Non si ferma il ddl sulla diffamazione

30 Ottobre 2012 • Etica e Qualità, Libertà di stampa • by

Manifestazione di ieri al Pantheon. Foto di Sara Sbaffi

A nulla per ora sono valse le polemiche e le critiche sollevate dalle categorie e dalle associazioni dei giornalisti contro il ddl diffamazione in questi giorni al vaglio del Senato. “La legge liberticida” come è stata definita da FNSI non è ancora scongiurata e minaccia di fatto di mettere il bavaglio all’informazione italiana. Per capirne di più abbiamo fatto qualche domanda a Guido Scorza, esperto di diritto dell’informazione e regolamentazione dei nuovi media, giornalista e docente presso il Master di diritto delle nuove tecnologie della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna.

 Via libera alla diminuzione fino ai due terzi della pena prevista a carico del giornalista per il reato di diffamazione a mezzo stampa in caso di pubblicazione della rettifica, questo quanto stabilito ieri dal Senato. Non ci sarà dunque il carcere per chi diffama e la sanzione massima sarà di 50 mila euro. Per il resto bisognerà attendere i risultati della seduta di stamani, in ogni caso l’Aula ha serie difficoltà nel portare avanti discussione e approvazione dell’emendamento. Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, ha commentato cosi “Il Senato si e’ assunto una grave responsabilità. Non ci fermeremo qui, anzi, la nostra azione si intensificherà da questo momento in poi”.

Norma Anti-Gabanelli e ammazza-blog

Ciclicamente viene presentato un piano di riforma che invece di modificare la vecchia legge 47 sulla stampa del 1948 e portare l’Italia ad un livello di libertà d’espressione paragonabile agli altri paesi europei, presenta degli aspetti da più parti indicati come pericolosi per la libera circolazione dell’informazione e pone un’attenzione sempre maggiore alle dinamiche delle news sui nuovi media.

Dopo l’allarme lanciato dalla vicenda del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di detenzione per aver pubblicato un articolo giudicato diffamatorio, il Parlamento italiano si è subito messo al lavoro per la proposta di nuove regole.

Che nuove regole fossero necessarie se ne discuteva da tempo ma il nuovo testo sulla diffamazione anziché riscontrare favore di pubblico sin dall’inizio ha creato molte polemiche. “Legge liberticida” è stata definita dalla Federazione Nazionale della Stampa italiana.

Le prime voci di dissenso si sono levate forte con la norma contenuta nel testo ribattezzata “anti Gabanelli”, un emendamento del senatore Pdl Giacomo Caliendo che mirava a rendere nulle tutte le clausole contrattuali che prevedono la tutela del giornalista da parte dell’editore in caso di diffamazione. Il giornalista che fa inchieste o articoli sgraditi secondo Caliendo in futuro avrebbe  dovuto rispondere di tasca propria a querele che – economicamente – non avrebbe mai potuto sostenere. Grazie all’appello di Articolo21, sostenuto da organizzazioni come “Il Popolo viola” e FNSI e da quotidiani come Il Fatto Quotidiano, sono state raccolte oltre 15mila firme e l’emendamento di Caliendo non vedrà la luce.

Tuttavia le polemiche rimangono, dato che le nuove regole coinvolgono anche i giornali on line. Dopo il decreto Romani, che allarga il suo raggio d’azione oltre il recinto disegnato dalla direttiva comunitaria 65 del 2007 in materia di attività televisive, si usa ancora una volta un pretesto pur di mettere mano alla libertà di chi fa informazione in rete. Eppure la Cassazione aveva di recente escluso i giornali on line dall’applicazione delle stesse regole che valgono per la stampa. Gli spazi on line su i quali la mobilitazione si è fatta sentire sono moltiplicati con il passare delle ore e anche l’enciclopedia telematica Wikipedia ha lanciato un appello.

Il parere di Guido Scorza

A 64 anni di distanza dalla legge sulla stampa, l’Italia ancora non è pronta ad accettare una nuova legge al pari delle altre democrazie occidentali: “In realtà non è il paese ma sono i parlamentari a non essere pronti – spiega Guido Scorza, esperto di diritto dell’informazione e regolamentazione dei nuovi media, giornalista e docente presso il Master di diritto delle nuove tecnologie della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. – Il paese chiede a gran voce di ammorbidire le sanzioni per i giornalisti. C’è un conflitto di interessi perché i parlamentari fanno le leggi e sono anche quelli che si ritengono più diffamati, mentre scrivono la legge pensano che potrebbero essere proprio loro parte in causa, questo è un paradosso”.

“Il carcere è stato rimpiazzato da pene pecuniare troppo alte. Per molti freelance o giornalisti on line in condizioni economiche precarie è più comodo farsi 14 mesi di carcere piuttosto che pagare quelle cifre”. Ma come si può sfruttare la caratteristica principale della rete, cioè la permanenza delle notizie on line, garantendo al contempo il diritto ad una corretta informazione, ad eventuali rettifiche e il diritto all’oblio? “Connettendo informazioni in rete, associando più posizioni diverse, sia chi scrive sia chi è oggetto delle notizie. Sarebbe auspicabile che ci siano le condizioni per affiancare posizioni diverse lasciando poi al lettore la decisione finale”. Gli effetti dell’approvazione di questo disegno di legge andrebbero a discapito delle fasce più deboli dell’ecosistema informativo: “Il primo effetto per carta, web e tv sarebbe che solo quelli più ricchi sarebbero messi nella condizione di fare informazione perché i rischi economici sarebbero sostenibili solo nei loro bilanci. Ma per i freelance e i giornalisti on line sarebbe troppo rischioso, si metterebbero a fare sport o cucina!”. A pesare nella proposta di legge e nel via libera dell’Aula potrebbe essere la vicinanza di una scadenza elettorale: “Come stiamo vedendo anche per le elezioni in Sicilia, nella prossima tornata elettorale si userà tantissimo il web, ci sono parecchi competitors, come il Movimento Cinque Stelle. Quindi è ovvio che frange più conservatrici del Parlamento vogliano neutralizzare la libertà dell’informazione on line”. Nella comparazione con gli altri paesi europei, l’Italia non fa una bella figura.

“Nel rapporto delle Nazioni Unite per la promozione e tutela della libertà di informazione – afferma Scorza – si cita l’Italia tra i Paesi nei quali, nonostante dal 2009 si sia fatto richiesta al governo di un invito degli ispettori delle Nazioni Unite per verificare lo stato della libertà di informazione, non ha ancora ottenuto risposta. In questo siamo più vicini a paesi che hanno grossi problemi con la libertà d’informazione – vedi Iran, Thailandia, Sri Lanka, Tunisia, Uganda, Venezuela e Bolivia – Soprattutto perché in nessun altro paese europeo esiste il diritto di rettifica per il blogger”. Tuttavia l’iter del ddl va avanti con il Parlamento che ieri ha bocciato il rinvio del testo in commissione. Nelle stesse ore la FNSI, Articolo21, Giulia e Popolo Viola hanno manifestato il loro dissenso con un sit in davanti al Pantheon di Roma. “E’ una brutta notizia ma la battaglia non si chiude qui – afferma a caldo Roberto Natale, presidente FNSI – L’opinione pubblica ha capito che si tratta di una legge bavaglio e di una legge punitiva nei confronti dell’informazione”.

Anche Stefano Corradino, direttore di Articolo21, è intervenuto: “Si tratta di una strumentalizzazione del caso Sallusti. Una legge del genere va fatta con un clima sereno e non come se fosse un regolamento di conti”.

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