“Contiamo sul fatto che saranno molti i lettori sinceri e affezionati disposti a pagare un prezzo elevato per l’abbonamento online alla Neue Zürcher Zeitung.„ Così qualche mese fa, Peter Hogenkamp, direttore dei media digitali della NZZ, in una intervista al magazine online Medienwoche, commentava il lancio del metered paywall sul modello del New York Times per il quotidiano zurighese .
Un ottimismo quello di Hogenkamp raffreddato dai primi dati sull’andamento del sito della NZZ forniti da Netmetrix, secondo i quali nel periodo tra il dicembre 2011 ed il dicembre 2012 la testata ha registrato un calo generale in termine di lettori e di visite. Se a dicembre del 2011 gli utenti unici erano 1,6 milioni, nel dicembre del 2012 sono scesi a 1,45 milioni. Stessa tendenza negativa per le visite delle pagine web che da giugno a dicembre 2012 sono scese da 10,7 milioni a 8,5 milioni.
Un calo che neanche la nuova veste grafica del sito introdotta l’estate scorsa, insieme a moderni strumenti di interazione e percorsi di navigazione, hanno saputo arrestare o invertire. Di fronte a questi dati negativi, il direttore Markus Spillmann ha spiegato che la strada scelta dalla NZZ richiederà tempo prima di dare i suoi frutti. Un segnale questo che lascia intendere come anche le sottoscrizioni all’offerta digitale non siano incoraggianti. Intanto la direzione del giornale corre ai ripari formando un gruppo di lavoro dedicato ad implementare il sito web, in particolare, secondo quanto scritto dalla SonntagsZeitung, nelle prossime settimane diventeranno visibili modifiche al layout che non ha riscontrato il successo sperato tra i lettori. È troppo ordinato, statico, strutturato così che gli aggiornamenti e le modifiche ai contenuti sono poco percettibili dice Spilmann in una intervista al Tages-Anzeiger.
Il 2012 è stato un anno di importanti cambiamenti ed innovazioni per la NZZ che ha messo in campo tutte le risorse e le competenze possibili per sposare la nuova filosofia digitale dell’informazione. Una scelta coraggiosa e rischiosa in un panorama mediatico, quello Svizzero, in fondo ancora molto legato alla tradizione del cartaceo ma anche una scelta necessaria per chi guarda al futuro. La crisi della carta stampata è un’emorragia inarrestabile, persino la Frankfurter Allgemeine Zeitung in Germania, dopo i già noti casi di insolvenza di quotidiani come la Frankfurter Rundschau, ha registrato perdite per 20 milioni di euro nel 2012. Come ha dichiarato Hogenkamp ironicamente qualche tempo fa ““too big to fail does not apply to newspapers”.
La verità è che pochi mesi non sono sufficienti per tracciare un bilancio per la nuova strategia digitale della NZZ: il nuovo sito non ha ancora un anno di vita e il paywall è stato introdotto solo quattro mesi fa. La verità è che per entrare nelle logiche e nella cultura dell’informazione digitale ci vuole tempo, si tratta di un processo, di un “work in progress” fatto di studio quotidiano, pratica e sperimentazione, sia da parte degli editori e dei giornalisti che dei lettori. E la risposta dell’informazione sostenibile del futuro non sta certo tutta nel paywall o tutta nel sito. La risposta sta nel mix di un’offerta in grado di fornire ai lettori le notizie che vogliono, quando vogliono, sul mezzo di comunicazione che preferiscono e ad un prezzo che sono disposti a pagare. Ne parlava qualche giorno fa in un articolo Roberto Napoletano in occasione del lancio de Il Sole 24 Ore digitale. Proprio per potere dare ai propri lettori un’offerta più ampia e around the clock al Sole scrive Napoletano “Abbiamo smesso di pensare separatamente in termini di carta e di digitale e abbiamo organizzato la redazione in un’unica newsroom, operativa dall’alba alla notte con un solo super-desk, per mettere in comune i saperi e declinarli, in modo identitario e finalizzato a rispondere alle specifiche domande, nei singoli mezzi. Il Sole 24 Ore.com sarà aperto 24 ore su 24, la prima riunione del super desk carta-on line è alle 9,30, la prima edizione cartacea chiude alle 22 e la seconda alle 24”.
Come diceva tempo fa Paul Steiger, fondatore di ProPublica ed ex direttore del Wall Street Journal, i tempi d’oro del giornalismo sono finiti, gli editori dovranno accettare di fare profitti molto più contenuti rispetto ad un tempo. Su questo forse la NZZ ha avuto troppa fiducia, credere che i lettori sianono disposti a pagare cifre di abbonamento elevate per i contenuti digitali. Cambiano i tempi e le abitudini, anche in Svizzera.
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