attivismo sociale, citizen journalism e informazione geolocalizzata, attirò l’attenzione della Harvard Kennedy School of Government che in uno studio concluse che Ushahidi, come forma di giornalismo diffuso e partecipativo, risultò più efficace dei media convenzionali nella raccolta di informazioni in una situazione volatile e incerta, soprattutto nelle fasi iniziali della crisi e nelle aree rurali.
Da allora Ushahidi è diventato uno strumento collaborativo per raccogliere informazioni dal basso, attraverso canali multipli come SMS, dispositivi mobili e social network, usato soprattutto in situazioni fluide e complesse, come come crisi politiche, rivolte urbane, disastri ambientali, processi elettorali contestati, o per segnalare casi di corruzione.
Un racconto corale allarmante
Come denunciano sempre più frequentemente anche le organizzazioni internazionali, le libertà di stampa e di espressione stanno conoscendo un significativo deterioramento, mentre il mondo del giornalismo soffre l’impatto di una crisi economica persistente e della tumultuosa trasformazione dello scenario della comunicazione. Una trasformazione che porta con sé tante opportunità, ma anche nuove fratture, come quella tra generazioni diverse di giornalisti, e nativi più o meno digitali.
Su Ushahidi Media Freedom si sta componendo un racconto collettivo allarmante sullo stato della libertà e del pluralismo dell’informazione in Europa. Le oltre 170 storie raccolte sinora raccontano di abusi, licenziamenti, pressioni, intimidazioni, precariato, minacce psicologiche, nuove insidiose forme di censura, e tanta solitudine.
Di puntino in puntino, di storia in storia, si attraversa l’Europa, dal Portogallo alla Finlandia, passando da Danimarca e Germania, anche se metà delle violazioni segnalate ci portano in Europa sud-orientale e in Turchia. Sedici dei casi raccolti sinora riguardano ad esempio la Serbia dove, in seguito alla devastante alluvione che ha colpito il paese lo scorso maggio, si è scatenata una serie preoccupante di attacchi e limitazioni alla libertà di espressione contro chi ha criticato la gestione dell’emergenza da parte del governo.
E sempre in Serbia ci conduce lo “scandalo Informer“, un intricato caso di diffamazione, che ha visto coinvolta l’attivista montenegrina Vanja Ćalović, colpita da attacchi personali pesantissimi lanciati da un media di un altro paese, il quotidiano di Belgrado Informer. Secondo gli osservatori montenegrini, che denunciano un mondo inquietante di intrecci tra media e politica, si tratterebbe di un episodio di una campagna diffamatoria in corso da mesi, volta a screditare i rivali del premier montenegrino Đukanović.
Un problema di cittadinanza europea
Attraverso Ushahidi Media Freedom tutti possono contribuire a comporre la mappa delle limitazioni e delle violazioni a cui sono sottoposti giornalisti, blogger e media in tutta Europa, inviando una segnalazione dettagliata e i riferimenti alle fonti. Le segnalazioni, che possono essere anche anonime, vengono pubblicate sulla mappa interattiva solo dopo essere state verificate singolarmente da un team di esperti delle due organizzazioni promotrici.
Come sottolinea l’esperta Eugenia Siapera, Ushahidi “invita tutte le persone coinvolte nella pratica giornalistica, fotoreporter, blogger, freelance e cittadini attivi a condividere in modo sicuro una storia di abuso e limitazione della libertà di espressione. Il risultato è una mappa immediatamente leggibile che evidenzia il quadro complessivo della situazione in Europa, e le aree dove le minacce sono più concentrate, permettendo un’azione mirata e un approccio complessivo”.
Ushahidi Media Freedom raccoglie, infine, le necessità e i bisogni espressi dei giornalisti minacciati al fine di articolare soluzioni specifiche e animare un dibattito pubblico transnazionale che coinvolga cittadini ed istituzioni europee, perché l’informazione al tempo di Internet non ha confini nazionali ed è una questione di cittadinanza, al cuore della democrazia europea.
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