Non solo gattini: perché servono più buone notizie

2 Marzo 2015 • Giornalismi • by

Un vecchio detto del giornalismo recita “If it bleeds, it leads” ed è ancora pienamente seguito dalla maggior parte delle testate, i cui titoli sono per lo più dominati da questioni come guerre, sangue, malattie e scandali. Eppure, secondo Charlie Beckett, già editor della Bbc e ora docente presso la London School of Economics, il pubblico ha ancora sete di notizie positive.

“Con la continua pubblicazione di notizie negative, il mondo ci viene presentato in un modo più fosco di quanto in realtà sia davvero”, ha detto Beckett durante un recente documentario radio della Bbc, intitolato “Good News Is No News”, cui hanno partecipato anche altri ospiti. Si fa fatica a non dargli ragione, dato che esiste a tutti gli effetti un’innata percezione per la quale qualcosa non abbia valore giornalistico se non è “disturbante o violento”.

“La razza umana non è mai stata più in salute, ricca e pacifica”, ha detto Beckett ai microfoni del broadcaster inglese, “le notizie descrivono certamente il mondo per quello che è, ma spesso (leggere le notizie, ndr) può sembrare un incubo o fornire un’immagine troppo negativa della vita reale”. Il documentario della Bbc è andato in onda nello stesso mese in cui la fondatrice dell’Huffington Post, Arianna Huffington, a sua volta ospite della trasmissione, ha lanciato HuffPost Good News, l’ultimo arrivato di una serie di esempi giornalistici dedicati alla produzione e alla diffusione di notizie con un tono più positivo. Altri citabili, in questo settore, sono The Good News NetworkPositive News e sunnyskyz.com.

Ma le buon notizie danno al pubblico un punto di vista più sfumato?
Charlie Beckett è convinto che quando le persone vengono nutrite secondo una dieta mediatica fatta di violenza e crimine smettono anche di prestare attenzione, diventano impassibili e si sentono travolte dal senso deprimente di non poter cambiare alcunché dello status quo.

Sia che si sintonizzi sulle brutte notizie per scelta che per compulsione velata, il pubblico è bombardato comunque ogni giorno con i report su eventi recenti tragici come il volo della Malaysia Airlines scomparso, l’attacco a Charlie Hebdo o le violenze di Boko Haram. In passato, le persone erano in grado di ricordare dove si trovavano quando hanno sentito per la prima volta la notizia di una tragedia, oggi queste sono semplicemente troppe da contare e memorizzare.

Se da un lato è ovviamente importante che i cittadini siano informati su quanto avviene nel mondo, il coverage è comunque spesso troppo sbilanciato verso il negativo. Quando si tratta di certe parti del pianeta, come l’Africa centrale, le notizie negative superano di gran lunga quelle positive: La copertura data al virus Ebola ha, ad esempio, messo completamente ai margini contenuti sull’imprenditorialità locale di successo o sull’avanzata della classe media, ha citato in radio Beckett.

News is news per un motivo
Per Tony Gallagher, deputy editor del Daily Mail, intervenuto come ospite durante la trasmissione, le news hanno per loro stessa natura a che fare con ciò che esula dall’ordinario e questo porta inevitabilmente al coprire l’inusuale o il disastroso: “siamo in competizione per il tempo e l’attenzione delle persone e la realtà è che le brutte notizie vendono”, ha dichiarato il giornalista inglese.

Gallagher ammette in ogni caso che se da un lato il crimine sta effettivamente diminuendo non è possibile saperlo leggendo un giornale. Il suo Daily Mail, ad esempio, copre ancora il medesimo numero di crimini e casi di omicidio e quindi esiste il pericolo che il giornale non stia riflettendo su quanto accade davvero nel mondo. “Le notizie devono essere grintose, negative, interessanti e i lettori vogliono essere sorpresi da cosa leggono”, ha dichiarato ancora Gallagher a questo proposito.

Le buone notizie non sono necessariamente “fuffa”
Per molti vale ancora l’equazione secondo cui le buone notizie siano fuffa, come le foto dei gattini, o giochi di comunicato stampa che in realtà mascherano la verità con belle parole. A questo proposito Beckett ha fatto riferimento alla vicenda di Martyn Lewis, un ex autore della Bbc che, nei primi anni ’90, fu messo in discussione dai suoi colleghi quando spinse per avere più notizie positive in palinsesto, anche se il suo intento era semplicemente quello di bilanciare i contenuti, non di raffreddare quanto mandato in onda.

Come dicevamo, l’Huffington Post ha lanciato di recente la sua sezione dedicata alle buone notizie, ma senza diminuire l’attenzione riservata a quelle spiacevoli. “Gli articoli su cani e gattini sono il frutto che cresce più in basso, quello che facciamo ha davvero a che vedere con la verità”, ha dichiarato Arianna Huffington alla Bbc, “se non copriamo le notizie positive con la stessa attenzione e le medesime risorse che riserviamo a quelle negative, allora stiamo dando ai lettori una visione troppo enfatizzata della natura umana”.

Produrre notizie più complete e positive
Le news vengono sempre più condivise sulle piattaforme social – e per quelle positive dell’Huffington Post questo avviene tre volte di più che per quelle negative, ha dichiarato Arianna Huffington. La domanda che i giornalisti dovrebbero farsi allora è come produrre notizie positive che siano comunque rilevanti e vere.

L’inglese Positive News, ad esempio, è attivo da 10 anni e organizza anche workshop per i giornalisti su questo tema. Come altre testate, il sito vuole mostrare cosa sta davvero accadendo sul nostro pianeta, ma con un tono complessivamente più positivo. Le buone notizie, ha concluso Beckett, non dovrebbero essere considerate come giornalismo meno critico o meno indipendente. Al contrario, dovrebbero portare a una rappresentazione più accurata e completa della società, oltre che più votata al trovare delle possibili soluzioni per quanto accade. E, infine, dare più possibilità di scelta a chi legge.

Articolo tradotto dall’originale inglese

Photo credit: Ryan Forsythe / Flickr Cc

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