I giornali vanno male? E’ una crisi d’identità…

11 Aprile 2011 • Digitale, Giornalismo sui Media • by

Nel 2010 negli Stati Uniti  il numero dei lettori e il fatturato pubblicitario dell’online hanno superato quelli della carta stampata. Ne ha già parlato sul sito Piero Macrì. Dunque la stampa scritta continua a soffrire e continua a perdere lettori, persino in Svizzera dove la Neue Zürcher Zeitung, che sin dall’inizio era riuscita ad arginare la crisi, nel 2010 ha registrato una perdita  del 6.2% di lettori. Ma le cause risiedono tutte nel sorpasso tecnologico  e nella crisi economica oppure c’è un altro elemento con il quale fare i conti? Forse non ha tutti i torti il giornalista italiano Enrico Pedemonte quando nel suo recente  libro “Morte e risurrezione dei giornali” edito da Garzanti, scrive che quello di cui oggi i giornali maggiormente soffrono, e di cui spesso non si parla, è una perdita di ruolo e di identità.

La crisi nasce dal fatto che il giornale, per effetto delle nuove tecnologie e dei cambi di costume della società, ha perso il suo ruolo privilegiato di nodo indispensabile delle relazioni socio-culturali. E se un tempo ciò che spingeva i lettori a comprare il quotidiano era il fatto che in esso, oltre alle notizie, ritrovavano il senso di appartenenza a una città, a una comunità locale, a un gruppo politico o a un’identità culturale, oggi ciò che li spinge è il desiderio di un’informazione digitale su misura, individualizzata, rapida, immediata e in ogni luogo.

Non che questo sia sbagliato, purchè non ci si dimentichi di tutto il resto. Per risorgere i giornali devono tornare ad essere il crocevia autorevole di rapporti e di scambi sociali e culturali, il punto nevralgico del confronto politico e democratico. E perchè ciò avvenga è necessario che interpretino e cavalchino per tempo i cambiamenti in atto nei modi, nei gusti e nei consumi della società affinchè i lettori tornino a credere nel loro indispensabile ruolo e a vedere in loro il luogo ufficiale del confronto e del dialogo.

Una scommessa importante tanto per i giornali cartacei quanto per quelli digitali se, una volta a pagamento, vogliono continuare ad essere attrattivi. E determinante anche per il futuro e la qualità delle nostre società democratiche che stanno pian piano disimparando a leggere e a scrivere correttamente, ad ascoltare e a dialogare tra di loro.

Articolo uscito sul Corriere del Ticino martedì 5 aprile 2011, riadattato per il sito.

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