Il lavoro del giornalista necessita spesso di segretezza. Proteggere una fonte, mettere al sicuro informazioni e coprire un’inchiesta prima della sua pubblicazione sono attività comuni per chi si occupa di giornalismo investigativo. La storia dell’informazione è fatta anche di discrezione e a volte misteri: i Pentagon Paper, lo scandalo Watergate fino al più recente lavoro redazionale svolto nel “bunker” della redazione del Guardian per preparare la pubblicazione dei cablo di WikiLeaks sono stati possibili anche perché i giornalisti coinvolti hanno potuto lavorare con i dovuti accorgimenti di sicurezza per proteggere il loro lavoro da intrusioni. Ma nell’era della Rete è ancora possibile mantenere un livello sufficiente di segretezza o il giornalismo e le campagne degli attivisti sono in costante pericolo per via delle insidie poste dal Web? In una recente panel discussion di re:publica, l’appuntamento berlinese dell’anno, il più importante in Germania, dedicato a censura, Internet e hacking, Jacob Appelbaum e il cyber-attivista Dmytri Kleiner hanno discusso di come Internet sia divenuto un luogo in cui la sorveglianza sulle comunicazioni si è fatta sempre più stretta per via della tecnologia disponibile e della mutazione del Www stesso, oggi privatizzato e controllato da grandi corporation affamate di dati sensibili dei loro utenti. Ovviamente, a essere più a rischio sono proprio quelle persone che operano sulla Rete e che si occupano di informazione o attivismo politico. I casi di censura in paesi poco o per nulla democratici sono noti e sempre più diffusi, insieme alle incarcerazioni di dissidenti che si sono esposti troppo in Rete.
Come proteggersi, quindi? A questa domanda ha dato risposta Giovanni Ziccardi, giornalista, docente e scrittore che ha pubblicato Il giornalista hacker, un ebook gratuito (si trova in molti store online, o qui) edito da Marsilio che vuole essere una guida minima all’hacking per giornalisti fornendo alcune nozioni base utili per rendere sicure le proprie attività in Rete. Nel volume, che è stato presentato al Festival del Giornalismo di Perugia, Ziccardi fornisce un decalogo di buone pratiche: crittografia, anonimato, cancellazione di dati, applicazioni portable, software come TAILS e hardware come i firewall che dal mondo dell’hacking possono tornare utili anche ai giornalisti. I file sono al sicuro? I recapiti di fonti sensibili sono sufficientemente protetti sul nostro hard disk? Ecco come cifrare dei dati per renderli inutilizzabili in caso di furto o intrusione: usando TrueCrypt, un software che crea delle chiavi per cifrare hard disk o chiavette Usb.
Ma l’esempio forse più preciso riguarda la possibilità di navigare in Rete nel completo anonimato senza esporsi al rischio di essere tracciati: Ziccardi fornisce una buona introduzione a Tor, il software ideato proprio da Jacob Appelbaum, che in modo molto intuitivo garantisce una connessione sicura a prova di intrusioni esterne. Ziccardi nella sua Piccola guida per un uso sicuro e consapevole della tecnologia espone in modo semplice e sintetico concetti che potrebbero, almeno sulla carta, spaventare i lettori: nel volume digitale non ci sono tecnicismi eccessivi e il testo risulta accessibile anche per chi a malapena mastica le basi dell’html, rendendolo un efficace bignami per un primo approccio alla materia.
È lo stesso Ziccardi, infatti, a suggerire un metodo: come l’hacking e la programmazione informatica sono sfide costanti al miglioramento di competenze, allo stesso modo il libro vuole essere un percorso verso l’accrescimento della consapevolezza tecnologica e non un manuale. Un buon punto di partenza per cercare di superare quel gap che spesso caratterizza i giornalisti: non riuscire ad affiancare alla competenza professionale e deontologica, una precisa conoscenza degli strumenti, anche quelli di utilizzo quotidiano.
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