TV-giornali, l’anomalia italiana

26 Novembre 2009 • Digitale, Economia dei media, Giornalismo sui Media • by

Osservatorio eruopeo di giornalismo, 26.11.2009

Carlo De Benedetti, intervenuto ad Oxford nel corso di un evento promosso dal Reuters Institute for the Study of Journalism, tema “Giornali e democrazia nell’era di internet. Il caso italiano”, descrive l’Italia come un Paese dove l’informazione è sempre più condizionata dalla televisione. “In Italia il numero di copie vendute dai giornali in rapporto alla popolazione è fermo da anni al 10%, mentre in Germania è al 28,9%, in Austria al 30%, in Svezia al 41,2%”.

L’intervento di De Benedetti è un attacco a Silvio Berlusconi, “siamo l’unica nazione democratica al mondo in un cui un solo soggetto domina di fatto l’universo televisivo e le conseguenze si ripercuotono sulla raccolta pubblicitaria, che tende a favorire la TV, in particolare Mediaset, e deprimere la carta stampata. L’Italia – dice De Benedetti – è un Paese dove la TV divora una porzione del mercato pubblicitario che non ha uguali in altre democrazie. Se negli Stati Uniti la quota pubblicitaria della TV è al 36% e in Germania al 33%, la quota italiana è pari al 54%”.

A questo proposito è utile riportare le rilevazioni Nielsen relative alla raccolta pubblicitaria gennaio-aprile 2009 su Tv e quotidiani in rapporto allo stesso periodo del 2008. Le cifre si commentano da sole.

Conflitto di interessi, dati Nielsen pubblicità: Mediaset, Rai e quotidiani

(Introiti pubblicitari in migliaia di euro)

Gennaio – Aprile 2008Gennaio Aprile – 2009Variazione %
Mediaset885792-10,53
Rai467372-20,46
Quotidiani11587-23,72

Internet, quotidiani e TV. Citando l’ultimo rapporto Censis sulla comunicazione il presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso ricorda come coloro che guardano esclusivamente la TV rappresentino ancora il 9,1% della popolazione italiana, mentre il 37,5% non legge mai un libro e non sa nemmeno cosa sia internet. De Benedetti difende i giornali e si chiede se la profonda trasformazione cui è soggetto il mondo dell’informazione non modifichi in qualche modo anche il rapporto tra cittadini e democrazia. La frammentarietà delle fonti di approvvigionamento delle notizie determinata dall’inarrestabile avanzata di internet, il declino della carta stampata, la progressione e la sempre più consistente influenza di blog e media sociali sono tutti fenomeni che contribuiscono a creare una opinione pubblica che in passato era fermamente ancorata ai giornali, ma la crescita in termini di quantità, per quanto positiva, si concretizza anche in una qualità dell’informazione, ovvero nella disponibilità di notizie che siano presupposto essenziale per dare ai cittadini la possibilità di elaborare una propria consapevolezza e giudizio? Il giornale è un mediatore culturale. Internet lascia spazio a forme più radicali, a un estremismo delle opinioni, mentre il giornale seleziona, sintetizza, opera per priorità, fa delle scelte.

De Benedetti difende il ruolo e l’originalità dei giornali nel bel mezzo della trasformazione digitale. I giornali hanno le risorse per creare una informazione che può essere complementare e integrativa rispetto a quanto offerto dagli altri media, TV innanzitutto. La stampa crea un contesto e contribuisce a formare una lettura più consapevole delle notizie. La differenza, secondo De Benedetti, è tra conoscere e comprendere, tra l’essere informati ed essere consapevoli.

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