Senza Mediapart probabilmente non avremmo saputo nulla dello scandalo che in Francia lambisce il presidente Sarkozy e che vede coinvolta una delle famiglie più ricche e famose del Paese, i Bettencourt, fondatori dell’impero L’Oréal. Immagino la reazione della maggior parte dei lettori di questo sito: Mediapart? Non lo conosco. Comprendibile, a una testata è necessario molto tempo per affermarsi.
Ma Mediapart è una testata molto particolare. Fondata dall’ex direttore di Le Monde, Edwy Plenel, propone giornalismo investigativo ed è totalmente a pagamento, non ci sono sezioni gratuite. E inizia a funzionare.
Con Plenel lavorano 25 giornalisti, in un mix riuscito di grandi firme (quasi tutte provenienti da Le Monde) e giovani giornalisti. Mediapart non rincorre le notizie che hanno tutti, ma propone tre edizioni al giorno. Anche l’accesso al forum e ai blog è riservato ai soli abbonati, ai quali viene richiesto un contributo di 9 euro al mese.
Fondato nel marzo 2008, ora conta circa 30mila abbonati, che però crescono rapidamente, da quando Mediapart ha messo a segno gli scoop sulla vicenda Bettencourt. L’obiettivo di Plenel è di raggiungere i 75mila abbonati nel marzo del 2010.
La sua è una sfida etica e di buon senso: Plenel afferma che il buon giornalismo deve essere pagato, che la qualità non può essere gratuita. E confida che ci siano in Francia delle minoranze disposte a rompere l’abitudine, consolidata e autolesionista, del tutto gratis. Se riuscirà nel suo intento, come pare, avrà rotto un tabù, quello secondo cui sulla rete solo i siti economico-finanziari riescono a imporre servizi a pagamento.
D’altronde 9 euro al mese sono davvero pochi, corrispondono circa all’acquisto di un quotidiano per una settimana. E li valgono tutti: in un mondo mediatico paralizzato e intimidito come quello francese, Mediapart è riuscita a svolgere il proprio ruolo di critica schietta e documentata. E non si è lasciata intimidire dalle accuse di fascismo lanciate da Sarkozy e dai suoi collaboratori.
Trentamila abbonati generano un fatturato di 3.240.000 euro, 75mila di 8.100.000 euro. Cifre piccole per l’editoria tradizionale, ma più che sufficienti a garantire libertà e prosperità online.
Un’avventura di buon auspicio per chi crede in un giornalismo coraggioso e di qualità.