Il Nieman Journalism Lab propone una serie di riflessioni sul giornalismo in previsione di quanto potrà accedere nel corso del 2011. Tra le opinioni ospitate, quella di Clay Shirky, professore associato alla New York University dove insegna New Media all’interno del programma sulle telecomunicazioni interattive nonché uno dei più autorevoli e massimi esperti riguardo agli effetti sociali economici introdotti da Internet. Negli ultimi 15 anni – afferma Shirky – il vecchio modello di business delle notizie è stato scosso da una serie di veri e propri effetti dirompenti.
L’affermazione di Internet e il progressivo consolidamento di un pubblico web, alternativo o complementare al precedente sistema di produzione, ha rivoluzionato le possibilità di accesso alle notizie rendendo i contenuti fruibili in una dimensione senza limiti geografici. E accanto ai cambiamenti di sistema innescati dall’avvento del giornalismo digitale è andato in crisi il modello di sostenibilità del business tradizionalmente fondato sulla pubblicità: i ricavi dell’advertising sono largamente diminuiti rendendo critica la sopravvivenza di un sistema che, di fronte all’espansione del bacino di utenza dei lettori, ha dovuto produrre una quantità di contenuti superiore rispetto al passato.
Insomma i giornali si sono trovati di fronte alla necessità di produrre contenuti differenziati per la carta e l’online, sostenere una capacità di produzione maggiore con risorse economiche più scarse. In buona sostanza fare di più con meno. Una condizione di fragilità economica cui non si è ancora riusciti a porre rimedio attraverso l’imposizione di un sistema a pagamento per l’accesso ai contenuti.
Secondo Shirky ciò che ha radicalmente modificato e continuerà a modificare progressivamente l’assetto del business dei giornali e la stessa pratica del giornalismo, è la modalità di distribuzione delle notizie, ovvero il processo di syndication. Se da una parte Internet ha determinato una proliferazione del volume di informazioni, dall’altro ha evidenziato una circolarità nella distribuzione delle notizie, vale a dire che la produzione originale è confinata all’interno di uno stretto numero di news producer mentre gran parte dell’ecosistema informativo della rete vive di rendita mediatica.
Alla grande espansione del numero dei lettori non ha corrisposto una produzione di contenuto originale. Sono pochi i giornali a potere pensare di impostare un accesso a pagamento in virtù dell’originalità dei contenuti pubblicati. Per buona parte dei quotidiani si è ancora convinti che il contenuto pubblicato online debba necessariamente corrispondere a una produzione strettamente confinata all’interno del perimetro redazionale. Ma quanto del contenuto complessivo di un sito generalista è in realtà ascrivibile integralmente ai singoli giornalisti della testata? Non converrebbe adeguarsi alla logica del Cover what you do best. Link to the rest, come affermava Jeff Jarvis nel 2007?
Nelle opinioni raccolte da Nieman Lab altrettanto interessante risulta quella di Steven Brill che prevede un crescente successo dell’editoria digitale e una diffusione di sistemi a pagamento a consumo, come per esempio il metered model asupicato dal New York Times. Riguardo ai dispositivi come iPad, e a quelli che seguiranno in virtù della prevista espansione dei tablet Pc, Brill fa notare come gli editori dovranno superare la contraddizione nell’utilizzo attuale di questi dispositivi che da una parte rendono obbligatorio un pagamento per leggere il giornale nella versione iPad e dall’altra offrono la possibilità di accedere gratuitamente ai contenuti pubblicati su web. Questi ultimi potrebbero essere proposti in una forma coerente con i dispositivi rendendo implicita una qualche forma di pagamento.
Tags:accesso alle notizie, Clay Shirky, distribuzione delle notizie, editoria online, giornalismo digitale, iPad, modelli di business, New York University, news producer, Nieman Journalism Lab, paywall, quotidiani, sistema di pagamento, Steven Brill, syndication