Corriere del Ticino, 20.10.2008
Il luogo comune vuole che giornalisti e ricercatori della comunicazione viaggiano sempre su binari paralleli senza mai incontrarsi perché divisi da ambienti e dinamiche professionali differenti. Vuole anche che quello che i media trasmettono al pubblico non è altro che ciò che il pubblico chiede. Per fortuna, in un momento particolare e delicato come quello che l’editoria italiana e non solo sta attraversando, c’è chi la pensa diversamente e unisce forze e competenze per ottenere delle risposte concrete.
É il caso dell’
Ordine dei giornalisti della Lombardia che attraverso un’indagine demoscopica condotta dal ricercatore sociale Enrico Finzi ha voluto porre delle domande fondamentali per il futuro dell’informazione in Italia: Quale è l’immagine pubblica della professione giornalistica? In particolare, quale è il suo futuro in un momento di grandi cambiamenti?
Presentata all’interno del convegno « Il futuro del giornalismo. Le notizie, le idee, gli italiani, la pubblicità » all’ Università Statale di Milano ai primi ottobre, la ricerca di risposte ne ha fornite, e di luoghi comuni ne ha sfatati.
Su un campione di 2.004 soggetti rappresentativi della popolazione italiana dai 15 anni in su, ciò che emerge è una diffusa insoddisfazione nei confronti dei mezzi di comunicazione radiotelevisivi e a stampa perché ritenuti non credibili e le informazioni trasmesse non veritiere. Il 68% degli intervistati giudica i giornalisti addirittura bugiardi, il 60% li accusa di dare informazioni inesatte, il 59% lamenta la tendenza a gonfiare le notizie, il 52% giudica i giornalisti al servizio di interessi specifici, il 20% lamenta invece la scarsa comprensibilità di articoli e trasmissioni. E fin qui nulla di nuovo.
Vi è però anche un 83% che fa riferimento a diverse eccezioni costituenti il modello totale o parziale della testata e del giornalista «ideali». Secondo gli intervistati il buon giornalista deve possedere la competenza tematica, la professionalità, la chiarezza espositiva, la capacità di coinvolgere e il rispetto delle regole deontologiche. In particolare il 50% chiede un giornalismo che informa e al tempo stesso aiuta a capire. Per quanto riguarda l’evoluzione a medio termine dei media, è scontato dire che i risultati della ricerca prevedono la crescita della penetrazione di internet, il consolidarsi della convergenza, della portabilità del palinsesto personalizzato ma anche una saturazione dell’offerta informativa che porterà alla selezione naturale di molti media tradizionali e al successo di nuove testate (web e non solo). In ogni caso, e questo è un dato positivo per la categoria che oggi soffre della concorrenza di internet e di una perdita di identità del proprio ruolo professionale, le previsioni auspicano un giornalismo in grado di selezionare, sintetizzare, indicizzare, interpretare le notizie e orientare il lettore. In ultimo la ricerca evidenzia come il calo della credibilità e della autorevolezza dei media sia strettamente correlato con la perdita di efficacia della pubblicità che risente della perdita di attrattività editoriale delle testate, delle reti e delle trasmissioni. Questa determina il calo dell’identificazione e della fidelizzazione del pubblico con il conseguente indebolimento del medium quale veicolo e contesto pubblicitario.
È la prima volta in Italia che un ordine professionale si rivolge ad un’analisi scientifica per individuare e ragionare i problemi del giornalismo visti nell’ottica del lettore. Un traguardo importante che ha permesso a giornalisti ed esperti della comunicazione di confrontare dati concreti di ricerca con l’esperienza pratica e quotidiana della professione e soprattutto di ascoltare l’opinione di chi ogni giorno si informa attraverso la stampa, la tv o la Rete. Speriamo che possa essere d’esempio per la categoria dei giornalisti come dei ricercatori e soprattutto che con questa ricerca si siano gettate le basi per la crescita di un rapporto di qualità, di onestà e di credibilità tra il medium e il lettore.