Per quanto la crisi globale dell’editoria stia in qualche modo attenuando gli effetti disastrosi che hanno determinato un cambiamento storico nello scenario della carta stampata americana, in Italia continua a persistere uno stato di crisi generale. Calo delle vendite e appena un accenno di ripresa per la pubblicità. Secondo quanto riporta il sito di Franco Abruzzo che cita come fonte un recente articolo del Sole 24 Ore, il settore registra, rispetto ai nove mesi del 2009, un modesto aumento di redditività, ma solo per effetto dei tagli occupazionali. Le imprese degli otto gruppi editoriali italiani quotati in Borsa avevano 21.378 dipendenti al 30 giugno 2008 e a distanza di due anni se ne ritrovano 18.176, il 15% meno.
Le società italiane hanno spesato, sempre al 31 dicembre 2009, 176 milioni di esodi incentivati pari a quasi l’11% del costo totale del lavoro, contro i 46 del 2008. Rcs ha varato un piano di riduzione dei costi per 200 milioni, concluso al termine dell’estate scorsa. Mondadori ha deliberato tagli per 170 milioni e l’Espresso ha già centrato il 70% di un piano di razionalizzazione da 140 milioni.
Gli editori italiani sono allineati a quelli esteri nel rapporto tra costo del lavoro e fatturato: 27,4% contro 28,6% a fine 2009. Ma il costo medio del dipendente è più sostenuto in Italia che all’estero: 78mila contro 54mila euro. L’Espresso e Caltagirone, con un costo medio tra 91 e 92mila euro, rappresentano la punta massima.
L’aspetto più problematico è il calo delle vendite. Tra l’agosto 2009 e lo stesso mese del 2010 Il Sole-24 Ore ha perso il 14,1% delle copie diffuse, Il Giorno il 13,2%, il Corriere della sera il 12,9% , La Repubblica e la Nazione il 7,8%, La Stampa il 7,2 per cento. Aumentano le copie Il Giornale (+7,3%) e Avvenire (+1,9%) ed è di buon auspicio per il settore l’exploit del Fatto quotidiano. A quindici mesi dalla nascita, il giornale diretto da Antonio Padellaro viaggia sulle 105mila copie, di cui 40mila in abbonamento, e si stima possa chiudere il 2010 con oltre 30 milioni di fatturato dopo gli 8,1 contabilizzati nel 2009, nei primi cento giorni di vita, che hanno generato 2,2 milioni di profitti e un dividendo di 756mila euro.
Non solo ristagna la diffusione, ma langue anche la pubblicità. Per il complesso dei mezzi di comunicazione, la raccolta è cresciuta, nei nove mesi, del 4,6%, pari a 6 miliardi. Ma per la stampa nel suo insieme il bilancio è negativo. Le vendite pubblicitarie di quotidiani e periodici sono scese, rispettivamente, dello 0,7% e del 7,3%, anche se non mancano i segnali di ripresa (Cairo e L’Espresso +7%, Rcs +6%, Class +5%, mentre registrano -6,6% Mondadori, -2,7% Caltagirone e -1,5 Il Sole-24 Ore). La pubblicità è decisamente aumentata, invece, tra gennaio e settembre 2010, per tv (+7%), radio (+11,2%) e internet (+17,6%).
Il Sole 24 Ore è uno dei giornali che paga più duramente la crisi. Secondo quanto denuncia il Cdr, durante la gestione Riotta il foglio di Confindustria ha perso 50 mila copie; la svolta generalista della testata, prosegue il Cdr, si è rivelata fallimentare e ha fatto perdere identità, lettori e abbonati. E per contenere ulteriormente i costi Il Sole passerà a un formato tabloid, abbandonando il formato tradizionale.
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