“L’economia è in stallo, non esiste molto ottimismo riguardo alle possibilità di crescita dei mercati. Il 2012 sarà un anno difficile”. Si esprime così James Harding, editor del Times di Londra, annunciando le nuove manovre riorganizzative che prevedono la creazione di una produzione integrata carta-digitale e un taglio di 150 posizioni. Anche in Gran Bretagna, così come in ogni parte del mondo, prosegue la ricerca di una nuova sostenibilità che possa consentire una riduzione delle perdite e, nello stesso tempo, creare le condizioni per un ritorno alla profittabilità nel breve e medio termine. La riorganizzazione annunciata prevede una drastica ridefinizione dei ruoli dei singoli giornalisti. Non esisteranno più competenze verticali associate alle diverse piattaforme oggi esistenti, carta, web e tablet. Tutti dovranno contribuire alla creazione di contenuti cross-platform. Una strategia che mira a razionalizzare le risorse complessive del giornale, evitando così che la presenza di più piattaforme o canali di distribuzione determini un’inutile duplicazione dei contenuti.
La redazione integrata prevede cinque diversi desk ciascuno dei quali avrà il compito di fornire una struttura coerente con i requisiti espressi dalle varie sezioni del giornale per le diverse versioni, carta, website e tablet. La redazione digitale, che fino a questo momento era una struttura separata sarà perciò definitivamente unita a quella dei colleghi della carta stampata. La nuova organizzazione convergente del Times si prevede che possa contribuire a risparmiare circa il 12% del budget annuale.
Il percorso verso una normalizzazione delle strutture editoriali è tutt’altro che compiuto. Come dimostra il caso del quotidiano inglese, la crescita espressa nell’ultimo anno dalle sottoscrizioni digitali non compensa pienamente il minor valore generato dalla carta. Eppure vi sono le premesse per guardare a una possibile e salutare inversione di rotta. In base a quanto affermato da Harding la media giornaliera della vendita digitale ha raggiunto le 110 mila copie, mentre i lettori paganti su carta o su web sono cresciuti complessivamente del 3%. “Abbiamo solo adesso iniziato a portare la pubblicità sulla versione per l’iPad – ha affermato Harding – e stiamo valutando quali altre opportunità possono esistere su altre piattaforme. Ci vorrà un bel po’ di tempo per assicurare un profitto adeguato al nostro giornale”.
Ciò significa che, nonostante alcune dinamiche positive in termini di crescita media dei lettori, il Times, pur procedendo sulla strada dell’innovazione, è ancora costretto a tagliare sui costi e a rinunciare a parte delle proprie risorse interne. Il numero complessivo delle persone, interne ed esterne, che gravita attorno alla struttura del giornale è attualmente di circa 700 unità, numero che si andrà consistentemente a ridurre a riorganizzazione avvenuta.
L’evoluzione dei giornali verso una più marcata produzione nella dimensione delle attività online e digitali, si riflette in una più ridotta marginalità. Nel corso degli ultimi dieci anno il fatturato per dipendente si è drasticamente ridotto e le ristrutturazioni hanno comportato un ridimensionamento complessivo delle strutture innescando una serie di problematiche relativamente a competenze e carichi di lavoro all’interno delle redazioni. La complessità della produzione è direttamente proporzionale all’aumentare delle piattaforme di distribuzione e la moltiplicazione dei canali di informazione necessita di un trattamento differenziato dei contenuti.
Quanto questo si possa coniugare con una maggiore qualità dell’informazione è tutto da scoprire. Certo, la ricerca di più efficienti strutture, siano esse determinate dalla creazione di redazioni convergenti o da una efficace automatizzazione dei processi di produzione, può essere un primo passo verso il raggiungimento di una maggiore sostenibilità economica. Difficile è riuscire a trovare un equilibrio tra innovazione e conservazione, preservando la qualità giornalistica ed evitando i rischi di un giornalismo eccessivamente tecnocratico.
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