Quando il giornalismo fa autocritica

16 Febbraio 2010 • Etica e Qualità • by

Corriere del Ticino

È sicuramente buon segno. Soprattutto quan­do a darlo sono otto nomi eccellenti del pa­norama giornalistico francese provenienti dal mondo della carta stampata, di Internet, ra­dio e Tv. In un documentario su Arte – dal titolo Frankreichs Meinungsmacher packen aus , in ita­liano «Le grandi firme francesi dicono la loro» -Axel Ganz (fondatore di Prisma Press), Eric Fot­torino (direttore di Le Monde), Franz-Olivier Gie­sbert (direttore di Point), Arlette Chabot (direttri­ce dell’informazione di France2), Philippe Val (di­rettore di France Inter), David Pujadas (direttore del Tg in prima serata di France2), Jean-Pierre El­kabbach (giornalista politico), Edwy Plenel (fon­datore di Mediapart) hanno espresso riflessioni, dubbi e speranze su quello che poco tempo fa era ancora considerato il ‘mestiere più bello del mon­do’.

Un segnale importante che dimostra come il giornalismo di qualità oggi si metta in discussio­ne perché ha la voglia e l’energia per credere an­cora nel suo ruolo di servizio pubblico, di cane da guardia della democrazia e, soprattutto, nella sua indipendenza. Non solo dai poteri forti o dai pro­prietari dei gruppi editoriali. Piuttosto dalla cat­tiva abitudine di anteporre le opinioni ai fatti. Di dare notizie che non sono verificate, approfondi­te e accertate in nome della concorrenza con gli altri media, del lettore che vuole tutto e subito. Di non prendersi il tempo, un diritto sacrosanto che la nostra società sembra avere dimenticato, di ri­flettere se una notizia è una notizia. Di rincorre­re gli altri media nella banalizzazione e nell’am­plificazione della stessa, seguendo l’onda. Atteg­giamento per cui i giornali guardano alla Tv, la Tv alla radio….riproponendo in un circolo vizio­so non solo le stesse tematiche, ma spesso anche lo stesso punto di vista con il quale è stata data un’informazione, lo stesso sentimento con il qua­le è stato fatto un commento. Con la conseguen­za che i lettori, soprattutto i più giovani, non cre­dono più nell’informazione dei media tradiziona­li, ai quali preferiscono il web e le news gratuite, convinti che il ruolo del giornalista, oggi, sia sem­plicemente superfluo. Cosa fare, dunque?

Perché avvenga un cambiamento sostanziale è necessa­rio che i giornalisti ricerchino in loro stessi le cau­se dei problemi. Smettano di avere il complesso del web e rincorrere le notizie a ogni costo. «Trop­pa informazione uccide l’informazione». “La no­stra società vive un’esplosione dell’informazione in cui tutti hanno la presunzione di sapere tutto più o meno nello stesso momento in cui accade’ (Axel Ganz). Non solo. La categoria deve smette­re di pensare la politica come una lotta tra le for­ze del bene e del male. Di predicare libertà e in­dipendenza quando poi chiede sovvenzioni allo Stato (Jean Pierre Elkabbach). Inoltre è necessa­rio tornare a dare ascolto al proprio istinto, alla curiosità insita nel giornalista mantenendo fede ai principi e alle regole del mestiere senza farsi mettere da parte (David Pujadas). Soprattutto non lasciarsi intimidire dai poteri forti, anche se in un momento di crisi come quello attuale, in cui si rischia di chiudere e ogni aiuto è una manna dal cielo, è più facile a dirsi che a farsi. Nessun in­dustriale avrebbe mai chiamato Eric Fottorino per lamentarsi. In compenso lo avrebbe fatto il presi­dente Nicolas Sarkozy dicendo di non meravigliar­si del calo delle vendite del quotidiano vista la pessima linea redazionale del giornale. Alla sua trionfale visita in Spagna avrebbe, infatti, dedi­cato solo un breve articolo, e non lo spazio e l’at­tenzione che a suo dire meritava.
Ma lui, il direttore, non si sarebbe fatto intimidi­re. Certo, ha ammesso, sarebbe stato diverso se a chiamarlo fossero stati Lagardère o Bolloré che hanno interessi diretti all’interno della testata.

Insomma il giornalismo francese, quello serio, pare non abbia nessuna intenzione di soccom­bere alle difficoltà. Al contrario ha raccolto la sfida e si è messo in discussione. Con un occhio al futuro e uno al passato, in nome di un gior­nalismo dei fatti, di quei valori e quei principi che in passato lo hanno reso un bene indispen­sabile per i suoi lettori, i suoi cittadini e la de­mocrazia. Chapeau!

Guarda il documentario su Arte