I margini di manovra per i giornalisti e i media indipendenti in Russia diventano sempre più ristretti. Da diversi anni, infatti, il dominio dei media statali è tale da sostanzialmente segregare le voci libere in una nicchia isolata all’interno del panorama mediatico russo. I fruitori dei media indipendenti russi sono spesso pochissimi relativamente alla grandezza del Paese e ai suoi 140 milioni di abitanti: mentre quasi il 90% della popolazione si informa prevalentemente tramite la televisione statale, che si riceve persino nei villaggi più remoti, le tirature di giornali indipendenti come Nowaja Gazeta, o del giornale economico Wedemosti sono tanto basse quanto i click sui siti indipendenti.
Nonostante questa situazione complessa, in Russia esistono ancora giornalisti e media indipendenti che, nonostante le difficoltà, sfruttano il web per pubblicare storie investigative e articoli informativi anche su temi normalmente giudicati tabù, come la corruzione del Cremlino e dei funzionari locali, oppure opinioni critiche sulla Cecenia e il coinvolgimento della Russia nella guerra in Ucraina.
Rbc sotto nuova direzione pro-governo
Quanto però i media critici possano essere alla mercé del governo e quanto facilmente possano essere messi sotto pressione, è mostrato dalle azioni delle autorità contro l’azienda mediatica RosBusinesConsulting (Rbc). Dopo i raid e le indagini del maggio scorso, la Caporedattrice del gruppo Elizaveta Osetinskaya, il capo dell’agenzia d’informazione Rbc Roman Badanin, così come il Direttore dell’omonimo giornale Maxim Soljus, hanno dovuto lasciare i loro posti di lavoro.
Il portavoce del Presidente russo, Dmitri Peskow, ha negato l’esistenza di pressioni politiche nei loro confronti. Anche il direttore generale del gruppo, Nikolai Molibog, dal canto suo, si è limitato a comunicare che non si era arrivati a un accordo riguardo agli sviluppi dell’azienda.
Tra i giornalisti moscoviti è stato però da subito chiaro come questo fosse un segnale chiaro: Rbc aveva collaborato infatti alla pubblicazione a livello mondiale dei Panama Papers, sotto il coordinamento del giornale tedesco Süddeutschen Zeitung. Sarebbe stato proprio dopo la pubblicazione di questi materiali che sarebbero cominciate le pressioni sulla redazione: tra le rivelazioni di Rbc, ad esempio, vi erano gli affari offshore del violoncellista Sergej Roldugin, considerato amico stretto del presidente Vladimir Putin. Ma già in precedenza altre pubblicazioni critiche avevano suscitato l’ira del Cremlino. Il gruppo editoriale appartiene all’oligarca Michail Prochorov e si dedicava, oltre che alla cronaca economica e finanziaria, a temi politici complessi.
Il prestigio giornalistico maturato è dovuto ad alcune coraggiose inchieste che hanno attirato attenzione a livello internazionale, come storie sui soldati russi caduti in Ucraina, sui dettagli della corruzione nelle imprese statali, fino alle relazioni familiari del Presidente Putin.
Il solo canale televisivo di Rbc raggiungeva, secondo i dati interni della stessa azienda, circa 20 milioni spettatori al mese e rappresentava così un attore relativamente influente all’interno di un mercato dei media piuttosto uniforme. L’azienda era anche diventata un rifugio per molti giornalisti che avevano lavorato per altri media, ma non vi vedevano un futuro per il giornalismo indipendente. Nell’ambiente mediatico russo negli ultimi anni sono sorte sempre nuove limitazioni e attacchi, poi riassunte in un’inchiesta a tutto tondo dal portale Internet indipendente russo Meduza, pubblicata proprio in occasione delle azioni contro Rbc. La stessa redazione del sito si era spostata in esilio in Lettonia, dopo che lenta.ru, da cui provengono i giornalisti che lavorano ora a Meduza, si era visto togliere l’autorizzazione a lavorare in Russia.
Rbc non avrà probabilmente un destino simile, ma sotto la nuova direzione si è creato molto velocemente un ambiente diverso, amico del governo, come già denotano le prime affermazioni dei nuovi responsabili della redazione. Meduza, che lavora da Riga, ha pubblicato di recente un estratto della prima riunione di redazione di Rbc, in cui sono emersi alcuni riferimenti a certe “regole di circolazione” che andranno rispettate e a come sarebbe necessario attenersi in futuro a una linea editoriale specifica. La ex-caporedattrice Osetinskaya ha annunciato, invece, di voler lanciare un nuovo progetto mediatico.
Su un piano paragonabile a quello di Rbc, ora rimangono soltanto l’emittente radiofonica liberale Echo Moskwy, appartenente a Gasprom-Media, e il canale televisivo Doschd. Il canale tv indipendente ha però perso molta della sua popolarità e portata di recente, dato che è ora fruibile solo via Internet e dietro abbonamento. La redazione ha infatti subito una vera e propria ondata di ispezioni statali nel 2015 e già dal 2014 il canale aveva perso gli accessi per la ricezione via cavo e satellite dopo che il Cremlino aveva fatto pressioni sul gestore e lanciato una vera e propria campagna anti-Doschd. Il canale si era quindi trovato con l’acqua alla gola.
