Il processo contro il soldato Bradley Manning per il suo coinvolgimento con WikiLeaks è iniziato questa settimana davanti alla Corte Marziale nella base di Fort Meade nel Maryland e durerà fino ad agosto. Manning, accusato di aver passato al sito di Julian Assange materiali sensibili dell’esercito americano nel 2010, è stato agli arresti in attesa di processo per più di 1000 giorni. In questo articolo, evidenzieremo le questioni fondamentali del caso.
Bradley Manning era in servizio in Iraq come intelligence analyst dal 2009 e, per le sue mansioni quotidiane, aveva accesso al Secret Internet Protocol Router Network (SIPRNet), la rete ad altissima sicurezza dell’Intelligence e della Difesa Usa. Manning ha ammesso, durante alcune conversazioni in chat con l’ex hacker Adrian Lamo – i cui contenuti sono anche stati pubblicati da Wired Us -, di aver inoltrato a WikiLeaks documenti sensibili scaricati durante la sua permanenza in Iraq. In seguito alla comunicazione dei dettagli da parte di Lamo alle autorità Usa, Manning è stato arrestato il 26 maggio del 2010 e tenuto in carcere in attesa di processo per i successivi 3 anni, prima in Kuwait e poi a Quantico, Virginia. Manning dovrà ora rispondere a 22 capi di imputazione, inclusa l’accusa di aver “aiutato il nemico”, violando l’Articolo 104 dell’Uniform Code of Military Justice. Adrian Lamo è apparso al processo a sua volta, come testimone.
Nel febbraio di quest’anno, in occasione di un’udienza preliminare, Manning aveva inoltre ammesso la sua colpevolezza per quanto riguarda 10 delle 22 accuse, ammettendo apertamente di aver inviato documenti a WikiLeaks per “testimoniare i veri costi delle guerre in Iraq e Afghanistan”. L’americana Freedom of the Press Foundation che si occupa della difesa dei whistleblower e della promozione del giornalismo investigativo (e del finanziamento di WikiLeaks), ha potuto pubblicare il leak della registrazione audio della dichiarazione di Manning.
Manning potrebbe essere condannato ad almeno 20 anni di carcere. La corte marziale cercherà di provare anche la più grave delle accuse, secondo la quale, Al Qaeda sarebbe stata favorita dai leak di documenti consegnati da Bradley Mannig a WikiLeaks. L’accusa, tra i 150 testimoni complessivi, ha chiamato a deporre anche i Navy Seal che hanno ucciso Osama Bin Laden, sostenendo che nei computer trovati nel rifugio di Bin Laden ad Abbotabbad in Pakistan vi fossero salvati anche documenti scaricati da WikiLeaks. Documenti, s’intende, sottratti da Bradley Manning.
Bradley Manning ha passato a WikiLeaks più di 700mila file scaricati da SIPRNet mentre era in servizio in Iraq. Tra questi, vi è anche il girato originale del video Collateral Murder, che mostra un elicottero Apache americano fare fuoco su un gruppo di persone, inclusi alcuni dipendenti della Reuters, a Baghdad nel 2009; i 91731 Afghan War Logs; i 391832 dispacci sulla guerra in Iraq dal 2004 al 2009; i 251287 cablo che costituiscono l’insieme del “Cablegate” e 779 documenti segreti noti come “The Guantanamo Files”.
Nel suo libro su whistleblowing e criptografia, “This Machine Kills Secret”, Andy Greenberg scrive come la tecnologia SIPRNet con cui Manning operava tutti i giorni “mancasse dei dispositivi di monitoraggio che avrebbero potuto tracciare le ricerche, le copie di dati e tutti i salvataggi sui cd riscrivibili fatti da Bradley Manning”. Le falle nella sicurezza di SIPRNet hanno infatti reso il lavoro di Manning semplicissimo, a tal punto che il soldato ha potuto scaricare, copiare e salvare i dati su comuni Cd-Rw etichettati come “Lady Gaga”, portartli con sé e consegnarne il contenuto a WikiLeaks utilizzando alcuni strumenti di criptografia e anonimato digitale come Tor, Ssl e Ssh Ftp. Secondo l’Office of the Director of National Intelligence, all’epoca dei fatti, 4,2 milioni di persone avevano accesso autorizzato ai medesimi dati che Bradley Manning ha consegnato a WikiLeaks.
