Come coloro che sono cresciuti in un ambiente fortemente condizionato dalla nuove tecnologie mettono in discussione il tradizionale ruolo dei giornali. I risultati di un recente studio della francese BVA
Il futuro dei giornali è largamente associato alle dinamiche di consumo dell’informazione da parte delle nuove generazioni. Come afferma Alan Mutter, il grande problema della stampa è costituito dal fatto che più del 50% dei lettori dei giornali è rappresentato da una popolazione progressivamente più anziana che, da un punto di vista demografico, corrisponde soltanto al 30% della popolazione.
Lo studio realizzato dalla società di ricerche francese BVA offre l’occasione per comprendere meglio qual sia il reale rapporto tra giovani e media, come le nuove generazioni differiscono dall’audience tradizionale, quali siano i contenuti e le notizie su cui si focalizzano e le modalità attraverso le quali acquisiscono nuove conoscenze.
Lo studio, basato su un campione di 100 ragazzi nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, una popolazione che nell’immaginario collettivo rappresenta i nativi digitali, coloro che sono cresciuti in un ambiente fortemente condizionato dalla nuove tecnologie, mostra innanzitutto alcuni segni distintivi, tra questi: una scarsa fiducia nella politica e nelle istituzioni, nei media e nelle aziende. Il loro pensiero è elaborato all’interno di una propria comunità – network community – che poco ha a che fare con i messaggi che vengono veicolati dalla società attraverso soggetti convenzionali considerati autorevoli. Su questo aspetto è importante mettere in evidenza come i nativi digitali non riconoscano autorevoli le fonti di informazione tradizionalmente considerate tali, tra queste i giornali.
Altro punto di attenzione è la diffidenza in ciò che viene offerto loro in modo precostituito e non modificabile. Per i giornali, come rileva Mutter, le implicazioni di tale comportamento significano mettere in discussione l’aspetto formale della comunicazione basato su un rapporto unidirezionale, dal produttore al consumatore. Ergo contenuto e contenitori dovrebbero tendere a essere manipolabili. Stessa diffidenza si rileva nei confronti della pubblicità tradizionale. I nativi digitali, si afferma nella ricerca tendono a utilizzare tutto l’arsenale tecnologico a loro disposizione per ricercare la soluzione o l’oggetto di loro interesse
La conclusione di Mutter è che se i giornali si dimostrassero più disponibili alle esigenze espresse dal pubblico più giovane dovrebbero mettere in discussione quelli che sino ad ora sono considerati i i punti di forza e i valori condivisi con i lettori che attualmente costituiscono il loro bacino di utenza tradizionale. Eppure, rileva Mutter, se non si affronta questo problema, si corre il rischio di diventare anacronistici, irrilevanti.
Dall’analisi della ricerca francese prendono spunto anche le considerazioni di Frederic Filloux il quale ipotizza uno scenario dove i nativi digitali, attuali e futuri, andranno a costituire un gruppo di consumatori sempre più distante dallo stile delle precedenti generazioni: un gruppo che predilige velocità di ricerca, accesso e lettura, irrimediabilmente votato a un approccio più superficiale all’informazione, opposto e contrario a quanto invece espresso da un pubblico tradizionale che, verosimilmente, è destinato a rappresentare una elite.
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