Una nuova legge limita le quote degli editori stranieri nei media russi
Il Cremlino però non si affida sempre a metodi simili: spesso, infatti, sono nuove leggi a causare conseguenze negative. Alcuni investitori stranieri si sono ritirati dal mercato russo da quando è entrata in vigore una nuova legge, lo scorso 1° gennaio 2016, che limita le quote di proprietà straniere al 20% massimo. In questo modo il governo russo vuole limitare il sostegno dall’estero dei media critici verso il Cremlino, motivando questa scelta con ragioni di sicurezza nazionale. Quella del Cremlino è una strategia mirata a controllare le alternative di finanziamento dei media indipendenti, al fine di prosciugarle.
Per questo motivo il gruppo tedesco Axel Springer ha rinunciato al suo impegno editoriale in Russia già nell’autunno 2015, dopo più di 10 anni di attività. A seguito del cambio di proprietà, anche la voce critica della rivista economica Forbes si è ammutolita, dopo anni di distinzione nella cronaca politica indipendente. Ora, sotto la guida dell’imprenditore Alexander Fedotov, la testata dovrebbe infatti astenersi dal toccare temi politici. All’inizio dell’anno, quando il nuovo proprietario aveva cominciato a immischiarsi sempre di più nel lavoro della redazione, il caporedattore Elmar Murtazaev aveva lasciato la rivista per “motivi personali”. Anche il complesso finlandese Sanoma aveva già lasciato in precedenza la sua partecipazione nell’anglofono Moscow Times. La persistente crisi economica in Russia, inoltre, aggrava ulteriormente la situazione: per i media è diventato sostanzialmente impossibile ottenere fonti di reddito alternative indipendenti dallo Stato.
Nowaja Gaseta, dal canto suo, sta soffrendo a causa di un blocco informale della pubblicità e fatica trovare inserzionisti locali. Il giornale gode di prestigio a livello internazionale per la sua cronaca investigativa, ma otto membri della sua redazione sono stati assassinati a causa della loro cronaca coraggiosa e uno di questi era la reporter Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006. Il Direttore del giornale, Dmitrij Muratov, ha più volte annunciato che a testata avrebbe dovuto rinunciare alla sua edizione cartacea, perché soltanto quella online sarebbe finanziabile in queste condizioni. Ma anche i media online, che come il portale culturale Colta.ru che hanno vissuto di crowdfunding fin qui con successo, lamentano ora il calo delle donazioni dovuta alla crisi economica.
Il Cremlino rafforza la sorveglianza sulle comunicazioni
Malgrado alcune limitazioni, contrariamente al Web cinese, Internet in Russia finora è stata piuttosto libera e ha dato agli utenti accesso a fonti di informazione internazionali. La digitalizzazione, in confronto ad esempio alla Germania, è molto più avanzata in diversi ambiti della vita quotidiana nel Paese: la rete Wifi gratuita nella metro di Mosca è tanto efficace quanto l’uso quotidiano di molti servizi su Internet. In Russia, inoltre, il motore di ricerca Yandex o il social network VKontakty, rappresentano vere alternative ai giganti della Silicon Valley che operano a livello internazionale.
Tuttavia, già dagli anni ’90 sussiste una massiccia sorveglianza delle comunicazioni digitali da parte delle autorità.
In vista delle prossime elezioni del 18 settembre di quest’anno, c’era preoccupazione che il governo di Mosca potesse estendere la sorveglianza di Internet alla sua infrastruttura, seguendo il modello cinese. Alla fine di giugno, il Parlamento aveva già emanato una serie di leggi che inasprivano il codice penale e ampliavano la sorveglianza di massa. Ufficialmente, queste nuove regolamentazioni sono state definite come misure anti-terrorismo, ma permettono ulteriori limitazioni alla libertà sul web. Gli operatori di telefonia mobile e gli Internet provider, ad esempio, sono obbligati a salvare i dati degli utenti e a garantirvi accesso ai servizi segreti russi.
I quattro maggiori operatori di telefonia hanno inoltrato una lettera di protesta, chiedendo di non emanare la legge. Già a settembre 2015, infatti, era stata adottata una legge “sulla protezione dei dati” formulata in modo molto vago: questa legge chiedeva che i dati online dei cittadini russi e le pagine scritte in russo venissero salvate soltanto su server sul territorio russo. I critici hanno subito temuto che il Cremlino volesse così estendere il proprio accesso a contenuti web, mascherando la cosa con la volontà di proteggere i dati dei suoi cittadini. Si è fortemente dibattuto attorno a questa regolamentazione, per stabilire se fosse possibile metterla in pratica a tutti gli effetti, dato che né Facebook né Twitter per ora hanno spostato i loro server in Russia, di per sé infrangendo la legge.
