La lotta di Meduza per il giornalismo in Russia

13 Maggio 2015 • Libertà di stampa • by

https://meduza.io

https://meduza.io

Secondo Galina Timchenko, fare giornalismo indipendente sta diventando sempre più difficile in Russia. Questo non solo a causa della pressione esercitata dal governo di Putin e dai gruppi pro-Cremlino, ma anche dal momento che molti lettori russi si aspettano che i reporter siano “combattenti per la libertà”, piuttosto che osservatori neutrali. Timchenko, giornalista russa, lo sa bene. Lo scorso anno è stata licenziata dal suo lavoro di caporedattrice di Lenta.ru, un sito di news con base a Mosca, dopo che quest’ultimo era stato criticato dal governo.

Poco tempo dopo Timchenko si è spostata in Lettonia, dove ha fondato Meduza.io, nella speranza che occuparsi di news russe a partire da un ambiente esterno al paese consentisse ai giornalisti di Meduza di effettuare una cronaca obiettiva e priva di interferenze. Ma sei mesi dopo il lancio del sito – e due dopo il debutto di Meduza English, Timchenko ha scoperto che i lettori non sempre gradiscono una voce indipendente. Tentando di rimanere neutrale in una regione divisa dall’estremismo politico, Meduza ha finito infatti con l’essere criticata da tutte le direzioni, ha detto Timchenko.

Alcuni lettori, infatti, si lamentano infatti del fatto che il sito sia anti-Cremlino, altri al contrario perché sarebbe troppo pro-Cremlino. Inoltre, contestano le scelte semantiche dei giornalisti nel riportare dell’Ucraina e il sito, anche per il solo parlare di Vladimir Putin, o dei suoi detrattori, è spesso accusato di supportare queste figure. Timchenko però è abituata alle critiche e non demorde: la sua indipendenza giornalistica non risulterà scalfita dalle critiche e l’ha già dimostrato in passato. Timchenko, infatti, era stata destituita da Lenta da Alexander Mamut, proprietario del sito e alleato di Putin, dopo che il regolatore statale dei media russi aveva criticato il sito per aver pubblicato del “materiale estremista”, riferendosi a un articolo che si collegava a un’intervista con un gruppo ultranazionalista Ucraino.

Il suo licenziamento ha fatto la storia dei media russi. Quando i rimanenti 78 membri dello staff di Lenta.ru avevano scoperto che la loro caporedattrice era stata licenziata, avevano rassegnato le dimissioni in massa. Era la prima volta che un evento simile accadeva in Russia, e per ora è stata anche l’ultima. Nella loro lettera di dimissioni congiunta, i giornalisti avevano lamentato un “drammatico declino” nella possibilità di fare un giornalismo davvero indipendente in Russia. “Il problema non è che non c’è più un posto in cui noi possiamo lavorare”, scrissero, “il problema è che non è rimasto niente, a quanto pare, da leggere per voi”.

I finanziatori di Meduza sono ignoti. Timchenko ha confermato che Mikhail Khodorkovsky, un esule russo con base in Svizzera nonché oppositore di Putin, era un iniziale investitore passivo, ma si è rifiutata di menzionare altri sostenitori: “I loro nomi non saranno rivelati a nessuno. Queste sono personalità decisamente non pubbliche che non hanno nulla a che vedere con i media o la politica”, ha dichiarato Timchenko a Forbes. Nell’intervista di Timchenko con l’EJO, le sfide derivanti dall’avviare due siti di notizie in un paese straniero, della contropropaganda, dell’etica professionale e della cronaca obiettiva.

Meduza si è insediato in Lettonia da appena sei mesi. Lo ritieni un successo? Se sì, in che modo?
Meduza ha compiuto sei mesi ad Aprile. È stato un successo? Sì, direi che è così. Innanzitutto, la nostra crescita va oltre le previsioni, con 2.7 milioni di visitatori unici a marzo, in crescita molto più velocemente di quanto osassimo sperare. In secondo luogo, abbiamo anche rispettato i nostri obiettivi finanziari muovendoci al contempo in accordo con il nostro business plan. E al di sopra di tutto, siamo riusciti a farci un nome. Nonostante la censura, non c’è penuria di media in Russia e anche se abbiamo dovuto cominciare da zero, siamo riusciti ad attirare l’attenzione”.

Come è stata recepita la versione in inglese? Qual è il suo target?
Mentre stavamo lanciando Meduza English lo scorso febbraio, non la pensavamo come una pubblicazione, ma come un servizio. Volevamo essere certi che una cronaca di qualità sulla Russia fosse sempre disponibile agli osservatori del paese, agli accademici e ai giornalisti. Sapevamo che molti leggevano Meduza usando Google Translate, a speravamo che questo rendesse le cose più facili a questi lettori. Due mesi dopo, sembra che ci siamo riusciti. Se è inverosimile che molte persone vogliano leggere notizie russe su base quotidiana, almeno sapranno dove andarle a cercare nel momento del bisogno”.

La versione inglese è quindi andata oltre le vostre previsioni. Chi la legge? La potenzierete?
Meduza English ha registrato più di 200mila pagine visualizzate nel mese di marzo, attirando circa 118mila visitatori unici. Sebbene riceva una certa quantità di traffico dalla Russia, sono gli utenti americani, inglesi e tedeschi a comporre il fulcro principale di chi ci legge. Inizialmente, Meduza English era solo una traduzione del sito originale con previa selezione delle storie che, dal nostro punto di vista, potevano interessare maggiormente i lettori stranieri e fornire loro il contesto necessario alla comprensione degli eventi. La versione inglese, tuttavia, realizza ora del materiale originale, aggiungendo quiz, interviste, articoli di approfondimento e blog”.

