Il governo siriano ha di recente disconnesso il paese dalla Rete per alcuni giorni. Questa pratica sta diventando sempre più spesso utilizzata dai paesi che cercano di inibire le comunicazioni digitali interne e verso l’estero. Secondo una nuova ricerca, sessantuno nazioni sarebbero a serio rischio di completo blackout del Web. Internet è il campo di battaglia per la libertà di espressione in contesti dove la stampa e i media sono sotto controllo governativo e la censura filtra l’informazione. Egitto e Siria sono gli esempi più recenti di paesi dove l’accesso al Web è stato bloccato per fermare il flusso di notizie dentro e fuori i confini nazionali.Durante la Primavera araba, lo scorso febbraio, il regime dell’ex Presidente Hosni Mubarak riuscì a disconnettere tutti i provider egiziani e questo mese, nel corso di uno dei più duri momenti della guerra civile ancora in corso nel paese, il regime di Bashar Al-Assad ha potuto mettere offline l’intera Siria: settantasette network sono stati sconnessi e il 92% dell’Internet è stato messa offline, stando a quanto riporta Wired Us. Secondo Renesys, un’azienda americana specializzata nel monitoraggio dei network, tutti gli ottantotto blocchi di indirizzi Ip erano irraggiungibili “rimuovendo a tutti gli effetti la Siria da Internet”. Com’è possibile bloccare l’intero World Wide Web in un paese? E dove potrebbe succedere di nuovo?
Un nuovo report, da poco pubblicato da Renesys, fornisce alcuni dati statistici spaventosi su quanto possa essere facile, in ben sessantuno paesi, mettere completamente fuori uso Internet. Tra queste figurano la Groenlandia, lo Yemen, l’Etiopia e la Tunisia. Secondo Renesys la ragione è semplice: “in alcuni paesi, l’accesso internazionale ai dati e alle telecomunicazioni è fortemente regolato. Ci potrebbero essere solo una o due aziende in possesso di licenze ufficiali per fornire traffico voce e Internet da e verso l’estero e a esse è richiesto, per legge, di mediare l’accesso per chiunque altro”. In questi casi è estremamente semplice per un governo far partire un ordine di disconnessione. Potrebbe bastare una telefonata oppure staccare la corrente agli impianti elettici e la Rete sarebbe totalmente tagliata. Per via della facilità con cui questa operazione potrebbe essere portata a termine da un governo dittatoriale, la decentralizzazione dei servizi Internet è la chiave per i paesi che cercano di proteggere l’accesso al Web.
Le nazioni dove l’accesso alla Rete potrebbe essere bloccato sono quelle dove “il numero di provider che scambiano traffico con l’estero è molto basso”, ha dichiarato James Cowie, chief technology officer di Renesys. Più sono i provider esternalizzati su cui un paese può fare affidamento, più difficile sarà mettere Internet offline. Secondo la ricerca, “senza alcune sollecitazioni legali e linee guida da parte dalle autorità delle telecomunicazioni, la diversificazione nei mercati piccoli con un potere centrale molto forte potrebbe richiedere molto tempo”. Paesi con solo uno o due aziende “sul confine digitale” sono le sessantuno a grave rischio disconnessione. Dove invece i provider internazionali sono meno di dieci, i rischi sarebbero sensibili; dove sono più di dieci ma meno di quaranta il rischio sarebbe basso perché un blackout completo richiederebbe molti giorni e un enorme sforzo di mantenimento. Solo i paesi con più di quaranta provider connessi con il mondo esterno sarebbero “estremamente resistenti alla disconnessione di Internet” e tra questi figurano gli Stati Uniti, l’Olanda, il Canada e trentadue altri paesi, Italia e Svizzera comprese.
In molti paesi la situazione varia. L’Afghanistan, ad esempio, è un caso limite e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la sua Internet è ben connessa con i paesi confinanti. Questa caratteristica è un prodotto della storica frammentazione regionale del paese delle montagne: la Rete afgana è infatti costruita sulle infrastrutture terrestri provenienti dall’Uzbekistan, dall’Iran e dal Pakistan. Sarebbe molto complicato, per il governo di Kabul, decidere di “staccare la spina” alla Rete. Ma così non è nei sessantuno paesi in cui Internet è più in pericolo. Chi sarà la prossima Siria?
Articolo tradotto dall’originale inglese ‘Internet Blackout: Who Will Be the Next Syria?’ dall’autore