La stampa, gli errori e il problema drammatico del plagio

30 Dicembre 2006 • Etica e Qualità • by

Il Corriere del Ticino, 30.12.2006

«Se dobbiamo classificarlo, il 2006 dei me­dia anglosassoni è stato senza dubbio l’anno delle correzioni in ritardo». Lo afferma Craig Silverman, autore statunitense, sul suo sito www.regrettheerror.com, nel quale rac­coglie sistematicamente segnalazioni su errori commessi dai mezzi di informazione.

È record: due quotidiani statunitensi, il Raleigh News and Observer e il Charlotte Observer, si sono scusati per come hanno trattato il tema delle sommosse razziali avvenute in Nord Carolina… ben 120 anni fa. In confronto, il quotidiano Tal­lahassee Democrat che in maggio si è scusato per fatti avvenuti «solo» 50 anni prima, sembra es­sere stato velocissimo. Non fraintendiamoci: me­glio tardi che mai, soprattutto considerato che alle nostre latitudini i media tendono a non am­mettere del tutto i propri errori.

Partendo dal materiale raccolto, Silverman ogni anno stila una classifica che si snoda in diverse categorie. Vincitore della categoria « Errore del­l’anno » è il quotidiano Canada’s National Post che, convinto di essere in possesso di un clamo­roso scoop, non si è fatto molti scrupoli a dare credito alle dichiarazioni di uno scrittore irania­no che affermava che in Iran era appena passa­ta una legge che richiedeva ai non-Musulmani di indossare fasce di riconoscimento sui propri abiti. Il parallelo con quanto successo agli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale era ovvio, perciò il quotidiano canadese ha dedicato la pri­ma pagina alla notizia corredata da una gigan­tesca fotografia di ebrei ungheresi con la triste­mente famosa stella gialla cucita sui propri cap­potti. La notizia era totalmente falsa, ma era già stata ripresa in Nord America e in Europa. Cin­que giorni dopo, le scuse: «ammettiamo che nel divulgare questa storia non abbiamo esercitato abbastanza cautela e scetticismo, e che non ab­biamo controllato a sufficienza le nostre fonti». Un’ammissione dalla semplicità disarmante.

La denuncia più forte di Silverman non coinvol­ge però né il ritardo nelle correzioni, né gli erro­ri plateali. Secondo lui, il problema più grande dell’anno appena passato è stato quello del pla­gio. Ossia, la pratica dei giornalisti che negli ar­ticoli spacciano per proprio ciò che altri hanno scritto in precedenza. Un copia-incolla, nessuna menzione della fonte, la firma sotto l’articolo e il gioco è fatto. Ci si chiede se ci sono davvero più episodi di questo tipo o se semplicemente è diventato più sempli­ce scoprirli. Di certo, oggi c’è più monitoraggio che mai e Internet ha reso semplice smaschera­re questi imbrogli – ma anche farli. In un recente articolo apparso sul Newspaper Re­search Journal (n. 2, 2006), il professore di gior­nalismo americano Fred Fedler tratta il tema in modo approfondito, sottolineando come il con­cetto sia evoluto nel tempo: « nei secoli scorsi, gli scrittori consideravano addirittura un onore quando altri copiavano il proprio lavoro. Esse­re copiati era segno di grandezza, accresceva la reputazione». Ora, ovviamente, l’attitudine è di­versa: «i giornalisti di oggi sono virtualmente unanimi sulla condanna del plagio». Fedler ri­leva però che chi copia il lavoro di altri – se sco­perto – tra le scuse adduce quella di non sapere che si tratta di un comportamento poco etico: è quindi ovvia la necessità di definire meglio il pro­blema tramite codici etici, linee guida, discussio­ni pubbliche e una formazione professionale che vada al di là delle definizioni semplicistiche. Nell’era di Internet, in cui copiare un testo è di­ventata una questione di pochi secondi, si trat­ta di una priorità, anche se presumibilmente sa­rà una battaglia contro i mulini a vento.

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