Il giornalismo sostiene inevitabilmente il populismo?

7 Novembre 2016 • In evidenza, Media e Politica • by

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Donald Trump si prepara a un’intervista (Gage Skidmore, Flickr CC, BY-SA 2.0)

Nella prassi giornalistica contemporanea ci sono degli importanti punti deboli che permettono ai partiti populisti e ai loro leader di manipolare la stampa e di interferire nei processi democratici. È essenziale che i giornalisti ne siano al corrente e che reagiscano di conseguenza.

Il populismo si sta rafforzando in molti Paesi democratici, mettendo alla prova i fondamenti giornalistici di obiettività, onestà ed equilibrio e mostrando che ci sono dei limiti evidenti anche in certe abitudini giornalistiche consolidate. Se i giornalisti e le organizzazioni mediatiche non reagiscono, le libertà fondamentali di cui godono i cittadini delle società democratiche potrebbero essere seriamente a repentaglio. 
Non è la prima volta che le società devono affrontare questa sfida: il populismo, infatti, ha avuto vari picchi e depressioni nel corso della storia, e si è solitamente dimostrato più forte durante i periodi di disordine economico e sociale. Il fenomeno è basato sui sentimenti individuali e collettivi di insicurezza, disaffezione, frustrazione, scontento e ira e l’ideologia che generano è associabile sia alla politica di sinistra che a quella di destra.

La lista dei leader e delle organizzazioni populiste degli ultimi anni comprende certamente Silvio Berlusconi in Italia, Jean-Marie e Marine Le Pen del Front National in Francia, Geert Wilders nei Paesi Bassi e Donald Trump negli Stati Uniti. Organizzazioni politiche come la Alternative für Deutschland, il partito Legge e Giustizia (Pis) in Polonia, il Partito d’Indipendenza nel Regno Unito, il Tea Party e persino i movimenti Occupy negli Stati Uniti sono tutti basati, su livelli diversi, su elementi tipici dell’ideologia e della retorica populiste. Il populismo è potente perché persuade i cittadini basandosi sulle paure più comuni del genere umano: minacce da parte dei migranti, perdita di identità, riduzione dell’autonomia e del controllo della propria vita, perdita di comfort materiali e un generale timore nei confronti dell’ignoto. Queste paure sono reali e non possono essere ignorate facilmente.

Alcune ricerche hanno dimostrato come alti livelli di incertezza, sensazione di minaccia e ansia producano cambiamenti sia psicologici che fisiologici e reazioni di paura più intense. Più sono forti la sensazione di pericolo e di paura, ad esempio, più aumenta la probabilità che le persone sostengano soluzioni populiste. 
Per il giornalismo e per le persone che credono nei fatti e nella ragione, il populismo rappresenta una serie di sfide importanti. La base dell’adesione al populismo tende infatti a provenire generalmente da individui mal informati o che credono ai leader populisti sulla parola. Questi individui reagiscono solitamente con forte coinvolgimento e tendono a essere ipersensibili alle minacce e ad avere reazioni di paura esasperate. Spesso ignorano prove contrarie, argomenti logici o opinioni di esperti, perché credono che facciano parte di manipolazioni e complotti da parte delle élite, o che solo loro siano in grado di vedere la verità.

Il populismo contemporaneo, in particolare, è caratterizzato da un insieme di elementi: insoddisfazione verso i governi, ira contro le condizioni economiche e lavorative, paura e scontento verso l’immigrazione e predisposizione ad adottare soluzioni e spiegazioni semplicistiche. La democrazia rappresentativa, in questa prospettiva, viene percepita come controllata da élite corrotte che devono essere eliminate e la divisione dei poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario è vista come indesiderata, come qualcosa che riduce e limita l’efficacia del governo e che ostacola l’agenda populista. I populisti credono che i governi possano cambiare le condizioni economiche e sociali in modo facile e veloce, e la loro visione del mondo contiene elementi d’aggressivo nazionalismo e isolazionismo.

