Il Corriere del Ticino, 7.8.2007
Attenti alla stampa economica, non è più quella di prima. E non è certo una buona notizia. Partendo da New York, passando attraverso Parigi per arrivare a Milano, l’estate ha riservato molte notizie poco confortanti.
La più importante riguarda il più grande quotidiano americano, il Wall Street Journal, che è stato venduto per cinque miliardi di dollari al magnate mondiale della stampa Rupert Murdoch. Il Journal, come lo chiamano familiarmente i lettori statunitensi, si è costruito in decenni di storia la reputazione di quotidiano indipendente, ben informato, affidabile. Certo, nella pagina dei commenti è molto profilato a destra, ma siccome i quotidiani Usa tengono rigorosamente separate la redazione «news» da quella degli editoriali la reputazione non ne aveva risentito. Gli articoli di prima pagina e le inchieste sono da sempre ritenute molto serie, circostanziate ed affidabili. Lo saranno anche in futuro? La domanda è lecita, considerando il profilo di Rupert Murdoch, il megaeditoriale mondiale che possiede, tra le altre testate, il Sun, e il Times di Londra, il New York Post e la rete tv Fox News. Murdoch ha, innegabilmente, grande fiuto editoriale: sa come far vendere i giornali. Ma l’indipendenza e l’autorevolezza non rientrano tra le sue virtù. Al contrario, ama usare le sue testate a fini politici. Si sa, ad esempio, che da 15 anni condiziona i primi ministri britannici, indipendentemente dal loro colore politico: prima il conservatore Major e poi il laburista Blair erano Murdoch-dipendenti. Per non parlare di Fox News: la tv più settariamente intimidatoria e faziosa del mondo occidentale. Al Wall Street Journal sono molto preoccupati. Murdoch ha giurato che rispetterà la tradizione del quotidiano, ma i reporter non gli credono e sono persuasi che finirà per condizionare pesantemente il giornale. In Europa non stiamo molto meglio. Da qualche settimana i giornalisti del quotidiano economico francese Les Echos sono sul piede di guerra, perché il loro editore, il britannico Pearson, che possiede anche il Financial Times, ha messo in vendita la testata. E chi vuole comprarla? Bernard Arnault, numero uno del colosso mondiale della moda LVMH. Anche le credenziali di Arnault non sono ottimali: possiede già l’altro quotidiano economico francese, La Tribune, di cui si libererebbe in caso di acquisto di Les Echos, ed è noto per incidere sulla fattura del giornale. «L’offerta di Arnault stride con la nostra linea editoriale ed è un attacco all’arma bianca contro la democrazia economica della stampa di questo Paese», ha scritto il direttore Jacques Barraux, sostenenendo la protesta della redazione. Come dire: anche in questo caso l’indipendenza è a rischio.
A Milano il Sole 24 Ore non è in vendita, ma il suo direttore Ferruccio De Bortoli ha dovuto fronteggiare un attacco durissimo da parte di uno dei banchieri più influenti, l’amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo. La sua colpa? Aver pubblicato un articolo che, citando i dati forniti dal Commissario governativo della Parmalat (dunque una fonte ufficiale) dimostrava come Unicredit – assieme ad altre banche – aveva recuperato più di quanto avesse prestato al gruppo di Collecchio. Ovvero, dal crack si era arricchita. Profumo si è infuriato con De Bortoli, inviandogli una lunga e veemente lettera. Il direttore del Sole 24 Ore ha respinto punto per punto le accuse, definendone una «inaccettabile in un sistema democratico». Onore a De Bortoli, ma quanti altri giornalisti economici in Europa e negli Usa si sarebbero comportati come lui?
A Milano il Sole 24 Ore non è in vendita, ma il suo direttore Ferruccio De Bortoli ha dovuto fronteggiare un attacco durissimo da parte di uno dei banchieri più influenti, l’amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo. La sua colpa? Aver pubblicato un articolo che, citando i dati forniti dal Commissario governativo della Parmalat (dunque una fonte ufficiale) dimostrava come Unicredit – assieme ad altre banche – aveva recuperato più di quanto avesse prestato al gruppo di Collecchio. Ovvero, dal crack si era arricchita. Profumo si è infuriato con De Bortoli, inviandogli una lunga e veemente lettera. Il direttore del Sole 24 Ore ha respinto punto per punto le accuse, definendone una «inaccettabile in un sistema democratico». Onore a De Bortoli, ma quanti altri giornalisti economici in Europa e negli Usa si sarebbero comportati come lui?