L’arresto e il prolungato incarceramento di Bradley Manning hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, di diverse organizzazioni per i diritti umani e di numerosi accademici. Nel 2011, 300 docenti universitari hanno firmato una petizione per chiedere la fine dell'”umiliazione” e del “maltrattamento” di Bradley Manning, affermando come le sue condizioni detentive fossero “degradanti” e “inumane”. Secondo il Bradley Manning Support Network, durante i primi dieci mesi di incarcerazione, a Manning è stata negata la possibilità di svolgere significativo esercizio fisico e di intraprendere relazioni sociali, insieme alla privazione della luce del sole. In numerose occasioni, inoltre, Manning sarebbe stato costretto a restare completamente nudo. Nel marzo del 2012, il commissario dell’Onu sulla tortura Juan Mendez ha affermato a sua volta che Manning fosse detenuto in condizioni “crudeli” e “inumane” e costretto a essere “rinchiuso in isolamento per più di 23 ore al giorno per un periodo di 11 mesi” in condizioni che “potrebbero costituire tortura”. Tutto ciò è avvenuto mentre Manning non era stato riconosciuto colpevole di alcun crimine e senza che alcun processo fosse formalmente iniziato.
In un recente editoriale pubblicato sul New York Times, Floyd Abrams e Yochai Benkler hanno scritto che, “qualora Manning fosse condannato, si verrebbe a creare un precedete “agghiacciante” con un implicito messaggio dissuasivo: i responsabili di leak di documenti di sicurezza nazionale, infatti, potrebbero essere condannati alla pena capitale o al carcere a vita. A chiunque abbia a cuore la libertà della stampa dovrebbero venire i brividi di fronte alla minaccia che la teoria dell’accusa presenta ai giornalisti, alle loro fonti e al pubblico che a essi si affida”. Il processo contro Bradley Manning è, con ogni probabilità, il più grande caso di libertà di stampa di questo decennio.
Anche il Guardian ha pubbicato un simile avvertimento, riferendosi alla “sempre più aggressiva presa di posizione del governo Usa contro i whistleblower” citando “sei correnti casi di investigazione sotto l’Espionage Act perpetuate da Obama, un numero doppio rispetto a tutte le medesime iniziative intraprese da tutte le amministrazioni precedenti messe insieme”. Tra tutte queste, solo quella di Manning si è poi evoluta in un processo. Daniel Ellsberg, il whistleblower che consegnò i Pentagon Papers al New York Times nel 1971 e co-fondatore della Freedom of the Press Foundation, ha partecipato a diverse iniziative pubbliche in favore di Bradley Manning, compreso un recente sit-in di protesta di fronte alla base di Fort Meade lo scorso 1 giugno. “Sono stato il Bradley Manning della mia epoca”, ha dichiarato Ellsberg a BradleyManning.org nel 2011.
In un recente saggio pubblicato in un libro su WikiLeaks, Patrick McCurdy dell’Università di Ottawa ha messo in paragone proprio il caso Ellsberg con il caso Manning facendo notare come “due anni dopo essere stato incriminato e dopo un processo annullato, il giudice incaricato ha fatto cadere tutte le accuse contro Ellsberg a causa dell’interferenza criminale dell’amministrazione Nixon […] Durante il caso Ellsberg, è stato rivelato, i Plumbers avevano fatto irruzione nell’ufficio dello psicoanalista di Ellsberg nel fallito tentativo di offrire argomenti per una campagna di fango contro Daniel Ellsberg […] Intercettazioni della Casa Bianca, pubblicate nell’aprile del 2001, inoltre, rivelano come Richard Nixon fosse bramoso di cercare vendetta per il caso dei Pentagon Papers”. Durante le udienze pre-processo nel gennaio 2012, la detenzione di Manning è già stata definita “maltrattamento” da parte del Colonnello Denise Lind. Come conseguenza di questo giudizio, a Manning sono stati scontati 112 giorni di detenzione da un’eventuale condanna detentiva definitiva.
Il processo contro Manning continuerà fino ad agosto, sostanzialmente a porte chiuse. La Freedom of the Press Foundation ha finanziato tramite crowd-funding degli stenografi che possano coprire il processo dalla media room della base militare. Le trascrizioni complete saranno pubblicate sul sito della fondazione.
Photo credits: savebradley / Flickr CC