Per promuovere le loro visioni, i leader populisti fanno ricorso, quasi ovunque, a iperboli, affermazioni inesatte e demagogia, mostrando tratti narcisisti e disprezzo per gli altri. I loro strumenti retorici non inducono reazioni negative tra i sostenitori, ma li rafforzano e ne reclutano dei nuovi e, non da ultimo, offrono straordinarie storie e prime pagine ai giornalisti e alle organizzazioni mediatiche.

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Marine Le Pen assediata dai giornalisti (Rémi Noyon / Flickr CC / BY 2.0)

Fallimenti delle notizie
Il populismo sfrutta la fragilità del giornalismo proprio con questo approccio alla selezione delle notizie e queste prassi giornalistiche. Pubblicizzando le dichiarazioni stravaganti e gli stratagemmi comunicativi dei leader populisti e trattandoli in modo imparziale, riportando accuratamente i contenuti dei loro discorsi e delle loro azioni, i giornalisti finiscono inevitabilmente per farsi strumentalizzare in modi che stravolgono o nascondono la verità. Così facendo, idee malvagie, antitetiche alla democrazia, alla dignità umana e alla conoscenza, vengono diffuse regolarmente senza alcuna correzione o critica, mettendo a rischio i valori fondamentali su cui si basano le pratiche giornalistiche.

Parte di questo problema, ad esempio, comprende il fatto che la selezione riguardante cosa trattare sia influenzata dai principi di novità, rarità, imprevedibilità e devianza. Le manifestazioni e i discorsi populisti prevedono tipicamente tutti questi fattori, ottenendo così inevitabilmente l’attenzione dei giornalisti e delle redazioni. Questo aiuta certamente i populisti, ma genera anche fallimenti significativi anche nella copertura delle notizie di per sé.

1) Una cronaca precisa non è sempre rappresentativa
Questi fallimenti non riguardano la precisione della cronaca, perché la maggior parte dei media riportano i discorsi, le opinioni e la retorica populisti in modo preciso. I problemi riguardano piuttosto la precisione, il fact-checking, l’equilibrio, l’imparzialità e l’inerzia di fronte alla manipolazione. Gli errori di precisione avvengono quando i giornalisti riportano in modo accurato quanto viene detto, senza però illustrare in modo completo il quadro della situazione ai lettori, agli spettatori e agli ascoltatori. Quando determinati articoli contengono affermazioni basate su menzogne e disinformazione, che non vengono messe in discussione dai giornalisti o non contengono obiezioni di altri partiti, una parte del pubblico le prenderà per vere e accertate. Un giornalismo di qualità dovrebbe identificare le affermazioni dubbie per evitare di ingannare il pubblico.

2) Riportare senza un controllo adeguato
Il secondo errore riguarda la cronaca non accompagnata da fact-checking e contestualizzazione adeguati. I giornalisti hanno il dovere, verso i lettori e la società democratica, di assicurarsi che le informazioni di ogni articolo siano quanto più veritiere possibili. Questo significa che i giornalisti devono fare di più che riferire meramente ciò che un politico ha detto, fornendo informazioni ulteriori che confermino o contraddicano le sue dichiarazioni, o mostrando quali affermazioni sono basate su disinformazione e prese erroneamente per fatti. I giornalisti devono esaminare affermazioni, trovando i fatti e rivelando le falsità.

3) Una cronaca equilibrata può alterare la verità
Il terzo errore nella cronaca sui leader e movimenti populisti avviene perché i giornalisti spesso non reagiscono adeguatamente all’ideale della cronaca equilibrata. L’idea di equilibrio, per la quale si devono riportare entrambe le versioni di un fatto, spesso finisce a sua volta per distorce la verità. L’idea che ci siano due versioni è già sbagliata in partenza, perché di solito ci sono molteplici versioni di una storia. Il vero errore, però, avviene quando una presentazione bilanciata dà ai lettori l’impressione di dover dare a ogni versione lo stesso peso.

