Primo: i media di qualità hanno assolto il loro compito di informare, commentare, riflettere fornendo lo sfondo e il contesto. Persino la stampa scandalistica si è guardata dall’utilizzare cliché e stereotipi.
Secondo: gli omicidi hanno reso visibile una lacuna: sotto la pressione dell’attentato del 11 settembre i media per anni hanno dedicato poca attenzione alla mafia e alla criminalità organizzata.
Terzo: gli omicidi di Duisburg hanno avuto un ruolo molto importante nei media e proprio per questo – almeno per un certo periodo di tempo – da parte dei politici c’è stata una grossa disponibilità a collaborare e migliorare le condizioni per la lotta alla criminalità organizzata.
Quarto: clichè e stereotipi soddisfano piuttosto la visione (tedesco-) italiana del fenomeno. In parte per come gli italiani stanno al gioco quando si tratta di scherzare con il romanticismo sui mafiosi per distrarre dalle loro attività e dal mondo parallelo in cui alcuni mafiosi vivono. Il rimprovero che i tedeschi sarebbero rimasti alla vecchia immagine stereotipata per cui la mafia è soprattutto un affare italiano non ha avuto alcun riscontro nella stampa di qualità.
Quinto: entrambi i paesi devono colmare un gap informativo: sanno troppo poco l’uno dell’altro correndo così spesso il rischio di cadere negli stereotipi, e soprattutto di alimentare malintesi. Gli addetti al settore delle rispettive culture che si sono occupati di questo caso dovrebbero usare le esperienze raccolte e aprirsi al dialogo in favore di una cronaca che corrisponda il più possibile al vero per entrambi i paesi.
Se anche in un primo momento questo studio sul modo in cui i media tedeschi hanno raccontato la strage di Duisburg ha portato a risultati diversi, ne risulta alla fine uno importante e comune: la stampa tedesca di qualità non ricorre più a vecchi clichè come “spaghetti con il revolver”.