Alcune cose da imparare da Reported.ly

10 Dicembre 2014 • Digitale • by

First Look Media, la media company fondata dal magnate di eBay Pierre Omidyar, ha lanciato il suo secondo prodotto. Dopo The Intercept e dopo i ritardi e le polemiche sorte attorno a Matt Taibbi e John Cook e alla testata Racket ora apparentemente congelata, è la volta di Reported.ly, un marchio specificatamente dedicato ai social media e al reporting che è possibile realizzare a partire dagli Ugc.

Come descritto da Mathew Ingram su GigaOm, Reported.ly sarà un servizio news direttamente embeddato dentro ad ambienti social come Twitter, Facebook, Reddit e Medium che saranno utilizzati sia come fonti dei contenuti che come canali di distribuzione per creare “giornalismo nativo per queste piattaforme” invece di usarli come strumenti per dirottare l’attenzione dei lettori. Una testata fatta sui social media, con i social media, per i social media e con i linguaggi dei social media. Qualcosa ai confini tra Storyful e Bellingcat, il nuovo sito di Brown Moses/Eliot Higgins, ma mediato dal recente Verification Handbook.

A guidare la testata, Andy Carvin, giornalista con un passato alla Npr statunitense che si è guadagnato uno spazio importante per il suo eccellente lavoro su Twitter in occasione delle Primavere arabe, entrato in Firt Look Media qualche tempo fa. Assieme a Carvin, lavorerà una piccola redazione composta da altri cinque giornalisti sparsi nel mondo e in fusi orari diversi, inclusa l’italiana Marina Petrillo, già a Radio Popolare e a sua volta grande esperta di curation degli Ugc e Malachy Browne, già – non a caso – nella squadra di Storyful.

In questa fase iniziale, principalmente di brainstorming, Reported.ly non ha ancora un suo sito e utilizza Medium come piattaforma. Presentandosi ai suoi futuri lettori, il team di Reported.ly ha anche pubblicato – sempre su Medium – un testo che vuole essere una sorta di manifesto programmatico e, per certi versi, un codice etico. Il testo è una summa di best practice per il giornalismo fatto con gli strumenti digitali e un ritratto perfetto della cultura del giornalismo contemporaneo, almeno della sua frangia piu aggiornata e consapevole. Reported.ly ha deciso di parlare di se stessa ai suoi lettori, cosa già di per sé non scontata, e di farlo prima di partire: ecco cosa faremo, come e perché.

Un codice etico, si diceva. Il team guidato da Andy Carvin promette ovviamente di mantere fede a quelli che sono i principi del giornalismo classicamente inteso, punti saldi come la fedeltà solo alla proprià indipendenza editoriale e abnegazione ai fatti. Fin qui, regole che ogni redazione che si rispetti dovrebbe avere ben chiare e appese alle sue pareti. Il decalogo di Reported.ly, però, guarda oltre e mira a espandere e a portare quei principi nel contesto in cui il suo team opererà: quello della conversazione.

Ci sono almeno tre direttrici che sembrano sorreggere le regole che la nuova testata ha deciso di darsi nell’elencare i suoi “core values”: trasparenza, apertura e tecnologia. Alla prima fa capo, ad esempio, l’accountability nelle scelte editorali, nel voler riconoscere, segnalare e correggere i propri errori in modo chiaro, palese e umile: siamo giornalisti, non guru, scrive il team di Reported.ly, e come tali facciamo errori e vi preghiamo di farceli notare. Alla dichiarata apertura fa capo la volontà di aprire il proprio processo di creazione delle news ai propri lettori, a renderli partecipi, collaborando al fine di fare del giornalismo migliore, a cominciare dal question time di ieri sera, dove tramite l’hashtag #AskReportedly il team ha chiesto ai suoi lettori di fare domande sul nuovo progetto o suggerire idee con la promessa di farlo regolarmente:

Ma il richiamo all’apertura è dichiarato anche nella volontà di ripensare le fonti a disposizione andando oltre ai soliti circuiti “degli esperti”, aprendosi – di nuovo -, con le dovute verifiche e controlli a quanto i social media hanno da offrire: il già citato Eliot Higgings ne ha fatto un marchio di fabbrica e si è ritagliato un posto come fonte autorevole per grandi testate internazionali. È tempo che questo approccio diventi un modello.

Un altro punto cardine è il riferimento alla “generosità” e alla cultura di condivisione di Internet, ancora una volta un manifesto programmatico del fare giornalismo online sfruttando al massimo le potenzialità offerte dagli strumenti digitali, un approccio che parte dall’avere una comunità di lettori/utenti cui offrire un servizio e con cui avere uno scambio costante. A tenere insieme il tutto, la tecnologia: compresa nel profondo, adottata, adattata alle proprie necessità e trasformata in linguaggio. Senza paure anacronistiche o superficialità.

In una pagina Web, Reported.ly ha riassunto questo “momento” del giornalismo, calandocisi completamente in mezzo, rispondendo alla chiamata. A questo punto, la prova dei fatti sarà doppiamente interessante perché sarà un banco di prova per quanto affermato programmaticamente, ma soprattutto metterà a giudizio un’idea di giornalismo cui è finalmente ora di provare a dare fiducia. Per il momento, per citare Andy Carvin stesso: “Come along for the ride”.

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