Questo problema di falsa equivalenza diventa significativo quando si scrive dei populisti o di altri movimenti simili, perché alcune idee dovrebbero essere semplicemente ignorate, ripudiate o denunciate. Non tutte le idee hanno lo stesso valore e, quindi, non dovrebbero essere presentate in questo modo. 
I giornalisti devono aiutare i lettori a distinguere le idee ragionevoli da quelle non ragionevoli. Questo problema diventa particolarmente importante quando si riportano dichiarazioni e posizioni basate su disinformazione, rappresentazioni errate e bufale. Come si può equiparare la verità con una menzogna? È proprio quando restano irragionevolmente neutrali, che i giornalisti aiutano inevitabilmente a diffondere falsità e menzogne, promuovendo anche le cause dell’odio o del razzismo.

4) I giornalisti devono essere onesti anche nei confronti del pubblico
Il quarto errore riguarda l’onestà del loro lavoro. I giornalisti hanno infatti l’obbligo di essere onesti con le persone di cui riferiscono, ma anche con i destinatari dei loro contenuti. Il dovere di trattare in modo onesto non significa però permettere che rappresentazioni errate, esagerazioni, falsità e menzogne vengano disseminate senza freno. Quando si presenta un conflitto tra l’obbligo d’onestà verso coloro su cui si riferisce e il pubblico, il dovere verso lettori, spettatori e ascoltatori dovrebbe prevalere.

5) I populisti sono in grado di controllare le abitudini giornalistiche
Il quinto errore, infine, è ignorare o non reagire alle manipolazioni. Molti leader populisti hanno imparato a controllare le abitudini giornalistiche a loro vantaggio e i giornalisti devono fare di conseguenza molta attenzione quando manifestazioni, discorsi e risposte populiste a eventi e sviluppi pubblici – come attacchi terroristici, paura degli stranieri, Medio Oriente in difficoltà e economie stagnanti – vengono palesemente usate per ottenere l’attenzione dei media o per stravolgere la copertura mediatica. I giornalisti dovrebbero impegnarsi a assicurare che la cronaca non sia eccessivamente reattiva al linguaggio e alle dichiarazioni deliberatamente provocatori. Non prestare una particolare attenzione alle manipolazioni rende i giornalisti complici del populismo.

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Il politico tedesco Bernd Lucke di Alternative für Deutschland parla con la stampa (Metropolico.org / Flickr CC / BY-SA 2.0)

Come parlare di populismo senza promuoverlo
C’è poco di concreto che i giornalisti possano fare per superare la paura e l’ignoranza dei populisti, anche perché molti di questi non sono lettori o spettatori regolari di media di qualità. Chi fa informazione, però, dovrebbe assicurarsi che coloro che fruiscono i loro giornali o canali capiscano chiaramente come il populismo sia una minaccia urgente. Per questa ragione i giornalisti dovrebbero assicurarsi di identificarla e riferire del suo arrivo in modo tempestivo e poi continuare a parlarne in modo attento e critico, senza diventarne portavoce involontari e finire per reclutare nuovi sostenitori. Come giornalisti, dobbiamo essere più consapevoli del tipo di cronaca che forniamo, se le nostre scelte alterano la copertura mediatica o ci permettono di essere manipolati e dobbiamo anche avere ben chiari gli effetti indesiderati del nostro lavoro.

Le pratiche giornalistiche non sono intoccabili, ma esistono per aiutare i giornalisti a servire meglio il pubblico e la società democratica. Un’adesione sconsiderata e acritica a queste pratiche, come a quella dell’equilibrio, diventa un pericolo per questi obiettivi. I giornalisti si devono chiedere in continuazione se sono meramente leali alle loro pratiche oppure se sono leali al pubblico e alla democrazia. 
Il populismo continua a essere un pericolo per quest’ultima ed è quindi nostra responsabilità, come cittadini e come giornalisti, assicurare una reazione efficace a esso e offrire una cronaca che dia al pubblico le informazioni di cui ha bisogno per valutarne accortamente i suoi elementi, i punti deboli e le sue minacce. Da questo dipende il futuro stesso della democrazia.

Questo articolo è un estratto dal keynote di Robert G. Picard “Journalism, Populism and the Future of Democracy” tenuto al 40th Anniversary Symposium dell’Institut für Journalistik della Technische Universität Dortmund, il 28 ottobre 2016 .Articolo tradotto dall’originale inglese da Georgia Ertz.

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