Credibilità : radio prima in classifica, TV ultima

15 Gennaio 2008 • Giornalismo sui Media • by

Il Corriere del Ticino, 15.01.2008

E dire che la radio doveva morire, schiacciata dapprima dalla tv, poi da Internet, resa obsoleta dalla cultura dell’immagine e dell’apparire. Qualche anno fa erano tanti i guru della comunicazione che la pensavano così. E invece oggi la radio si prende una straordinaria rivincita: in Italia, secondo un recente sondaggio dell’Osservatorio di Demos-Coop, è il mezzo di informazione più credibile.

E di gran lunga. Suscita molta o moltissima fiducia nel 60% degli interpellati, davanti ai quotidiani con il 38,3%, Internet con il 36,2% e la televisione, ultima con il 29,7%. Paradossalmente, però, la tv è la fonte di informazione più usata per sapere che cosa sia successo in Italia e nel mondo, con l’87% degli interpellati che la seguono ogni giorno, davanti alla radio 41,1% e ai quotidiani (30,2%).
Insomma, come ha titolato il quotidiano La Repubblica, tutti guardano la televisione, ma pochi si fidano. Potenza del telecomando e dell’abitudinarietà. Dal sondaggio emerge un dato significativo: i telespettatori sanno benissimo distinguere l’orientamento politico delle reti italiane. Nessuno crede più alla neutralità della Rai o di Mediaset, nemmeno delle «ammiraglie» come Tg1 o Tg5: la gente le guarda sapendo che sono marchi politici, spesso per confermare e rafforzare i propri orientamenti. Così l’elettore di centrodestra preferisce seguire l’informazione Mediaset e in particolare il Tg5, in quanto testata più autorevole del gruppo. Quelli di centrosinistra prediligono la Rai e in primo luogo il Tg1.
Ma quando gli italiani vogliono essere informati senza pregiudizi, capire, ragionare liberamente, partecipare, si rivolgono alla radio e sulle onde corte molti steccati politici vengono a cadere. Sono quattro le reti più seguite per l’informazione: le tre reti Rai e Radio24. Piace la capacità di affrontare e approfondire temi seri o legati alla vita quotidiana, che in tv non trovano spazio; viene apprezzato l’equilibrio dei conduttori e la loro capacità di porre a confronto persone che la pensano diversamente e che hanno finalmente il tempo di sviluppare le proprie argomentazioni. Viene sentita come una necessità vitale la possibilità concessa agli ascoltatori di esprimersi in diretta. È come se nell’era dell’immagine, la gente avesse bisogno di disintossicarsi, di rimettere in moto i neuroni, riscoprendo il potere della parola. Questo tra l’altro spiega anche la confortante resistenza dei giornali, ma la radio viene premiata per l’immediatezza, per il fatto di poter essere ascoltata anche svolgendo altre attività e di essere recepita come più libera, dunque meno condizionata da interessi politici o gruppi economici. L’effetto si riverbera anche sulle radio giovanili e d’intrattenimento, che ogni ora diffondono un breve radiogiornale, e che sempre più aprono spazi informativi. La radio piace anche ai cattolici praticanti (Radio Maria e Radio vaticana hanno un pubblico fedelissimo) e ai militanti dei partiti più profilati: leghisti, comunisti, verdi. Un tempo ci si sfogava scrivendo lettere al quotidiano di partito, oggi, sempre più, intervenendo in diretta all’emissione preferita.
Un successo che lo sviluppo di Internet non intaccherà. Anzi. La radio piò essere ascoltata on line e grazie a servizi come i podcast è possibile scaricare le trasmissioni preferite. Altro che in declino, la radio è destinata a durare, forse addirittura a crescere.

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