Mentre i margini di manovra per i media indipendenti diventano sempre più piccoli, improvvisamente il potere dei media statali sembra invece aumentare. Circa l’87% dei media russi è ora sotto la guida dello Stato o è mantenuto dai suoi finanziamenti. In particolare nelle zone lontane dalle grandi metropoli di Mosca e San Pietroburgo per i media e i giornalisti vi sarebbero pochissime alternative al di fuori del sistema mediatico statale. In periferia, si può incontrare la libertà di stampa soltanto quando il sindaco e il governatore hanno interessi diversi: “quando un sindaco litiga con un governatore, i giornali vicini al secondo possono scrivere qualsiasi cosa sul primo e viceversa, fino a quando uno dei due si trova in prigione”, ha illustrato un giornalista moscovita riguardo alla situazione in molte regioni russe.
Propaganda dal Cremlino sul canale statale Rossija 1
Tutto questo contribuisce a mantenere la televisione statale come la fonte di informazione più importante per i cittadini russi. Sui temi politici di rilievo, infatti, viene condotta sistematicamente propaganda da parte dello Stato, a un livello tale che supera di gran lunga i ricordi degli spettatori più anziani che hanno vissuto l’era sovietica. Contrariamente al passato dall’estetica grigia, oggi la televisione russa è ultra-moderna, equipaggiata ottimamente dal punto di vista tecnico e fa affidamento in modo vasto cronaca scandalistica.
Ad esempio, ci si può imbattere in talk show in cui più che discutere si grida, come in documentari fortemente parziali, come quelli sulla guerra in Siria, che mostrano solo il lato dei sostenitori di Assad. I picchi di distorsione più grande della realtà, però, sono apparsi nella cronaca sull’Ucraina e sulla Turchia, in seguito soprattutto all’abbattimento dell’aereo russo e al conseguente raffreddamento delle relazioni diplomatiche.
Il giornalista Dmitri Kiseljov è considerato la figura centrale della propaganda del Cremlino, per il fatto di essere il conduttore, sul canale statale Rossija 1, del programma di enorme successo “Westi Nedeli”, che va in onda ogni domenica sera durante la fascia di maggior audience. Dalla fine del 2013 Kiseljov è anche Direttore generale dell’agenzia di informazione russa Rossija Segodnja a cui sottostanno l’agenzia di informazione statale Ria Nowosti, la rete radiofonica Golos Rossiji, il canale estero Rossija Segodnja e altri media statali. Persino nelle cerchie di giornalisti russi, Kiseljov è considerato un “guerriero dell’informazione”, noto anche per aver affermato come la Russia sarebbe l’unico paese capace di ridurre gli Usa in una nube di polvere radioattiva.
Il controllo dei mass media fa parte degli strumenti più importanti per mantenere al sicuro il potere del Presidente Putin, al quale non è servito molto tempo per arrivare a controllare i canali televisivi più importanti e da lì assicurarsi la sua posizione di Presidente e la sua costante popolarità. In questo modo Putin può nutrire anche il culto della sua personalità, fino a diventare sostanzialmente l’unica icona politica in Russia. A questo scopo, al capo di Stato piace mettersi in scena nei media: le immagini in cui caccia delle tigri o vola assieme agli aironi nei cieli della Siberia sono praticamente diventate leggendarie. Sono innumerevoli, inoltre, le riprese in cui si presenta come uomo forte e questa auto-messa in scena mediatica mira in primis al pubblico russo, ma aggrada anche i media esteri e la loro tendenza alla personalizzazione della loro cronaca estera.
Si può parlare, quindi, di una “putinizzazione” della cronaca a tutti gli effetti, soprattutto nella televisione russa, in cui viene mostrata l’immagine di un leader politico apparentemente onnipresente. Molto amate sono sempre le stesse scene, in cui il capo di Stato sta seduto a un grandissimo tavolo al Cremlino e riceve funzionari, ordinando loro di far cessare certi malfunzionamenti. In questo modo, Putin si è disegnato anche un’immagine di “zar buono”, che si impegna per il suo Paese senza sosta. Una volta all’anno, inoltre, il leader del Cremlino si espone in diretta alle domande dei cittadini russi in uno show televisivo (nell’immagine in alto, ndr). Il programma dura sempre diverse ore e le persone chiamano da tutto il Paese per porre le loro domande. L’obiettivo principale sembra essere anche qui trasmettere a un pubblico di milioni di persone l’impressione che come Presidente Putin abbia una risposta a ogni domanda.
Le settimane che ci separano alle elezioni parlamentari sono un primo test per vedere se il predominio della televisione del Cremlino è ancora sufficiente per assicurare il potere, oppure se il controllo totale di Internet sarà il prossimo passo per dominare i giornalisti indipendenti, l’opposizione e i cittadini critici.
Traduzione dall’originale tedesco a cura di Georgia Ertz
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