Wikimedia Commons

Wikimedia Commons

Ci sono stati problemi con il sito in Russia? Minacce di chiusura? Denigrazioni pubbliche?”
“Per ora no. Meduza è stato bloccato in Kazakhistan simultaneamente al lancio, dal momento che abbiamo realizzato un report sulla vita che la minoranza russa conduceva lì. In Russia non ci sono state aggressioni o minacce di un’ imminente chiusura. Sappiamo per certo però che ogni agenzia governativa sa di noi e ci tiene d’occhio. Tra questi ci sono Roskomnadzor (il regolatore statale russo dei media, ndr), il Comitato Investigativo, l’ufficio generale del Procuratore e il Ministero dell’Interno”.

È stato difficilere mantenere il sito obiettivo?
In realtà no. Siamo un team di professionisti della notizia e uno degli ideali di Meduza è sempre stato mantenere gli standard del nostro settore. Mi oppongo fortemente alla propaganda di qualsiasi tipo, sia pro o anti-Putin”.

Come hanno risposto i lettori e l’audience alla vostra affermazione “nulla di personale, sono solo i fatti”?. Credete che il pubblico russo confidi ancora in un giornalismo obiettivo?
Certamente, abbiamo goduto di un certo credito di fiducia, grazie alla reputazione derivata da quando lavoravamo a Lenta.ru. Quindi, in un certo senso, abbiamo avuto un gioco più facile di altri. Un sacco di persone aspettavano che lanciassimo il sito, ma in realtà la maggior parte dell’audience ci preferirebbe nel ruolo di combattenti per la libertà, invece che di giornalisti. Veniamo spesso criticati perché non ci uniamo alla ‘lotta contro il regime’. Stiamo ricevendo un sacco di email, e sempre più spesso capiamo che le persone vorrebbero far uso della nostra posizione neutrale per supportare una delle fazioni. Per esempio, i lettori russi si sono fatti conoscere per i rimproveri che ci lanciano in riferimento al fatto che chiamiamo i combattenti della Repubblica di Donetsk ‘separatisti’ in opposizione ai ribelli o ai miliziani. I lettori ucraini, dal canto loro, vorrebbero invece che li chiamassimo militanti o terroristi. Il radicalismo ha condotto a un sacco di nozioni conflittuali. A volte persino inserire un cognome nei titoli – come Navalny o Khodorkovsky – porta alcuni lettori a credere che li supportiamo, dal momento che scriviamo di loro. Lo stesso vale chiaramente anche per Putin. Se riportiamo, in maniera perfettamente neutrale, di un evento che riguarda il Presidente, siamo sicuri di diventare bersaglio delle critiche pro-Cremlino”.

Un certo numero di nuove piattaforme mediatiche si è situato al di fuori della Russia, specificatamente per ‘contrastare la propaganda russa’: cosa ne pensate?
Seconde me, lavorare contro qualcosa è controproducente. È un approccio totalmente difensivo, e pure ridondante. I media sono, per definizione, anti-propaganda, ammesso che rispettino le norme professionali, l’etica e la deontologia”.

Assumete ancora solo giornalisti russi? È difficile per voi trovare giornalisti russi che operino sul campo per voi in Russia? C’è qualche rischio per loro?
“Abbiamo giornalisti e redattori stranieri che lavorano per la nostra versione inglese. Fintanto che la versione russa è coinvolta, sfortunatamente, il panorama sociopolitico nel mio paese di origine è troppo complicato e quindi richiede degli insider per capire davvero cosa succede. E questo è proprio quello che manca ai giornalisti stranieri. Non c’è comunque alcun timore, tutti i giornalisti vivono in Russia e sono ben coscienti di rischi e guai in cui potrebbero imbattersi”.

All’inizio il vostro sito era più un aggregatore, ora invece vanta sempre più materiale originale: quale pensa che sarà il rapporto e l’equilibrio futuro tra i due sistemi?
“Abbiamo detto sin dall’inizio che la nostra piattaforma vuole essere molto flessibile. Quindi, dal minuto in cui i nostri colleghi in Russia cessano di occuparsi di argomenti difficili e sconvenienti, facciamo noi stessi un passo in avanti, rafforzando la nostra stessa copertura. Mentre quando sentiamo che gli altri stanno facendo un buon lavoro, semplicemente aggreghiamo i contenuti”.

Che piani avete per Meduza TV?
“Ci abbiamo pensato. Sfortunatamente, persino online video di qualità o televisione costano troppo in termini produttivi. Per ora non siamo pronti ad affrontare queste spese”.

Il sito copre i suoi costi in qualche modo? Oppure i vostri finanziatori concordano nel supportarvi a tempo indefinito?
“Non ho ancora sentito di un progetto mediatico che sia riuscito a raggiungere l’autonomia in 5 mesi, semplicemente non funziona così. Come ho detto prima, abbiamo un business plan e per ora abbiamo raggiunto i nostri obiettivi finanziari”.

Conoscete altri giornalisti russi o altre testate che hanno lasciato la Russia, o pensano di farlo, allo scopo di continuare a realizzare una cronaca obiettiva in modo sicuro?
“Non posso dire di conoscere sforzi di questo tipo. So invece di diverse Ong e organizzazioni civili che pianificano di rilocalizzarsi, ma quelli non sono media in senso tradizionale”.

Articolo tradotto dall’originale inglese da Alessandro Oliva

Tags:, , , , , , ,