I lettori dei quotidiani identificano e valutano anzitutto la qualità complessiva degli articoli, considerando maggiormente il contenuto piuttosto che le caratteristiche del brand che li ha pubblicati. I lettori, inoltre, sono in grado di riconoscere differenti livelli di qualità o difetti all’interno dei contenuti giornalistici: a uscirne ridimensionata è quindi l’importanza della percezione della qualità dei brand, giudicati generalmente meno influenti nella valutazione complessiva del giornalismo. Il brand management, di per sé, non è quindi sufficiente alla produzione della qualità giornalistica. Questo è quanto emerge da una nuova ricerca condotta da Isabelle Krebs, ricercatrice presso l’Università di Zurigo.
Lo studio individua comunque alcune divergenze sulla funzione dei brand giornalistici: per i lettori questi risultano ancora elementi rilevanti per il giudizio sulla qualità del giornalismo e di fatto questi contribuiscono ad assicurare precisi standard qualitativi, riducono le incertezze dei lettori sulle testate e aumentano la fiducia nei confronti dei contenuti. Le aziende mediatiche dovrebbero dunque impegnarsi a mantenere un posizionamento sostenibile al fine di ottenere un vantaggio competitivo, ma a condizione che la qualità promessa venga mantenuta stabilmente nel tempo. In questo senso è fondamentale evitare di deludere le aspettative del pubblico per non causare una possibile disaffezione verso le testate.
Basandosi infatti sulle valutazioni condotte da un campione di lettori, lo studio ha dimostrato come questi abbiano più aspettative nei confronti dei giornali con brand di qualità alta. È dunque economicamente razionale, per queste redazioni, lavorare in questa direzione: nonostante la produzione e il mantenimento di standard qualitativi alti siano più difficili da realizzare nel tempo, l’audience li apprezzerà comunque di più. Sorprendentemente, lo studio ha anche constatato come produrre contenuti di qualità maggiore non sia però favorevole per i giornali di fascia più bassa: in questo caso non solo le aspettative dei lettori sono relativamente più basse, ma a queste pubblicazioni viene assegnato anche un rating inferiore da parte dei lettori quando cercando di alzare i loro standard. Se invece la qualità attesa per questa categoria viene mantenuta, il pubblico stesso mostra di norma un gradimento complessivo più alto.
Per il suo studio, Krebs ha condotto un esperimento online con 311 lettori svizzeri, i quali sono stati divisi in 4 gruppi, a ognuno dei quali è stato assegnato un articolo sul medesimo tema, ma modificato a seconda di diverse condizioni sperimentali nei loro indicatori di qualità giornalistica. Ogni partecipante ha pertanto ricevuto in lettura o un articolo di alta o di bassa qualità, con o senza il riferimento esplicito a una testata. I due giornali svizzeri coinvolti nel test sono stati la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), un quotidiano di alta qualità, e Blick, un tabloid. Due gruppi hanno quindi letto articoli modificati nella loro qualità – verso l’alto e verso il basso – con indicazione esplicita della testata di pubblicazione, mentre altri due, a parte, hanno letto i medesimi testi, ma senza indicazioni a uno dei giornali inclusi nell’esperimento.
Lo studio ha osservato che l’articolo di qualità migliore ha ricevuto un maggiore apprezzamento sia quando presentava il logo e la descrizione di NZZ che quando invece non li mostrava, mentre il contenuto di livello inferiore ha invece ottenuto meno consensi in ogni caso. Questo ha fatto riscontrare come i lettori interpellati abbiano giudicato la qualità del testo basandosi su quella fattuale e meno sul brand del quotidiano, anche quando questo era verificabile. Tuttavia sono emerse delle peculiarità per quanto riguarda l’influenza dei singoli brand: i lettori, infatti, hanno percepito l’immagine di NZZ in modo migliore rispetto a quella di Blick, confermando quindi una netta differenza sulla qualità giornalistica percepita tra i due quotidiani.
Inoltre, il testo che presentava il logo di NZZ ha ricevuto un apprezzamento più alto rispetto al suo corrispettivo senza questo elemento: ciò ha accertato un’inclinazione positiva verso NZZ prima ancora che si analizzasse la qualità generale dell’articolo, appurando come l’audience presenti a priori maggior attaccamento e fedeltà verso certi brand rispetto ad altri. Questo apprezzamento non è emerso nei confronti del logo di Blick e ciò è stato valutato come un indicatore del fatto che il pubblico sembri dimostrare una brand loyalty maggiore nei confronti dei giornali di qualità più alta.
Un elemento interessante è emerso però dalle aspettative nutrite dai lettori nei confronti dei due giornali. Quelli di NZZ avevano aspettative più alte verso il brand e verso la sua qualità giornalistica, mentre i lettori del testo con logo e descrizione di Blick non si aspettavano a priori una qualità più alta: tra questi ultimi, infatti, quelli che hanno ricevuto il pezzo di qualità inferiore risultavano comunque più appagati rispetto a quelli che avevano ricevuto il testo di Blick con qualità modificata verso l’alto. Di conseguenza, l’articolo di fattura più alta è stato paradossalmente valutato con meno favore del suo equivalente di qualità inferiore.
Si può anche dire che la ricerca confermi l’importanza per le aziende mediatiche di conoscere l’impatto del proprio brand e la sua percezione da parte dei lettori: il suo ruolo dovrebbe allinearsi alla promessa di incontrare determinati criteri di qualità giornalistici, siano essi più bassi come nel caso di Blick, sia più alti come è per NZZ. Se questa garanzia viene mantenuta, la testata ne beneficerà, non solo quanto a fiducia, ma anche in una prospettiva economica di lungo termine. Se invece questo processo non avviene, la funzione del brand potrebbe perfino generare un effetto inverso di disaffezione o possibile perdita finanziaria.
Allo stesso modo, nonostante lo studio abbia confermato le capacità del pubblico di identificare determinati criteri di qualità, permangono delle limitazioni nella metodologia di Krebs: i partecipanti, tutti studenti universitari di comunicazione, presentavano già un interesse specifico per i media e sapevano distinguere in maniera più efficace la qualità dei contenuti rispetto a lettori con un background diverso. Non si possono dunque generalizzare davvero i risultati estendendoli a un’audience più numerosa, casuale oppure meno attenta, che a sua volta può focalizzarsi su altri criteri di qualità, presentare altre aspettative sugli articoli o differenti modalità di brand loyalty.
Articolo pubblicato nel contesto del corso di “Economics of Journalism and quality management in newsrooms” del Master in Gestione dei media dell’Università della Svizzera italia
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