Corriere del Ticino, 18.12.2009
Quello che sta accadendo agli Svizzeri, gli Austriaci lo hanno già vissuto sulla propria pelle: appena la volontà popolare, quasi a voler fare un dispetto, si dissocia dal consenso che ruota attorno alla «political correctness», tacitamente condivisa dall’élite politica, subito si scatena un grande parapiglia nel quale i vicini più grandi si avventano su quelli più piccoli e i media mainstream danno vita a un vero e proprio vortice mediatico.
La presunzione di questo atteggiamento risiede nella convinzione di conoscere ogni angolo della vita interiore del vicino più piccolo e sentirsi perciò in diritto di scriverne, ricamandoci sopra senza pudore o imbarazzo. È da non credere quale ruolo i simboli giochino ancora oggi nello scontro politico dell’Occidente illuminato. Ne è un esempio la trasformazione di un problema di natura edilizia e di estetica architettonica della città, in una questione di dignità umana e libertà religiosa. Come se in Svizzera ai musulmani non fosse consentito praticare la loro religione e alla Mecca le campane delle chiese e le voci dei muezzin competessero pacificamente per conquistare l’attenzione dei credenti. Inoltre, in base ai dati ricavati dai recenti sondaggi, emerge che il referendum popolare sulla questione dei minareti molto probabilmente avrebbe sortito risultati simili pure nei Paesi confinanti. Anche se bisogna comunque tenere presente che nel caso di questioni così delicate i risultati dei sondaggi non sempre sono pienamente attendibili. Molti di coloro che attraverso i media hanno predicato la tolleranza prima del referendum, hanno agito in modo intollerante all’indomani dello stesso. Accecati dal proprio zelo non hanno considerato un aspetto fondamentale: una convivenza a stretto contatto con un’altra cultura non implica soltanto una disponibilità all’integrazione da entrambe le parti, ma comporta anche tracciare un confine netto che indichi qual è il limite a coloro che rifiutano di integrarsi e di riconoscere e rispettare la cultura del Paese che li ospita. Se l’esito del referendum in Svizzera fosse stato interpretato anche alla luce di questa riflessione, allora non sarebbe risultato tanto «scandaloso» – purtroppo solo in pochi lo hanno fatto. Tanto più che gli Svizzeri sono un popolo estremamente ospitale e tollerante verso l’elevata percentuale di stranieri che vive nella Confederazione. Per rendersene conto bisognerebbe fare l’esperienza di vivere in Svizzera da straniero e, per poter misurare il grado di ospitalità e tolleranza, aver vissuto in precedenza in qualche altro Paese straniero.
Piuttosto i pericoli che si profilano intorno alla questione dei minareti sono l’escalation e le false alleanze che ora si costituiranno con la possibilità di aprire più di una strada ai fondamentalisti. Il rischio invece insito nel vortice mediatico è il fatto che spesso indirizza l’attenzione dell’opinione pubblica su «falsi» temi. Proprio come successe con gli austriaci qualche anno fa. Nel momento in cui Jörg Haider raggiunse il suo successo elettorale, Putin piuttosto indisturbato poté guidare la sua crudele guerra contro la Cecenia mettendo a ferro e fuoco un intero Paese. E i media, tra le due questioni, diedero priorità alla prima concentrandosi sullo screditamento dell’Austria agli occhi degli altri Paesi.
Tornando al presente, anche l’Europa tollera che in Italia un presidente del Consiglio controlli le Tv e i media più importanti del Paese, denigri i poteri della Corte costituzionale e il capo dello Stato, e da anni promulghi leggi ad personam. Tutto questo non viene completamente tralasciato dai media mainstream europei, ma nemmeno trattato come il caso richiederebbe. D’altra parte sono troppo occupati a saltare addosso alla più antica democrazia europea, la piccola Svizzera.
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