L’altra faccia della medaglia: considerando la durissima lotta agli scoop, il fatto che una fonte possa restare nell’anonimato è un invito a tessere intrighi. I giornalisti – e con loro i lettori – vengono depistati, Si diffondono così supposizioni e dicerie non sufficientemente documentate che depistano i giornalisti e con essi i loro lettori. Uno di questi casi, in cui il New York Times si è lasciato strumentalizzare, è stata la notizia della presunta relazione extraconiugale di John Mc Cain. Prendendo spunto da questo fatto, Hoyt alla Columbia University, ha chiesto agli studenti di analizzare in maniera scientifica i cambiamenti intercorsi nella cronaca negli ultimi due anni, partendo dal , periodo in cui i capi di redazione hanno approvato dei criteri di massima secondo i quali occorre un approccio più rigoroso con le fonti anonime.
Il risultato è sorprendente: le direttive hanno effettivamente sortito un certo effetto dimostrando che è possibile manovrare anche una grossa e pesante nave cisterna con più di 1200 redattori a bordo. Infatti l’uso delle fonti anonime è stato ridotto della metà rispetto a quanto avveniva in precedenza. Soprattutto nella prima pagina, particolarmente curata dai caporedattori, hanno cominciato ad apparire molto più raramente.
Nel dettaglio, tuttavia, restano ancora molte cose da migliorare. Ciò che i giovani ricercatori hanno criticato, suggerisce anche ad altre redazioni la necessità di agire:
– Nell’80% dei casi l’uso delle fonti anonime «non è stato spiegato adeguatamente ai lettori» («not adequately described to readers»); di conseguenza è rimasto oscuro il motivo per cui è stata accordata la protezione della fonte e «in che modo essa è venuta a conoscenza di ciò che ha rivelato». («how they know what they know»).
– più spesso che in passato alle fonti è stata accordata la possibilità di esprimere opinioni, nonostante il regolamento sia volto ad impedire proprio questo.
Tra l’altro gli studenti hanno avuto l’occasione di presentare i loro risultati al caporedattore del New York Times Bill Keller e a Jill Abramson, vice caporedattore e responsabile dell’attualità – un transfer di conoscenze che non capita tutti i giorni.