La verità, nient’altro che la verità ?

23 Aprile 2008 • Etica e Qualità • by

Schweizer Journalist, 02+03 2008

Rowenna Davis ci porta nel cuore nero di Chicago negli anni ’30. Tutto questo per poter applicare anche al giornalismo un principio che rientra nel repertorio standard della formazione di ricercatori sociali e diplomati in economia aziendale. Infatti, sulla British Journalism Review, Davis riprende i famosi esperimenti di Hawthorne, che in un primo tempo avevano suscitato stupore e scompiglio fra i ricercatori.

In quel periodo gli studiosi conducevano esperimenti finalizzati a migliorare la produttività dei collaboratori. Questi consistevano nel modificare le condizioni di lavoro di un gruppo di dipendenti di una fabbrica. Venivano così modificate l’illuminazione dell’ambiente, la remunerazione, le pause e i tempi di lavoro a un gruppo di dipendenti confrontando i risultati lavorativi con un gruppo di controllo la cui routine era rimasta invariata. Risultato: in entrambi i gruppi si era riscontrato un incremento del lavoro.

Un vero enigma! Trasporre l’inaspettato esito dell’esperimento in un solido risultato di ricerca richiedeva una certa creatività scientifica: a spronare i collaboratori non erano state evidentemente le mutate condizioni di lavoro, ma l’attenzione rivolta loro dagli studiosi, che li avevano resi i soggetti della loro ricerca.

Davis reputa a ragione che i giornalisti dovrebbero conoscere l’effetto Hawthorne, poiché ogni volta che impiegano uno dei loro principali strumenti di ricerca, l’intervista, c’è pericolo che si inneschi proprio questo fenomeno. Ella ricorda inoltre le diverse circostanze in cui la condizione dell’intervista può portare a risposte falsate, sostenendo la sua tesi, peraltro plausibile, con validi esempi degni di attenzione. In particolare quello di una ricerca americana che avrebbe dimostrato chiaramente come anche l’appartenenza etnica dell’intervistatore influenzi gli intervistati. Così nel sud degli Stati Uniti è stato chiesto a 1000 afroamericani se nell’esercito fossero stati discriminati. Quando l’intervistatore era un bianco, solo l’11% degli intervistati rispondeva affermativamente. Al contrario, quando era di colore, rispondeva di sì il 35%: un elemento da tenere presente, secondo Davis, al giorno d’oggi nel caso di ricerche riguardanti questioni culturalmente delicate, per esempio nei rapporti con il mondo islamico.

Ma c’è di peggio: da quando il settore delle PR si è professionalizzato, e anche banditi di strada, terroristi e mafia hanno imparato a strumentalizzare i mass media, i giornalisti devono fare i conti col fatto che gli avvenimenti vengono inscenati esclusivamente per loro – innocue sceneggiate, ma anche riunioni di piazza, attentati dinamitardi ed esecuzioni capitali. Per la ricerca è venuta l’ora di occuparsi a fondo di questo “effetto Hawthorne” di seconda generazione – e per i giornalisti, forse, di riflettere su come sfuggire ai casi di montatura mediatica, invece di limitarsi a reagire come i cani di Pawlow e a puntare di riflesso la telecamera.

Fonte: Rowenna Davis: Truth and nothing like the truth, in: British Journalism Review, Vol.. 18, Nr. 4/2007, 63-67